I compiti della Commissione Ecclesia Dei passano alla Dottrina della Fede

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Con una Lettera apostolica in forma di “Motu proprio”, Papa Francesco ha stabilito oggi la soppressione della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, istituita il 2 luglio 1988 da San Giovanni Paolo II  con il “compito di collaborare coi Vescovi e coi Dicasteri della Curia Romana, nel facilitare la piena comunione ecclesiale dei sacerdoti, seminaristi, comunità o singoli religiosi e religiose, legati alla Fraternità fondata da Mons. Marcel Lefebvre, che desideravano rimanere uniti al Successore di Pietro nella Chiesa Cattolica, conservando le proprie tradizioni spirituali e liturgiche”.

Compiti Commissione passano alla Congregazione per la Dottrina della Fede

“I compiti della Commissione in parola, sono assegnati integralmente alla Congregazione per la Dottrina della Fede, in seno alla quale verrà istituita una apposita Sezione impegnata a continuare l’opera di vigilanza, di promozione e di tutela fin qui condotta dalla soppressa Pontificia Commissione Ecclesia Dei”.

Condizioni mutate

Il Papa spiega di aver preso questa decisione per le “mutate” condizioni “che avevano portato il santo Pontefice Giovanni Paolo II alla istituzione della Pontificia Commissione Ecclesia Dei”. Francesco constata, infatti, “che gli Istituti e le Comunità religiose che celebrano abitualmente nella forma straordinaria hanno trovato oggi una propria stabilità di numero e di vita”. Inoltre, prende atto “che le finalità e le questioni trattate dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, sono di ordine prevalentemente dottrinale”. Con questo Motu Proprio desidera “che tali finalità si rendano sempre più evidenti alla coscienza delle comunità ecclesiali”.

Il Summorum Pontificum di Benedetto XVI

Per oltre trent’anni – scrive Papa Francesco – la Commissione Ecclesia Dei “ha assolto con sincera sollecitudine e lodevole premura” al suo compito. Quindi, ricorda due interventi del suo “Venerato Predecessore Benedetto XVI”: con il Motu proprio Summorum Pontificum, del 7 luglio 2007, la Pontificia Commissione aveva “esteso l’autorità della Santa Sede su quegli Istituti e Comunità religiose, che avevano aderito alla forma straordinaria del Rito romano e avevano assunto le precedenti tradizioni della vita religiosa, vigilando sull’osservanza e sull’applicazione delle disposizioni stabilite”.

Questioni di natura primariamente dottrinale

Due anni dopo, sempre Benedetto XVI, con il Motu proprio Ecclesiae unitatem del 2 luglio 2009, aveva riorganizzato la struttura della Commissione, “al fine di renderla più adatta alla nuova situazione venutasi a creare con la remissione della scomunica dei quattro Vescovi consacrati senza mandato pontificio”. Inoltre – aggiunge Papa Francesco – ritenendo, che, dopo tale atto di grazia, le questioni trattate dalla Commissione “fossero di natura primariamente dottrinale”, Benedetto XVI l’aveva “più organicamente legata alla Congregazione per la Dottrina della Fede, conservandone comunque le iniziali finalità, ma modificandone la struttura”.

Dopo “ampia riflessione”

La decisione odierna – spiega Papa Francesco – è giunta “dopo ampia riflessione” seguita ad alcuni precisi passi: nella riunione del 15 novembre 2017, la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva chiesto di poter condurre direttamente il dialogo tra la Santa Sede e la Fraternità Sacerdotale San Pio X “essendo le questioni trattate di carattere dottrinale”; il Papa ha approvato questa richiesta il 24 novembre successivo e tale proposta ha avuto l’accoglienza della Sessione Plenaria del Dicastero nel gennaio di quest’anno.

La Lettera apostolica di Giovanni Paolo II

Tornando alla nascita della Commissione, possiamo ricordare alcuni brani della Lettera apostolica “Ecclesia Dei” di San Giovanni Paolo II, scritta dopo l’illegittima ordinazione episcopale conferita il 30 giugno 1988 dall’arcivescovo Marcel Lefebvre, che rifiutava alcuni “aggiornamenti” decisi dal Concilio Vaticano II. Un atto – affermava Papa Wojtyla – che offre “a tutti l’occasione per una profonda riflessione e per un rinnovato impegno di fedeltà a Cristo e alla Sua Chiesa”.

La Tradizione è viva e “progredisce”

“La radice di questo atto scismatico – osservava Giovanni Paolo II – è individuabile in una incompleta e contraddittoria nozione di Tradizione. Incompleta, perché non tiene sufficientemente conto del carattere vivo della Tradizione, «che – come ha insegnato chiaramente il Concilio Vaticano II – trae origine dagli Apostoli, progredisce nella Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo: infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, cresce sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con la profonda intelligenza che essi provano delle cose spirituali, sia con la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità»”.

E’ contraddittoria una Tradizione che si oppone al Papa

“Ma è soprattutto contraddittoria – scriveva Papa Wojtyla – una nozione di Tradizione che si oppone al Magistero universale della Chiesa, di cui è detentore il Vescovo di Roma e il Corpo dei Vescovi. Non si può rimanere fedeli alla Tradizione rompendo il legame ecclesiale con colui al quale Cristo stesso, nella persona dell’apostolo Pietro, ha affidato il ministero dell’unità nella sua Chiesa”.

Appello a rimanere uniti al Vicario di Cristo

Il Papa lanciava, quindi, un accorato appello: “Nelle presenti circostanze, desidero soprattutto rivolgere un appello allo stesso tempo solenne e commosso, paterno e fraterno, a tutti coloro che finora sono stati in diversi modi legati al movimento dell’Arcivescovo Lefebvre, affinché compiano il grave dovere di rimanere uniti al Vicario di Cristo nell’unità della Chiesa Cattolica, e di non continuare a sostenere in alcun modo quel movimento. Nessuno deve ignorare che l’adesione formale allo scisma costituisce una grave offesa a Dio e comporta la scomunica stabilita dal diritto della Chiesa”.