Il cumulo del “don”: pari condizioni con le nuove regole Inps

Il legislatore del cumulo gratuito e universale è caduto in una delle tante trappole riservate ai disattenti della previdenza. Tutto sommato la legge del cumulo è ben confezionata e richiede semplici requisiti. In sintesi, si sommano i periodi di contributi non coincidenti; ogni gestione liquida la quota dei propri contributi secondo le regole interne; il cumulo si chiede all’età della pensione. Dopo la riforma Fornero il requisito dell’età nelle diverse gestioni pubbliche e private dell’Inps è ormai livellato a 66 anni e 7 mesi. Ed ecco la trappola: nessuno degli estensori della legge aveva considerato che il cumulo si applica anche alle Casse dei liberi professionisti e che ciascuna di queste richiede un proprio requisito anagrafico, spesso diverso da quello dell’Inps. Ad esempio, a 68 anni vanno in pensione i ragionieri, i veterinari e i farmacisti, a 70 anni gli avvocati e i consulenti del lavoro, a 75 anni i notai ecc. A quelle età molti professionisti avrebbero usufruito del cumulo in condizioni di svantaggio. L’Inps ha dovuto risolvere questo difetto della legge, e ha disposto (circolare n. 140/2017) che chi cumula Inps/Casse, può ottenere la “pensione di vecchiaia in cumulo” già all’età di 66 anni e 7 mesi per la sola quota Inps, mentre riceverà la quota a carico della Cassa professionale solo al tempo in cui raggiungerà l’età più elevata stabilita per la propria categoria. Una soluzione ragionevole e che ha trovato il consenso di tutte le Casse e dei Ministeri competenti.
Nel grande campo della previdenza si fronteggiano quindi due settori: da un lato l’Inps con regole uniformi ed un’unica età pensionabile, dall’altro lato le Casse professionali con regole ed età pensionabili diverse.
Da questo scenario emerge una singolarità: il Fondo di previdenza del clero è l’unica gestione dell’Inps che applica un’età pensionabile non di 66 ma di 68 anni e 7 mesi. Ai fini del cumulo il Fondo Clero si presenta all’interno dell’Inps alla pari di una cassa professionale e dovrebbe pertanto beneficiare dello stesso criterio del pro quota riconosciuto al mondo delle professioni.
In pratica un sacerdote che ha avuto esperienze lavorative precedenti la sua ordinazione può utilizzare il cumulo chiedendo all’Inps ai 66 anni e 7 mesi di età la liquidazione della quota della pensione riferibile ai soli contributi lavorativi. Due anni dopo, a 68 anni e 7 mesi, spetta invece il pagamento della quota della stessa pensione riferibile ai contributi sacerdotali.
Finora tuttavia l’Istituto di previdenza non si è ancora espresso sul diritto del clero al nuovo cumulo.

Avvenire