Il futuro inutile di chi non si prepara a cogliere l’avvenire

L’avvenire non è il futuro. Quest’ultimo è sempre oggetto di sogni e di progetti, di propositi e di programmi; l’uomo non vive a caso e proprio per questo motivo egli cerca di organizzare il suo tempo mettendo a frutto le proprie capacità e opportunità. In questo senso la tradizione non si è sbagliata quando ha affermato che il futuro è sempre legato a un presente, è sempre quel tempo visto/sognato/immaginato a partire da un presente: nessun uomo può vivere con intensità il proprio presente senza tentare di ordinarlo in vista del proprio futuro. Nel pro-gettare il futuro il soggetto non solo si getta, a partire dall’al di qua del suo presente, in un al di là incerto e misterioso, ma anche si protende in questo al di là cercando di calcolare i rischi ed evitare i pericoli: proprio per questo egli semplicemente non si “getta” ma piuttosto si “progetta”, cerca cioè di pre-pararsi a ciò che lo attende pre-vedendo e pro-grammando. L’uomo, in quanto uomo, non subisce mai il tempo ma tenta sempre anche di programmarlo: l’uomo è progetto. Tuttavia il futuro non è il tutto dell’avvenire. C’è dell’avvenire che non è futuro. L’avvenire è ciò che avviene, è ciò che avverrà e cosa e come avverrà, l’avvenimento di ciò che avverrà, non potrà mai essere progettato. L’avvenire è l’in-progettabile. In tal senso l’uomo, che è senz’altro progetto, è tuttavia capace di riconoscere il limite del proprio progetto, anzi egli è chiamato dalla sua stessa umanità a non farsi imprigionare nel proprio progetto. L’uomo sa, quando presta fede a se stesso e si concede il lusso della sincerità, che il suo rapporto con il tempo che verrà, non potrà mai risolversi totalmente nel magnifico e terribile sapere che ordina il suo progetto. L’avvenire accade, avviene, come un incontro, e un incontro impone una ratio, una misura, che non è quella che abita nel progetto. Quale? In un acutissimo e breve racconto di Stefano Benni (Coincidenze, raccolto in L’ultima Lacrima, Feltrinelli) si narra dei ripetuti incontri tra due «sconosciuti». Un giorno i due si fermano al centro di un ponte e il signore, facendosi coraggio, si rivolge alla signorina: «Gentile signorina, pur non conoscendola, mi permetto di rivolgerle la parola per segnalarle una strana coincidenza, e cioè che questo mese, se non sbaglio, è la quindicesima volta che ci incontriamo esattamente in questo punto – Non sbaglia, cortese signore – Mi consenta inoltre di farle presente che ogni volta abbiamo sotto braccio un libro dello stesso autore – Sì, me ne sono resa conto: è il mio autore preferito, e anche il suo, presumo – Proprio così – Inoltre, se mi permette, ogni volta che lei mi incontra, arrossisce violentemente, e per qualche strana coincidenza, la stessa cosa succede anche a me – Avevo notato anch’io questa bizzarria – Potrei inoltre aggiungere che lei accenna un lieve sorriso e, sorprendentemente, anch’io faccio lo stesso». Il racconto prosegue con la descrizione di molte altre coincidenze: «Aggiungerò, prosegue il signore, che dopo averla incontrata, io provo per alcune ore una sensazione strana e piacevole», e lo stesso accade alla signorina. Il racconto finisce così: «In tutti casi ciò che ci è accaduto è davvero singolare. Una serie impressionante di coincidenze, è impossibile negarlo. Forse un giorno ci sarà una scienza in grado di decifrare tutto questo. Intanto le chiedo scusa del disturbo – Nessun disturbo, anzi è stato un piacere – La saluto, gentile signorina – La saluto, cortese signore – E se ne andarono, ognuno per la sua strada». No, accidenti. Guai a organizzare un incontro, a pensare di poter programmare un evento (i cosiddetti organizzatori di “eventi” sono il più delle volte dei manager dell’ovvio), ma guai anche a sottrarsi a un incontro, a non rispondere alla ratio propria dell’incontro. Non c’è bisogno di attendere il futuro per trovare una scienza in grado di decifrare un incontro. Una simile “scienza” già esiste ed è una “scienza” rigorosissima, fatta di decisione e di responsabilità. Quel signore e quella signorina, in attesa del futuro, non hanno creduto nel presente dell’avvenire che li ha investiti e hanno guardato altrove, precisamente laddove non potranno mai trovare. Insomma, c’è dell’avvenire al di là del futuro. Prepariamoci a esso in modo da sapere ancora osare pensare e dire: scusi, signorina/signore, vuole uscire a cena con me stasera?

di Silvano Petrosino – avvenire.it