Il Papa cita Mandrake serve lʼaiuto reciproco

SALVATORE MAZZA / Avvenire

Ammettiamolo, chi di noi non ha sognato qualche volta, e magari anche più di qualche volta, di avere la bacchetta magica? Per risolvere situazioni difficili, o angoscianti, per far girare le cose nella giusta (per noi) direzione, o addirittura per cambiare vita.

Davanti a ogni cosa che, in qualunque modo, ci agita, e non ci lascia via d’uscita, è facile pensare: ‘Ah, se solo potessi avere…’. In quel processo istintivo di immedesimazione che è sempre pronto a scattare in tutti noi, non è un caso del resto se maghi, super eroi e compagnia cantando hanno sempre riscosso grande successo.

Il Papa, anche lui, lo sa bene. Come dimostra la battuta fatta nell’incontro con i dipendenti della Santa Sede e del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, con i rispettivi familiari, per gli auguri di Natale. Quando ha detto, sapendo delle preoccupazioni dei suoi interlocutori, che «qui non c’è Mandrake», ma che in ogni caso «nessuno deve perdere il lavoro». Il discorso di Francesco, come vedremo tra poco, è stato molto più ricco di significati, e ridurlo a una battuta non è giusto. Ma d’altra parte un Papa che cita un personaggio dei fumetti, Mandrake il mago, non s’era mai sentito. Tanto più usando un modo di dire che in Italia, ed evidentemente anche in Argentina, è diventato usuale per indicare che le cose non si risolvono con la bacchetta magica.

Che è appunto quello che ha fatto Bergoglio, dicendo in pratica di se stesso: ehi, mica sono un mago come quello delle strisce, mica ho la bacchetta magica…

Il tema era l’occupazione in questo periodo di Covid, a riguardo del quale Francesco ha detto che «i nostri collaboratori, voi che lavorate nella Santa Sede, siete la cosa più importante: nessuno va lasciato fuori, nessuno deve lasciare il lavoro; i superiori del Governatorato e anche della Segreteria di Stato, tutti, stanno cercando i modi per non diminuire le vostre entrate e di non diminuire niente, niente in questo momento tanto brutto per il frutto del vostro lavoro». Si cercano «tanto modi, ma i principi sono gli stessi: non lasciare il lavoro; nessuno va licenziato, nessuno deve soffrire l’effetto brutto economico di questa pandemia.

Ma tutti insieme dobbiamo lavorare di più per aiutarci a risolvere questo problema che non è facile, perché voi sapete: qui, sia nel Governatorato, sia nella Segreteria di Stato, non c’è Mandrake, non c’è la bacchetta magica e dobbiamo cercare le vie per risolvere questo e con buona volontà, tutti insieme, lo risolveremo.

Aiutatemi in questo e io aiuto voi: tutti insieme ci aiutiamo ad andare avanti come una stessa famiglia».

Stringersi gli uni agli altri, soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà. È questo il modo di uscire dai momenti di crisi, anche i peggiori come questo che stiamo vivendo, che tutto il mondo sta vivendo, a causa della pandemia. Crisi che è «sanitaria, economica sociale e persino ecclesiale», aveva detto poco prima il Pontefice nell’udienza ai membri della Curia.

Solidarietà ma non solo. Quello che occorre veramente è mantenere sempre viva la speranza, perché «una lettura della realtà senza speranza non si può chiamare realistica». Quella speranza cristiana che, come si dice, ‘fa la differenza’. Speranza che non è figlia di un colpo di magia, ma dell’impegno comune. Ricordiamocelo ogni giorno, all’inizio di questo 2021. Buon anno a tutti.