Il commento. Non si chiude solo un anno c’è una scuola che è alla fine

Avvenire

Sta finendo la scuola. Nel senso che finisce l’anno. Ma anche che questa scuola sta finendo. Sta terminando il suo ciclo, sta franando – in questo cambio d’epoca che riguarda tante cose – sotto la sua impotenza. Sì questa scuola, inchiavardata a una idea di cultura come enciclopedia, come passaggio di competenze da parte di funzionari di Stato a cittadini, garantita nella sua esistenza da processi burocratici sempre più surreali e pesanti, sta trascinando via, insieme alle buone intenzioni di tanta brava gente che vi lavora, la testa e l’anima dei nostri ragazzi.

Giratele, le scuole italiane, come faccio io, ovunque. E accanto allo splendore di persone (insegnanti, dirigenti, ragazzi) impegnate ben oltre il dovuto, creative, resistenti, simpatiche, troverete i segni fatali di una rovina, magari ammantata di sigle burocratiche. Rovina di una idea, che diventa rovina di processi, rovina di luoghi – spesso algidi o di carceraria, ospedaliera bruttezza – e rovina di anime che non son più educate, ma istruite, e perciò male istruite. La scuola di Stato ce l’ha fatta: ha eliminato dai nostri ragazzi quasi ogni elemento di educazione estetica e spirituale.

Con l’assunzione del modello enciclopedico per pensare e trasmettere cultura, come fosse l’unico modello possibile, le scuole hanno rifilato piccole e sbilenche enciclopedie di nozioni ai nostri giovani, hanno di fatto abdicato al compito educativo, e hanno lasciato incolto il terreno della crescita estetica e spirituale. Lo hanno fatto senza violenze, con una specie di delicatezza, ammantando questa amputazione delle anime con parole suasive di metodologie e buone intenzioni: ad esempio riducendo arte e letteratura a ‘storia’ delle medesime, ed escludendo una gran parte di ragazzi dall’incontro con l’arte. Lo hanno fatto con la delicatezza, diciamo così, di prevedere surreali presenze dell’ora di ‘religione’ ai limiti di ogni orario quotidiano, come se fosse un’ora di ginnastica invece che una dimensione dello sguardo verso tutta la realtà.

Lo hanno fatto creando progetti dai nomi fascinosi, e vezzeggiando i docenti con nomi paraccademici tipo ‘dipartimento’ mentre vengono trattati da piccoli burocrati. Questa scuola sta finendo, sta avvitandosi, sta esplodendo e non per colpa della società o delle famiglie come dicono irresponsabilmente coloro che tengono i nostri ragazzi in aula sei-sette ore al giorno per circa 200 giorni all’anno. Sta finendo la scuola perché il suo modello di fondo è sbagliato, e questo cambio d’epoca lo sta dimostrando in molti modi. Nessuna cura dei talenti individuali, come invece insegna il Vangelo, in quella eversiva parabola dei talenti che nessuno racconta tra i banchi e che i creatori dei ‘talent’ hanno pervertito a loro tornaconto con show che i ragazzi guardano con la fame di chi vorrebbe che qualcuno del loro talento si curasse adeguatamente, senza scorciatoie e banalizzazioni.

E invece: formazione media e spesso inutile a tutti, ossessione del lavoro invece che cura della personalità per trovare le proprie strade, ‘scuolizzazione’ di troppi argomenti invece che favorire l’incontro tra ragazzi e maestri o battistrada adulti nella società. E conseguente crescita di nevrosi e insofferenze. Occorre passare dalla scuola delle enciclopedie alla scuola della educazione e del talento. Ci sono molti che lo chiedono e lo vorrebbero, molti che ci provano, nelle maglie strette e totalitarie del Sistema. Ci sono molti ragazzi che si perdono. Ci sono molti insegnanti che non ne possono più. Sta finendo, finiamola. Cominciamone un’altra.