Forza antica della carta. A Palermo per recuperare gli imballi dei mercati e tramutarli in quaderni di diverso tipo

Osservatore Romano
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06 ottobre 2020

Lavorare «lentamente a mano» nell’epoca dei social

C’è la carta bigia, usata per avvolgere la frutta. Ci sono la carta camoscina, che di solito tiene dentro il pane, e la carta sfoglio rosa, tipica dei salumi e della carne. Poi, ancora, la carta pelleaglio con i soli dorati, destinata ai dolciumi, la cartapaglia del fritto, la carta fioretto bianca, conosciuta per contenere la semenza, la carta paraffinata, la carta accoppiata e tantissimi altri tipi di carte alimentari, strumentali a diventare coperta, o meglio, imballaggio di una molteplicità di cibi. Ognuna di esse possiede caratteristiche proprie, consistenze, colori, nomi, identità, ingredienti diversi. Un po’ come a dire che nessuna carta è uguale all’altra.

Lo sa bene Carmela Dacchille, l’architetto che, nel 2013, a Palermo, dopo una pregressa e personale ricerca, dà vita a Edizioni Precarie, progetto di design e grafica artigianale che, proprio con le carte alimentari degli storici mercati del capoluogo siciliano, realizza taccuini, quaderni, fogli e buste da lettera, piccole edizioni in serie limitata e vari esperimenti che hanno lo scopo di raccontare il mondo com’era, le tradizioni quasi dimenticate, le antiche usanze e la bellezza di un territorio in costante trasformazione.

«L’idea di recuperare la carta, anzi le carte dei mercati – spiega l’ideatrice del progetto —, per tramutarle in quaderni di diverso tipo, è un modo per non smettere mai di raccontare: ogni carta ha una storia, così come ogni quaderno ne possiede una sua. Ma non si tratta, più in particolare, di storie finite. Sono tutte storie iniziate che, successivamente, le persone dovranno continuare a scrivere, a personalizzare sul quaderno, sul taccuino che hanno scelto di portare con sé».

Con Edizioni Precarie nasce, pertanto, un racconto fatto interamente di carta, in grado di valorizzare ciò che viene solitamente sottovalutato (alzi la mano chi ha mai fatto caso alle carte che avvolgono gli alimenti) e che pure getta lo sguardo su una porzione di città, sulle sue storie locali e sui suoi abitanti. Un racconto capace di contenere, non più alimenti, ma idee, pensieri e disegni, la cui freschezza — al pari di quegli stessi cibi, oggetto primario dell’imballaggio — viene preservata.

La gamma di prodotti che ne viene fuori – tutto è realizzato interamente e «lentamente a mano», secondo diverse fasi di lavorazione (ricerca e selezione della carta, assemblaggio, cucitura, rifinitura e rifilatura, taglio, pulitura, timbratura…) e, appunto, coi diversi tipi di carta provenienti da Ballarò, dalla Vucciria o da Il Capo – è di conseguenza assai vasta. Esistono, ad esempio, i “Carnet de Reves”, i cosiddetti quaderni dei sogni, confezionati con le carte delle “carnizzerie” palermitane e in cui è possibile rinvenire un piccolo oggetto di pasta di pane, utilizzato, in date ricorrenze, come decorazione per dolci; il quaderno di “Ciccia Pillicca”, custodito nella busta dove un tempo si vendeva lo zucchero sfuso e, al cui interno, si trova anche una storia della tradizione siciliana; la serie “Les Divinettes” e, cioè, i quaderni che contengono, ciascuno, un indovinello della consuetudine orale, timbrato a mano sulla custodia, e, all’interno, la relativa soluzione; i “Ricettacoli”, che sono taccuini che giocano mescolando le carte e hanno in allegato un breve racconto di una ricetta tipica; e via discorrendo.

Tra gli altri – l’elenco dei prodotti di carta, ognuno con le proprie peculiarità, è davvero lungo e gustoso —, ci sono anche i “Cunti di mar” e e i “Diari di bordo”: sulle relative copertine vengono timbrati, sempre a mano, i pesci delle grafiche di vecchie carte alimentari («Si tratta di carte da pescheria che non si trovano più, perciò le illustrazioni di queste stesse carte le abbiamo trasformate in timbri, che adesso utilizziamo secondo il nostro piacimento», dice Carmela). Nei primi, i “Cunti di mare”, emergono sogliole, trote, tonni; nei secondi, i “Diari di bordo”, c’è il solo pesce spada, nero e simbolo di rotta. O, forse, se si pensa al compianto Vittorio De Seta e al suo documentario del 1954, Lu tempu di li pisci spada , simbolo di un mondo che sembrava eterno: l’usanza della pesca nelle acque che separano la Sicilia dalla Calabria, le cui origini si perdono nel buio dei tempi, oggi è andata perduta, non essendo più preceduta dalla frenesia dell’attesa né, tantomeno, seguita dalla festa e dai canti nei villaggi, a cui i pescatori continuano, comunque, a fare ritorno.

È di questo mondo perduto, e del mondo che potrebbe non essere più, che si occupa, in definitiva, Edizioni Precarie. Il progetto, del resto, ha questo nome proprio perché intende sottolineare la mutevolezza dei tempi, della storia. «La volontà è quella di riflettere sulla fragilità di certe realtà e, quindi, sulla loro bellezza intrinseca. Quando Edizioni Precarie nasce, circa sette anni fa, l’aggettivo precario è usatissimo, è tanto gettonato per descrivere negativamente il mondo in generale, tutto è precario per la crisi economica, per il lavoro che manca, per ciò che accade in Italia. Ma io, allora come adesso, desidero, più che altro, riflettere sulla precarietà in un senso differente: ogni cosa cambia, ogni cosa si trasforma, però tutte queste cose possono essere conservate. Un concetto che vale per le carte alimentari dei mercati di Palermo e per gli stessi mercati che, a loro volta, stanno subendo un’evoluzione, dovuta, tra le diverse ragioni, al turismo di massa che cresce e sembra farlo a discapito della dimensione locale, quotidiana, delle tradizioni», spiega Carmela Dacchille, emigrata al contrario, che, della Sicilia e della Palermo del Gattopardo, ha fatto la sua casa, pur avendo origini pugliesi e pur avendo studiato, nonché lavorato, tra Roma e Rotterdam, in Olanda.

Contro, dunque, la perdita delle tradizioni, Edizioni Precarie resiste, anzi va avanti. «Da un iniziale scetticismo generale (ricordo ancora il primo giorno in cui mi recai ad acquistare la carta da chi, di solito, la vende a chi ha il proprio banchetto al mercato: mi scambiarono per una panettiera a causa del mio essere onnivora di questo materiale), la realtà di Edizioni Precarie è cresciuta. È nato lo Spazio Precario, sempre a Palermo, che è sia laboratorio di produzione sia spazio espositivo – rende noto Dacchille —. Lo spazio è, insomma, un contenitore di idee, proprio come i quaderni di Edizioni Precarie, è il luogo fisico dove tutto accade. Al suo interno esponiamo le idee e i progetti appartenenti anche ad altri autori e vi sorge, inoltre, la Scuola Precaria, che propone un calendario di vari appuntamenti lungo tutto l’anno, con formatori ed esperti che si occupano principalmente di carta, nelle sue varie declinazioni».

Affiancano Carmela Dacchille anche diversi collaboratori che, nel tempo, hanno sposato il suo progetto e che, come lei, «hanno deciso di rimanere o di tornare, di investire nella città, in Palermo, scegliendo di operarvi attivamente»: Giulia Basile e Alessandra Figuraccia, che si occupano direttamente di Edizioni Precarie con Carmela, e Rossella Palazzolo che, invece, si occupa, insieme alle altre, di coltivare lo “Spazio Precario”. Viva è anche la collaborazione con gli artigiani storici di Palermo, «come coi fratelli Barone che dall’età di sette anni lavorano nella legatoria di famiglia e lo fanno tuttora»; e anche quella con numerose librerie indipendenti italiane ed estere dove si possono rintracciare le Edizioni Precarie (il cui acquisto è, naturalmente, previsto a Palermo nello Spazio Precario e sul relativo sito web); molteplici, ancora, i workshop organizzati nell’ambito del progetto. «Però a causa del coronavirus, gli appuntamenti previsti per quest’anno sono stati sospesi – precisa Carmela —. Avremmo dovuto ospitare una calligrafa proveniente dal Giappone e, ancora, un’artigiana spagnola che lavora con la carta marmorizzata. Così non è stato. C’è da dire che Edizioni Precarie – continua — è un’idea di fare e, come tutte le persone che non lavorano con lo smart—working ma con le mani, per noi questo non può che essere un periodo di riflessione e transizione. È al momento in stand—by anche il nuovo e parallelo progetto sulla Casa Botanica, volto all’ospitalità e sempre dedicato al racconto di artigiani che lavorano sul territorio palermitano. Attendiamo di svilupparlo al meglio».

Tra i diversi scopi che ha, risulta, infine, un progetto pro ambiente quello di Edizioni Precarie perché alla carta dà, com’è palese, notevolissimo valore. «Non si parla di riciclo, contrariamente a quanto si pensa – afferma sempre Carmela Dacchille —, ma si sostiene la carta con lo stesso obiettivo del riciclo. Pensiamo, infatti, che la carta sia ecologica e abbia un impatto meno forte, rispetto alla plastica, sull’ambiente. Se i mercati interrompessero l’uso della plastica, visto che oggi le confezioni di questo tipo di materiale sono tantissime e molto usate, si potrebbe avviare effettivamente una riflessione ecologica e capire davvero la portata, oltre che la bellezza, della carta».

Dialogando con Carmela e pensando alle sue Edizioni Precarie, ai mercati e alle preziosissime carte, è facile sentire nella mente l’eco di cantilene antiche, il vocio delle persone, persino il profumo dei cibi sulle bancarelle, visualizzarne colori e forme quasi a dipingere lo stesso quadro, Vucciria (1974), di Renato Guttuso o a far riemergere ricordi d’infanzia legati alle fiere, a universi magici e quasi surreali. Edizioni Precarie recupera la carta, sì, ma anche l’innocenza dei ricordi. Avvolge i pensieri, imballandoli come fossero carne, frutta, formaggio o pesce, e fa, nondimeno, impadronire, chi vi entra in contatto, di posti mai visitati e lontani. «Questo progetto è – dice Carmela Dacchille – la narrazione di realtà minori che celano, nascondono la meraviglia dei luoghi, degli usi e dei costumi, la straordinarietà di un popolo e, nello specifico, del sud e di Palermo. Edizioni Precarie – conclude — è tutto ciò, il racconto delle cose quotidiane e semplici che, nonostante il cambiamento, hanno in sé una grande forza».

di Enrica Riera