Idee. Se la politica viaggia in rete il consenso è disinformato

Nel vortice dei movimenti d’opinione, basta poco per finire spiazzati. Ventiquattr’ore, forse meno. L’onda corta dei social network può essere altissima e generare facile popolarità. Il rischio che qualcuno se ne impossessi però è sempre più serio, soprattutto quando in gioco ci sono questioni ideali. La guerra per il consenso ormai è aperta a tutto. Anzi: più una contesa politica è divisiva, più uno scontro elettorale è aspro, più la tentazione di fare massa critica in Rete sale. Usando le buone o le cattive maniere, il marketing politico o la propaganda. L’importante è catturare l’attimo fuggente. Nel referendum per l’indipendenza della Catalogna, è diventata un simbolo per qualche giorno l’immagine di un corpo a corpo tra gli agenti della Guardia Civil di Madrid e un gruppo di elettori manifestanti.

Un abile montaggio in Photoshop ha fatto spuntare sopra di loro una bandiera catalana, quasi si trattasse, ha fatto notare più di un osservatore, di una rivisitazione all’iberica del quadro di Eugène Delacroix sulla Rivoluzione francese La Libertà che guida il popolo. Un caso di manipolazione, servito per surriscaldare animi già eccitati dallo scontro politico. Non è la prima, né l’ultima evidenza di strumentalizzazione palese eppure la sensazione è che in tempi di forte contrapposizione sociale, sia proprio la comunicazione politica a soffiare di più sul fuoco (o a soffrirne, dipende dai punti di vista) della disintermediazione sociale e mediatica e del conseguente rischio bufale o fake news. Ai sostenitori dell’indipendenza catalana e ai fan della Brexit, abili nel cavalcare su Internet (con i rispettivi leader) le onde emotive del momento, vanno contrapposti capi politici vintage, come Mariano Rajoy per restare in Spagna o la stessa Angela Merkel, che durante l’ultima campagna elettorale in Germania non ha esitato a presentarsi davanti a giovani youtuber per mostrare se stessa, così com’è, senza infingimenti.

«Indubbiamente i leader indipendentisti hanno mostrato di saper sfruttare, anche a urne aperte, gli errori di strategia e di comunicazione di Madrid grazie alla potenza delle immagini veicolate dai seggi sui social network, rischiando anche di esporsi a dei rischi» riflette Giuliano Noci, che insegna Strategia e marketing alla School of management del Politecnico di Milano. È stato Noci un anno fa il primo a riflettere, con un convegno organizzato dall’ateneo milanese, sulle modalità della vittoria a sorpresa di Donald Trump alle elezioni americane. «Dagli Usa all’uscita della Gran Bretagna dall’Europa fino all’ultimo caso spagnolo, l’impressione è che, nello studio dei sommovimenti che si generano nell’opinione pubblica, ci stiamo capendo davvero poco. È difficile interpretare i comportamenti sociali oggi, soprattutto dal punto di vista delle preferenze politiche» spiega oggi il docente, che è anche prorettore del Polo territoriale cinese dello stesso ateneo.

Alle prese con un sostanziale appiattimento delle idee e con la fine delle visioni progettuali di medio e lungo periodo, i leader politici (seguendo la strada tracciata dai guru di media e mercato) hanno finito per assecondare gli umori del momento, con programmi di cortissimo respiro che normalmente riproducono ciò che la gente vuole. Il meccanismo è semplice: ogni giorno si cerca di ingaggiare una battaglia intorno a un tema discusso ‘dal popolo’ (online o offline conta fino a un certo punto). «L’importante – continua Noci – è lanciare fenomeni virali. La Rete, di fatto, favorisce un rapporto direttissimo tra società, elettore e politico, dando a quest’ultimo la possibilità di verificare in tempo reale il sentiment della società. In secondo luogo, quelle che una volta avremmo chiamato le masse, sono usate per amplificare al massimo determinati messaggi. Non solo: l’individuo diventa esso stesso un mezzo di comunicazione e fotografa ciò che accade». Il risultato è che la politica da un lato subisce questo fenomeno, ma dall’altro ne rimane affascinata e colpita, spesso finendo per cavalcarlo con miopia.

Il presidente degli Stati Uniti, nella campagna elettorale che lo ha portato alla Casa Bianca, dimostrò di aver capito molto bene due cose: la semplicità del messaggio ormai va al di là della veridicità dello stesso e la comunicazione, più che alla testa, va indirizzata alla pancia degli elettori. Ciò alla fine genera una circolarità inedita di proclami, slogan e propaganda, portando di fatto il cittadino a determinare, insieme al politico (o aspirante tale) tempi e modi del dibattito pubblico. «Pensi alla creazione dal basso di tanti movimenti d’opinione» dice Noci, originati spesso da una scintilla capace di scatenare veri e propri incendi. È la palla di neve che scende e innesca un effetto valanga, una sorta di effetto domino che porta cittadini, consumatori ed elettori (a seconda del tema del momento) a cavalcare questo o quel movimento.

In questo senso, stiamo assistendo a fenomeni di accelerazione esponenziale, che vanno bene al di là della capacità mostrata una volta dalla televisione e dai media tradizionali di moltiplicare il messaggio. Per comprendere quanto sta accadendo, servono certamente i cosiddetti big data, numeri eterogenei, strutturati e non strutturati, in mano ai colossi della Rete per la cui gestione sono richieste tecnologie e metodi analitici specifici. È fondamentale conoscerli, ma non sufficiente. Nello stesso tempo, infatti, si può andare a fondo sulla metodologia d’indagine che occorre affinare per capirne di più: come monitorare queste improvvise onde emotive? Come studiarne gli effetti che producono sul consenso? E soprattutto: sono utili o no gli strumenti che fino a ora abbiamo avuto a disposizione?

«Partiamo dall’assunto che i comportamenti delle persone, oggi più di ieri, sono fortemente guidati dall’emotività. Di più: le tradizionali ricerche di mercato, che una volta rimandavano una fotografia più o meno fedele del sentire dell’opinione pubblica, sono sempre indispensabili ma ormai non hanno più valore assoluto – spiega Noci –. Bioscienze e biomarketing rappresentano risposte importanti per andare oltre, modificando così i nostri modelli interpretativi». Dentro il vortice delle notizie, di questo passo, non saranno più necessarie ventiquattr’ore per catturare consenso. Sarà sempre di più una questione di attimi.

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