I libri della collana «Gli Aquiloni» che Edizioni Terra Santa dedica ai piccoli lettori

Illustrazione di Maria Teresa de Palma per il libro di Paola Caridi
13 ottobre 2020 / Osservatore

«Mi chiamo Flavia», dice a voce bassa. «E tu?». Lui è Faggio, un grande albero solitario. Vive in un cortile fra i palazzoni di una metropoli, dimenticato nell’indifferenza finché una mattina andando a scuola sorprendentemente e misteriosamente una bambina sente il suo richiamo. La mamma ha fretta, la tira, ma Flavia vuole andare dall’albero. Si svincola, entra nel cortile e si presenta. L’incontro tra i due è al centro de Il faggio che voleva fare il girotondo  (Milano, Edizioni Terra Santa, 2020, pagine 48, euro 14,90), bel libro per giovani lettori di Daniela Palumbo, giornalista – lavora per il mensile «Scarp de’ tenis», giornale di strada nato da un progetto della Caritas Ambrosiana – e scrittrice per ragazzi. Tra i suoi tanti libri ricordiamo Le valigie di Auschwitz  (2011) e, scritto con Liliana Segre, Fino a quando la mia stella brillerà  (2015), entrambi editi da Piemme.

Nella trama di questo nuovo racconto si intrecciano temi importanti: il rapporto con l’ambiente e la natura, il valore dell’amicizia, la meraviglia per ciò che unisce sovrastando di gran lunga ciò che differenzia. E ancora la capacità di ascoltare, di cogliere i sentimenti degli altri e di comprenderne i bisogni. Una fiaba di amicizia e di complicità, insomma, una storia che si snoda dolcemente e in profondità, osservando l’impazienza dei grandi e il desiderio di rallentare dei più piccoli. È così, infatti, che i bambini sono in grado di notare quei dettagli capaci di dare nuovo senso e nuovo volto alla realtà circostante.

Arricchito dalle delicate illustrazioni di Natascia Ugliano, Il faggio che voleva fare il girotondo  è però anche una storia di conversione. La conversione di un adulto che – attraverso il bambino e ricordandosi dell’infanzia troppo rapidamente dimenticata – assapora il valore di procedere lentamente. Trovando anche la forza di guardare con occhi nuovi la tristezza, stato d’animo che lo terrorizza («le basta sentirla arrivare che scappa», confida Flavia all’amico Faggio).

Il libro è l’ultimo uscito nella collana «Gli Aquiloni», ideata dalle Edizioni Terra Santa, che ha firmato già in passato libri bellissimi per i piccoli, come Rifugiata. L’odissea di una famiglia  (2018). Queste opere – con caratteri ad alta leggibilità, testi densi e tavole a colori – raccontano emozioni, avventure, misteri e mondi fantastici capaci di avvicinare i piccoli alle grandi questioni del crescere, offrendo strumenti per affrontare la realtà con le sue gioie e i suoi dolori.
Oltre alla qualità dei testi e delle illustrazioni, la collana si caratterizza per la scelta di affrontare – con garbo e profondità – molte problematiche sociali. Ascolto dell’altro, accoglienza, vivere civile, diritti, ecologia, sostenibilità, legalità, pace, interculturalità e rifiuto di ogni forma di bullismo.
Prima della storia di Flavia e del Faggio sono usciti Favole di pace  (2020, pagine 144, euro 15,90) di Mario Lodi e Il volo di Nura  (2019, pagine 127, euro 15,90) di Paola Caridi.

Presentando quattordici storie di pace e per la pace, il libro di Lodi invita a ripudiare ogni forma di scontro, concentrandosi sull’amicizia, la serenità e la fantasia. Come nel caso del celebre Cipì , anche queste favole firmate dallo scrittore, insegnante e pedagogista italiano (1922-2014) sono nate nella scuola dalle idee dei giovanissimi alunni. Diversissime tra loro per stile, lunghezza e tono, arricchite dalle belle illustrazioni di Desideria Guicciardini, le storie – ora in prosa, ora in poesia – insegnano a entrare in relazione con i coetanei, gli adulti e tutta la realtà che circonda ogni bambino.
Ad aprire la collana «Gli Aquiloni» è stato invece lo scorso anno il libro della saggista e storica Paola Caridi (corrispondente dal Cairo dal 2001 al 2003, per i successivi dieci anni ha vissuto e lavorato a Gerusalemme, collaborando con le maggiori testate italiane). La storia che firma è veramente ricca.

La piccola Nura vive a Gerusalemme in una casa dal grande cortile insieme con mamma, fratelli, nonno e uno zio scorbutico e solitario dai grandi baffi ben curati che però alla bambina incutono grande soggezione. Le ricordano, infatti, le lettere arabe, proprio quelle lettere che fa tanta fatica a leggere e scrivere. Ma se un po’ lo teme, Abu Elias (questo il nome dello zio) la affascina perché è un famoso cantastorie. Così, quasi suo malgrado, Nura si ferma spesso ad ascoltarlo, rimanendone letteralmente ipnotizzata.

Una notte la bambina viene svegliata da un lieve fruscio, accompagnato da una strana sensazione sul viso: a parlarle è uno dei baffi di Abu Elias che si offre di condurla in un viaggio meraviglioso, nel cuore della notte, in volo sopra i tetti della sua amata e martoriata città. Un’avventura (da concludere prima che lo zio si svegli e si accorga della fuga del baffo) che la porterà non solo a non avere più paura di lui, ma a riscoprire la bellezza della scrittura araba, facendo diventare realtà il suo più grande sogno: unire parole e musica per essere la prima cantastorie donna di Gerusalemme.

Anche in questo caso le bellissime illustrazioni di Maria Teresa de Palma impreziosiscono il libro («La bellezza delle cose – scrive del resto Caridi nel romanzo – conta, mia cara Nura. Ha a che fare con la felicità, e con il rispetto»). Sono infatti disegni che – come già il racconto – invitano anch’esse a riscoprire quello che si ha attorno. A superare le proprie paure e a tramandare le proprie storie. È, in una parola, l’arte di Nura. Non a caso la ragazza ormai affermata gira con in testa il fez rosso di Abu Elias. «Fa un po’ strano vederlo sui suoi ricci ingovernabili. È l’unica concessione che Nura ha fatto al vecchio modo di raccontare storie. Per il resto, è vestita da perfetta rapper. Jeans. Scarpe da ginnastica, quattro misure più grande del suo corpo. Sulla t-shirt ha fatto stampare i baffi di Abu Elias. Non le fanno più paura. Anzi, sono una sorta di benedizione».

di Silvia Gusmano