Il percorso. «Perché o casti o superficiali?». La sessualità spiegata ai ragazzi

Da oggi a domenica percorso formativo dell’Azione Cattolica. Teologi, biblisti, psicologi, sessuologi e formatori a confronto su affettività e dintorni con duecento giovani

L’Italia è tra gli ultimi Paesi in Europa per numero di matrimoni (3,2 ogni mille abitanti) In testa (dati Eurostat) Lituania (7,5) e Romania (7,3)

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da Avvenire

Educare all’affettività e alla sessualità al tempo del web. Compito tanto difficoltoso quanto inutile, sostiene chi pensa che tanto, in rete, i ragazzi dispongano di ogni tipo di informazione possibile. No, replica chi invece è convinto che senza lo sforzo di trovare un senso profondo a quegli “oggetti” meravigliosi ma non sempre facili da maneggiare che sono cuore e corpo, sia impossibile arrivare a un rapporto sereno con sé stessi e con gli altri. E che, dalla qualità delle relazioni affettive, discenda anche uno sguardo più maturo sulla fede, se è vero che il trascendente non è mai disincarnato ma sempre strettamente connesso alle nostre esperienze, soprattutto quelle più coinvolgenti e più intime. Ecco perché, quando si parla di educazione all’affettività e alla sessualità la Chiesa non può dire “non mi riguarda”. Del resto lo spiegano in modo esplicito sia il Documento finale del Sinodo sui giovani, sia la Christus vivit che sottolinea l’importanza di «educare la propria sessualità, in modo che sia sempre meno uno strumento per usare gli altri e sempre più una capacità di donarsi pienamente a una persona in modo esclusivo e generoso» (Ch.v265).

Per dare seguito a queste sollecitazioni, circa 200 giovani formatori di Azione Cattolica si ritrovano da oggi a domenica a Morlupo, alle porte di Roma, nella Casa dei padri rogazionisti, per un confronto con un gruppo di esperti. “A cuore scalzo” non è un convegno formale, ma un dialogo diretto. A ciascuno degli specialisti sono state inviate alcune domande. E avranno un solo un quarto d’ora ciascuno per rispondere. «Anche per noi è stata una sfida e l’occasione di un ripasso tutt’altro che semplice», scherzano ma non troppo la psicologa Roberta Carta e il marito Diego Buratta, responsabile della cooperativa “Pepita” che si occupa di servizi educativi.

Perché, quando tra le domande dei giovani ci sono temi come la difficoltà di trasmettere la visione cristiana della sessualità oppure le ragioni che devono motivare la necessità di non “bruciare i tempi” per avere il primo rapporto, anche i terapeuti più navigati sono chiamati a misurare le parole con attenzione. «Dobbiamo accompagnarli a vivere una sessualità che non sia solo il richiamo a una regola astratta. Conoscere sé stessi, dare senso alle proprie decisioni, aprirsi a relazioni serene ed equilibrate è più importante di un generico richiamo alla morale, anche perché rischiamo di rifugiarci in un linguaggio normativo che i giovani non comprendono più», osserva Roberta Carta.


LE DOMANDE1 Castità e poi?
Perché noi giovani credenti siamo costretti a scegliere tra l’essere casti o l’essere superficiali? 
2 Perché aspettare?
Per avere un rapporto matrimoniale è necessario dover aspettare e perché? 
3 Cybersex
Come i media influenzano la sessualità? In che modo vivo il rapporto con il mio corpo sui social? Qual è l’influenza dei media sulla mia dimensione affettiva, inclusa l’identità di genere?
4 Sensi di colpa
Come gestire gli eventuali sensi di colpa legati alle nostre pulsioni? E se il mio partner è di un’altra religione?


E, quindi, come si risponde a chi chiede qual è l’età giusta per il primo rapporto? Considerando anche che i giovani formatori di Ac dovranno maturare dentro sé stessi un approccio equilibrato e sereno per trasmettere a loro volta queste indicazioni agli adolescenti loro affidati. C’è una via adeguata e comprensibile tra l’elenco dei divieti, ormai improponibile, e illaissez faire della rinuncia educativa? «La formula – riprende l’esperta – potrebbe essere di rivolgere loro una domanda del genere: “Quando pensi si essere abbastanza maturo per mettere la tua vita nelle mani di un altro/a dal punto di vista mentale e fisico? Pensi di avere la responsabilità sufficiente per farti carico della vita di un’altra persona?”». Perché la sfida è tutta qui, spiegare che cuore e corpo devono viaggiare sempre connessi. E proprio per questo occorre sottolineare l’importanza di curare le relazioni, cioè il rispetto reciproco, le attenzioni, le parole giuste.

Quelle che cercheranno di trovare anche Marinella Perroni, biblista, e don Aristide Fumagalli, teologo morale, chiamati a ricordare ciò che Scrittura e magistero indicano sul tema. A Nicoletta Musso, mediatrice familiare, e Piera Di Maria sessuologa Piera Di Maria, è stato chiesto di avventurarsi nelle emozioni filtrate, o distorte dal web. «Intanto diciamo loro che la sessualità è una cosa meravigliosa, un dono da custodire e da comprendere. Ai ragazzi vogliamo mandare messaggi semplici, senza parole troppo complesse, del tipo “fai pace con il tuo corpo, accettalo e rispettarlo e ringrazia Dio per quello che hai, fai pace con la tua storia e con quella della tua famiglia accogliendone luci e ombre, pensa che le relazioni vanno curate e costano fatica, ma questo è il senso della vita e da qui nasce l’amore”».

E Caterina Donato, giovane psicologa della diocesi di Messina, spiegherà ai ragazzi che pulsioni adolescenziali e vita di fede non sono in contrasto: «Le esperienze della corporeità non confliggono con l’amore di Dio perché il corpo è dono del Padre. Per accettare la relazione, occorre imparare ad accettarsi. Questione complessa, soprattutto oggi con la grande confusione sull’identità di genere».

Ne è consapevole padre Pino Piva, gesuita, educatore proprio sulla pastorale di frontiera, in particolare con i giovani omosessuali che «come tutti gli altri, hanno bisogno d’essere accompagnati nella loro crescita umana e spirituale, ed ecclesiale; come gli altri. E per questo riprenderò una parte del n. 150 del Documento finale del Sinodo dei giovani. In particolare dove i vescovi sollecitano ad aiutare i giovani “a leggere la propria storia; ad aderire con libertà e responsabilità alla propria chiamata battesimale; a riconoscere il desiderio di appartenere e contribuire alla vita della comunità; a discernere le migliori forme per realizzarlo. In questo modo si aiuta ogni giovane, nessuno escluso, a integrare sempre più la dimensione sessuale nella propria personalità, crescendo nella qualità delle relazioni e camminando verso il dono di sé”».

Un invito che Michele Tridente e Luisa Alfarano, vicepresidenti nazionali dell’Azione cattolica per il Settore giovani, non intendono lasciare cadere: «Il rischio in cui è facile cadere è quello di trattare questi temi come un tabù, preferendo il silenzio e rischiando di cedere alla tentazione del giudizio verso i comportamenti degli altri. Questo genera spesso incomprensioni e allontanamento dalla Chiesa. La strada invece – concludono – è quella del dialogo e del confronto soprattutto con chi la pensa diversamente e con chi vive in modo poco sereno il rapporto con il proprio corpo e le relazioni affettive».