“Hallelujah”, lo spirito di Cohen

Inviata a Venezia

Hallelujah del cantautore canadese di origini ebraiche Leonard Cohen (scomparso il 7 novembre 2016 ad 82 anni), è uno dei brani che vanta più cover al mondo, basti solo pensare a quelle di Bob Dylan e Jeff Buckley. E pensare che quando uscì nel 1984 nell’album Various positions non ebbe alcun successo, anzi, la casa discografica nemmeno voleva pubblicarlo. I retroscena della sua pubblicazione sono al centro del ricco documentario Hallelujah: Leonard Cohen, A Journey, A Song di Daniel Geller e Dayna Goldfine. L’idea alla base del film era quella «di ricostruire la genesi di questo pezzo, lavorando sui tanti materiali dell’epoca» per «evidenziare gli aspetti più profondi di Hallelujah, un brano così spirituale e carnale al tempo stesso».

Così la regista Dayna Goldfine a Venezia racconta alla mostra di Venezia l’origine della pellicola, presentata ieri nella sezione Fuori Concorso che racconta il percorso umano e artistico del cantautore, proprio attraverso il brano cult Hallelujah.

Oltre trecento ore di materiale, molto del quale mai mostrato prima, in un documentario che intreccia tre filoni creativi, il cantautore e la sua epoca, il percorso drammatico del pezzo, dal rifiuto da parte dell’etichetta discografica alla vetta delle classifiche le testimonianze toccanti di grandi artisti. «Questo progetto è un’indagine sul successo e l’impatto internazionale di Hallelujah diventato colonna sonora di momenti importanti della vita, come matrimoni e funerali sino alle commemorazioni delle vittime del Covid e la cerimonia di insediamento del Presidente Usa nel gennaio 2021» spiega la regista. Un brano che unisce riferimenti biblici a Davide, Betsabea, Sansone e Dalila, ma anche un racconto di laica sensualità. «Il documentario sulla canzone fa riferimento alle domande più profonde sulla fede, lo scetticismo, il credere e il pensiero laico» aggiunge la regista. Approvato per la produzione da Leonard Cohen poco prima del suo ottantesimo compleanno nel 2014, il film passa in rassegna un vasto repertorio di materiale d’archivio inedito proveniente dal Cohen Trust, inclusi gli appunti personali, i giornali e le fotografie del cantautore canadese unitamente a filmati di sue esibizioni, nonché preziose registrazioni audio e interviste. Testimonianze come quelle della cantante Judy Collins, che ha dato a Cohen la sua prima opportunità di esibirsi dal vivo, e John Lissauer, che ha prodotto e arrangiato molte delle canzoni di Cohen, inclusa la versione originale di Hallelujah.

Angela Calvini

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