Un religioso che aiutava soldati inglesi a sfuggire dalla morsa nazifascista; teneva in casa una radio ad uso resistenziale; fu arrestato e condannato a morte dalla Wermacht. Fino ad una svolta incredibile: «Quando fu posto davanti al plotone di esecuzione nel cortile del campo di raccolta di Avezzano, alcuni aerei inglesi iniziarono a bombardare costringendo i militari a rompere le righe».
Tornato in patria, il frate ha dovuto subire il carcere del neonato governo cinese, per poi venir scarcerato sotto Mao per qualità «patriottiche»: aver aiutato altri cinesi all’estero. Il protagonista dell’eventuale film risponde al nome di padre Antonio Tchang Chang, francescano cinese attivo a Brescia negli anni Trenta per seguire i suoi compatrioti residenti in Veneto, e per questo durante la seconda guerra mondiale nominato cappellano del campo di internamento dei cinesi: così imponeva la situazione, con Pechino nemica dell’asse Roma-Berlino-Tokyo.
Ma anche nell’Abruzzo profondo l’8 settembre 1943 portò scompiglio: il campo di Isola rimase sconvolto e il santuario di San Gabriele, retto (come tuttora) dai padri passionisti, per impulso di padre Tchang divenne luogo di accoglienza di inglesi e Alleati che cercavano rifugio oltre il fronte angloamericano in risalita verso Nord. «Per circa un mese padre Antonio Tchang riuscì ad aiutare centinaia di inglesi, senza che i militari tedeschi si accorgessero di nulla» sottolinea Giovanni Di Giannatale, studioso di storia locale, autore del volume di prossima pubblicazione San Gabriele dell’Addolorata. Studi e Ricerche (San Gabriele Edizioni).
Ma non si limitava all’azione di supporto anti-nazista, padre Tchang: subodorando qualcosa di peggio, anche grazie a una delazione, i tedeschi tesero una trappola al missionario: «Il 27 novembre 1943 si presentarono a padre Antonio travestiti da inglesi. Il religioso, che aveva presentito il pericolo e si stava preparando per lasciare il ritiro e partire alla volta di Roma, cadde nella trappola e fu arrestato – rievoca Di Giannatale –. Fu perquisita anche la sua cella, nella quale i militari rinvennero una radio ricevente, una macchina fotografica e una rivoltella, il cui possesso comportava di per sé la pena di morte».
E i nazisti non fecero eccezione per il francescano d’Oltre Muraglia: portato prima a Teramo, poi a L’Aquila, quindi ad Avezzano, venne dichiarato reo di morte. Inutili tutti i tentativi della diplomazia vaticana: del suo caso si interessò direttamente l’allora sostituto della Segreteria di Stato vaticana, monsignor Giovan Battista Montini, futuro Paolo VI.
Scrisse l’allora ministro generale dei Conventuali, padre Beda Maria Hess: «Le autorità germaniche non prendono in considerazione che padre Tchang è stato incaricato dalla stessa Santa Sede dell’assistenza dei suoi connazionali internati a San Gabriele dell’Addolorata». Insomma, il religioso con gli occhi a mandorla doveva finire davanti al plotone d’esecuzione: dal quale lo liberò – lui ne fu certo – proprio san Gabriele. Precisamente con la comparsa dei bombardieri britannici che irruppero dal cielo proprio mentre si stava ordinando «Fuoco!» per eliminare lo scomodo frate; il quale approfittò del trambusto per darsi alla fuga.
Anche perché – e davvero questi ingredienti avventurosi sembrano costruiti ad arte, se non fosse tutta storia vera – una volta rientrato in patria dopo la guerra, padre Tchang subì anche la persecuzione comunista del regime di Mao, fieramente e duramente anti-cristiano. Nel 1947, quando ancora il Grande Timoniere non era salito al potere, padre Tchang era stato destinato dai superiori alla missione nella prefettura apostolica di Hingan. Ma anche lì riscontrò guai e sofferenze affrontate con indomito coraggio: «Venne imprigionato e condannato dal governo cinese per motivi politico-religiosi– scrive Di Giannatale –. Ma poi fu riabilitato e riconosciuto meritevole di avere prestato assistenza e protezione ai cinesi all’estero».