Il cammino pasquale di questo 2020 è cammino di speranza, ma accanto alla fatica, alla lotta e al dolore sordo e inconsolabile di milioni di persone

di: Un monaco

tempo pasquale

Il cammino pasquale di questo 2020 è cammino di speranza, ma accanto alla fatica, alla lotta e al dolore sordo e inconsolabile di milioni di persone.

Molte voci piene di speranza si sono levate in questa Pasqua 2020, nella stagione buia del Covid-19.

Il cristiano è annunciatore sempre e comunque di speranza. La speranza che egli accoglie anche nel fondo del tunnel e lo orienta verso la luce: Cristo risorto.

In un mondo percorso tutto da questo nemico invisibile, potenziale portatore di morte, in un pianeta dove l’insidia pervasiva non ha barriere e giunge fino all’Antartide, i cristiani sono un’esigua minoranza, un piccolo seme tenace portatore di vita immerso in una umanità che sembra ignorare Cristo e la sua opera di salvezza.

Ma in questo grande spazio la piccola voce dei discepoli di Gesù di Nazareth non può non fare propria l’angoscia che ha invaso la terra. Non può opporre a volte con innocente sicurezza la grazia della speranza e la gioia della fede al dolore sordo e inconsolabile di milioni di persone. Per noi cristiani, fratelli e sorelle di ogni vivente, la gioia della risurrezione di Cristo deve assumere in questa Pasqua il tono profondo e partecipe, delicato della compassione, la voce sussurrata dalla misericordia, la ripetizione delle parole di Maria al sepolcro: «Hanno portato via il mio Signore, e non so dove l’hanno posto» (Gv 20,13).

A migliaia hanno portato via i nostri cari, strappati a noi a volte in pochi momenti febbrili, e non li abbiamo più rivisti. Abbiamo saputo di agonie strazianti, in solitudine e ricerca vana di un volto caro, anche se mani fraterne di medici e infermieri esperti in umanità si sono protese a stringere quelle di chi moriva, a carezzare, a esprimere vicinanza e amore. Abbiamo saputo di cadaveri cosparsi di disinfettante e chiusi in sacchi. Abbiamo visto la processione di camion carichi di bare verso inceneritori lontani, il ritorno di piccole urne rese a familiari affranti: quanto rimaneva di una persona e di un corpo amati, di padre, madre, marito, sposa, figlio.

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Cristo è risorto, ma in questo contesto di morte e di angoscia inconsolabile solo il silenzio può lasciare spazio ad uno spiraglio nel quale l’angoscia afona del cuore possa sciogliersi per un istante, trovare l’umana via del pianto. Cristo ha pianto per Lazzaro, ha avuto compassione della madre che portava a seppellire il figlio, «piange oggi per il flagello che si è abbattuto sull’umanità» (R. Cantalamessa).

La gioia cristiana non è mai esteriore e del tutto esprimibile. È fonda e quieta. Anima da dentro, traluce. Umanissima e crocifissa. Nasce dalla morte delle illusioni, dall’accoglienza della nuda realtà. Da un’immensa pietà per gli umani, visti nella verità, al di là di ambizioni e presunzioni. Nella povertà di un limite immenso, ma vincitore di se stesso, perché consapevole. Il cammino pasquale di questo 2020 è cammino di speranza, ma nella fatica, nella lotta, nel dolore sordo che, a stento, si esprime nel pianto. E che pure, cercando un corpo amato, sussulta al suono della voce cara che chiama per nome. Perché ci voltiamo a incontrare il Vivente (cf. Gv 20,11). (settimananews)