“Il Piccolo Principe” in dialogo con Papa Francesco

Enzo Romeo, vaticanista del Tg2, due anni fa l’aveva riletto alla luce della Bibbia e ora per i tipi della stessa editrice Ancora è la volta di un altro giornalista, Umberto Folena, caporedattore di «Avvenire», ad accostarsi all’opera più nota di Antoine de Saint-Exupéry con un prodotto originale.

Scaduto ormai il copyright sulle opere dello scrittore francese (1900 – 1944) e a più di 70 anni dalla pubblicazione, «Il Piccolo Principe» continua a tenere banco sugli scaffali delle librerie e nelle vendite online. Alla prima versione italiana, realizzata nel 1949 da Nini Bompiani Bregoli, molte altre se ne sono aggiunte – comprese le traduzioni d’autore e i disegni rivisitati dai bambini di oggi – ma ciò che mancava era l’accostamento al magistero di papa Francesco.

Un accostamento forzato, magari frutto della popolarità di cui gode Bergoglio, oppure due voci che, pur appartenendo a epoche e luoghi di provenienza assai diversi, scoprono di cantare in coro? Folena, anticipando la domanda, fornisce la sua spiegazione: alla richiesta esplicita che gli era pervenuta la prima reazione era stata quella della rinuncia («maltrattare una meravigliosa fiaba e un ottimo pontefice, giammai»). Ma il dubbio si è ben presto dissolto perché «una cosa risultava evidente: qualunque fosse l’argomento, entrambi parlavano al bambino».

E non un bambino qualsiasi, bensì il bambino che abita in ciascuno di noi, «il bambino che – nonostante i doveri assortiti, la professione, i troppi eventi della vita che ti spoetizzano cercando di renderti disincantato e cinico – ancora respira e vive da qualche parte della mia anima». Un bambino che «non ha nulla di zuccheroso o infantile», ma che va preso tremendamente sul serio, perché per parlare con il bambino è necessario dimenticarsi della propria adultità, per «stare al gioco della purezza». Che altro non è che il magistero di papa Francesco, annota l’autore, per via di quel suo continuo appello a lasciare strada libera al bambino. Perché solo quanti possiedono un cuore e un animo di bambino sono in grado di accogliere l’inatteso, quell’«essenziale», nascosto nell’invisibile e nella minorità. Che è poi l’obiettivo che il Pontefice indica anche alla Chiesa: una Chiesa capace di chinarsi e comprendere, di riconoscere ogni bambino che incontra anche quando questi possiede un’anima imprigionata fino a soffocare.

Se è vero che qualcuno ha definito il piccolo libro quasi un «Nuovissimo Testamento» per via di quella incisiva esplorazione dell’assoluto, la lettura guidata da Folena (con la traduzione di Vincenzo Canella religioso dei Fratelli delle Scuole cristiane) diventa anche un sussidio utilizzabile a livello pastorale.

Molte sono le analogie individuate, sempre calzanti, anche quando a prima vista sembrerebbero imprevedibili o forzate. A partire dall’«immaginazione» – leggi anche «fantasia» – che lo scrittore francese ha utilizzato a piene mani per la sua fiaba straordinaria: «Non perdete la capacità di sognare – è l’invito di Bergoglio alle famiglie radunate a Manila per l’Incontro mondiale del 2015 – Non è possibile una famiglia senza un sogno. Quando in una famiglia si perde la capacità di sognare, i bambini non crescono e l’amore non cresce, la vita si affievolisce e si spegne». «Lo Spirito è freschezza, fantasia, novità», dirà agli anziani radunati in piazza San Pietro nell’autunno 2014.

E poi il tema dell’«incontrare» e «uscire» che traccia il filo del racconto, ma anche quello di un pontificato: «Una Chiesa “in uscita” è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada».

O ancora quell’immagine della pecora e quell’espressione (forse quella più associata a Bergoglio) che diventa simbolo della tenerezza di Dio e si fa invito nei confronti di preti, vescovi e in fin dei conti di ogni battezzato, «siate pastori con l’odore delle pecore».

O quel «custodire» che diventa una vera e propria missione: «custodire la gente, aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore», come affermava nell’omelia d’inizio pontificato in quell’ormai lontano 19 marzo 2013.

Significativo il parallelo al celeberrimo capitolo XXI, quello dove si narra dell’incontro sulla spiaggia tra il piccolo principe e la volpe. Un passo che spesso viene utilizzato nella pastorale familiare, simbolo di quel legame che unisce gli sposi: «Dopo l’amore che ci unisce a Dio, l’amore coniugale è la “più grande amicizia”. È un’unione che possiede tutte le caratteristiche di una buona amicizia: ricerca del bene dell’altro, reciprocità, intimità, tenerezza, stabilità, e una somiglianza tra gli amici che si va costruendo con la vita condivisa» (AL 1239). E quell’«addomesticare» spiegato con tanta saggezza dalla volpe diventa un appello a superare ciò che il Papa definisce la «fatica di intessere legami profondi», come dirà ai partecipanti all’assemblea del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali.

E sempre quella capacità di «guardare oltre», come il deserto: non solo vuoto o completa aridità, bensì il deserto che, come nelle parole dei profeti, è in grado di «fiorire».

Quasi un’appendice a conclusione la storia di Saint-Exupéry narrata con la passione che quasi trasuda da ogni pagina di un libretto che, come il volumetto di Romeo, è già un piccolo classico.

Antoine De Saint-Exupéry – Umberto Folena (a cura di), «Il Piccolo Principe. Commentato con testi di papa Francesco», pp. 176, €17,00.

Vatican Insider