Il colore viola, per cambiare la nostra vita

In Quaresima, come in Avvento, le chiese si tingono di viola, colore che la liturgia usava già nel Medioevo. Quando appariva il viola: strade, contrade e piazza ammutolivano, i teatranti erano costretti a tacere perché era tempo di penitenza. La gente dello spettacolo, in Quaresima, viveva un tempo di magra e faceva la fame, per questo motivo il viola, ancora oggi, negli ambienti di teatro “porta male”. Non è corretto tuttavia, associare il viola alla penitenza. Il viola è un colore sontuoso portato dai re; la porpora viola appare, nella bibbia, nell’abito del Sommo Sacerdote e negli arredi della Dimora. Più ancora il viola – prodotto dal rosso e dal blu, colori associati all’umanità e alla divinità di Cristo – è il colore della sapienza, della capacità, cioè, di cambiare in vista di un bene ultimo.

Lo dimostra un’opera dedicata a San Paolo presente a Siena e dipinta dal capostipite del manierismo senese: Domenico Beccafumi. La grande pala presenta l’Apostolo in primo piano, seduto in trono. Sul lato sinistro si narra dell’incontro con Cristo sulla via di Damasco. Il dialogo fra Saulo e Cristo è espresso dai colori dell’abito dell’apostolo, identici a quelli del Signore. Si comprende, dunque, come egli sia chiamato a una identificazione con il suo Maestro. Sul lato opposto il martirio è consumato e il corpo esanime di Paolo è interamente avvolto dal blu, colore della gloria ormai raggiunta.
Proprio in questo lato della pala, a contemplare il martirio, vi sono alcuni personaggi. Quello che appare a prima vista un semplice paesaggio di maniera è in realtà una rappresentazione simbolica della predicazione paolina. Vediamo una donna anziana scossa dal vento che sale la china e due bambini impauriti: è un riferimento al monito di Paolo che voleva i cristiani presbiteri, cioè anziani nella fede e non sballottati come fanciulli da qualunque vento di dottrina.

I tre personaggi poi, che guardano il corpo esanime dell’Apostolo, vestono vari colori. Una donna voluttuosa veste l’oro: è l’emblema di chi si abbandona alle proprie passioni; un uomo con il manto verde (qui segno di malizia) calato sugli occhi è il discepolo invidioso, cieco di fronte agli eventi della grazia. L’ultimo discepolo è vestito di viola (come la donna che sale la china) e guarda pietoso il suo maestro: costui è l’uomo sapiente che accetta di essere provocato dall’esempio dell’apostolo e quindi di cambiare la propria vita. Uno schizzo di come ancora oggi si possa stare di fronte alla realtà di certe notizie (il martirio di tanti cristiani nel mondo, l’esempio di tanti santi), in modo diverso. E noi come vi stiamo? Impauriti come i due bambini? Indifferenti come la donna? Duri e lontani come l’uomo in verde? O aperti al cambiamento, pronti a lasciarci provocare dalla grazia come l’uomo in viola? La Quaresima è il tempo per dare una risposta.

1° Immagine: Domenico Beccafumi 1515 circa olio su tavola 230 cm × 150 cm Museo dell’Opera del Duomo, Siena

2° Immagine: Particolare

avvenire.it