Il concilio Vaticano II e la liturgia

Mai come nel concilio Vaticano II una riforma liturgica ha beneficiato della grande autorità di un concilio ecumenico. Tutto il movimento di riforma della Chiesa trovò il suo inizio con la liturgia, e, fatto non marginale, a promulgare la Costituzione conciliare Sacrosanctum concilium, insieme ai vescovi, fu Giovanni Battista Montini. Montini si trovò così ad attuare come Papa, ciò che desiderava come arcivescovo.
Il rinnovamento liturgico promosso dal Vaticano II ha certamente trovato in Paolo VI un autentico promotore e interprete. Egli ha voluto dare l’avvio alla riforma liturgica, precisarne i criteri, mantenerne l’impulso, farne studiare a fondo le questioni, definirne il progetto, spiegarla al popolo di Dio, difenderla da attacchi ingiustificati, cogliendone ogni volta i punti chiave, e soprattutto la rilevanza per la vita della Chiesa, sollecitando il popolo di Dio, in molteplici occasioni, ad accoglierne il principio fondamentale: la partecipazione attiva. Per Giovanni Battista Montini il binomio liturgia-Chiesa è indissolubile, come luogo eminente di esperienza cristiana viva. Il rinnovamento liturgico configura un volto sempre più autentico della liturgia, per dare un volto sempre più autentico alla Chiesa.
Oggi la letteratura sulla liturgia, tanto quella di natura scientifica quanto quella di natura militante e polemica, è sovrabbondante. Disponiamo però di ben pochi studi ermeneutici della Costituzione sulla liturgia. Tutta l’attenzione ha finito per concentrarsi sulla riforma liturgica, in particolare sul nuovo Ordo missae, e l’attenzione alla Costituzione sulla liturgia in sé, sulla scia di questo atteggiamento “negazionista”, è stata eclissata dalla focalizzazione del dibattito sui libri liturgici.
La distinzione tra la Costituzione e la riforma in sé è legittima. È anche necessaria, perché non possiamo confonderle. Tuttavia, la loro distinzione non deve portare alla dissociazione e ancor meno a relegare nell’ombra la Costituzione, perché questo porta a un diniego del concilio o a farne una grandezza astratta, situata nella sua solitudine e maestà Olimpica, che non sarebbe consegnata alla storia.
Oggi il discorso della Chiesa cattolica in materia liturgica rischia di venire paralizzato dall’adozione dello stesso metodo del concilio di Trento, e la sua riflessione su questa materia rischia di lasciarsi intrappolare nella risposta che vuole dare ai contestatori, oggi gli integralisti, e agli abusi, adoperandosi per stabilirne una nuova lista. È giunto il tempo di far rivivere la singolarità e lforiginalità del Vaticano II, che ha offerto una esposizione organica e serena sulla liturgia attuando un processo di discernimento, cercando di promuovere ciò che \ nella sua esperienza recente e illuminato dalla lunga tradizione può contribuire alla vita della Chiesa.

(©L’Osservatore Romano 1 settembre 2012)