Flipper Un mondo in tilt

«Lavori troppo de polso e usi male l’avambraccio. Non è il polso che deve da’ ’a spinta alla pallina, ma è il ventre… Questo è il movimento… Il colpo dev’esse secco… deciso… preciso… Co’ ’sto sistema er flipper te lo magni!». Memorabile il borgataro Carlo Verdone alle prese col flipper in una mitica scena di Troppo forte (1986). E forse non è un caso che l’attuale campione del mondo di pinball (ha appena conquistato il titolo a Minneapolis, il 23 maggio scorso) sia per l’appunto un romano dei Colli: Daniele Acciari, che oggi con una quarantina di fuoriclasse quasi tutti stranieri, provenienti anche da Stati Uniti e Canada, partecipa all’unico appuntamento italiano del World Pinball Player Ranking a Cesano Maderno (Mi). Già: un’anonima cittadina dell’anonimo hinterland milanese ospita il circuito internazionale a punti che alla fine decreterà la classifica mondiale del flipper… Ma forse non si tratta di una vera contraddizione, visto che nel dna stesso del marchingegno a gettoni lampeggiano ammiccamenti luminosi assai simili alle insegne di periferia e i rumori dei relé hanno uno sferragliare postmoderno che ben s’adatta ai climi metropolitani. Poi c’è anche un motivo più contingente: proprio a Cesano, infatti, ha sede l’Associazione italiana gioco flipper (Aigf), costituita appena l’anno scorso da tre amici appassionati nonché collezionisti della celebre macchina; e l’Aigf è presieduta da Federico Ravagnati, il quale nella stessa cittadina lombarda – che si candida dunque indiscutibilmente a capoluogo italiano del settore – ha fondato un’officina professionale per il restauro dei flipper. Perché se i caratteristici mobili col tilt incorporato sono stati ormai praticamente sfrattati dai bar, a vantaggio delle console da videogioco o delle macchinette per il poker elettronico, si è d’altra parte sviluppato un promettente mercato di nostalgici che il flipper d’epoca lo cercano, lo comprano, magari se lo scambiano e alla fine comunque lo mettono in salotto; seguendo una tendenza che peraltro è ben rappresentata sia in altri Paesi d’Europa (Olanda in primis), sia nell’America – che poi sarebbe la vera patria del pinball. Un nome che più o meno significa «biglia tra i chiodini», perché i primi giochi erano costituiti da piani inclinati in cui venivano infissi appunto dei chiodi con lo scopo di deviare o fermare la pallina che scendeva dall’alto. Anzi, un antenato del flipper era conosciuto addirittura alla corte del Re Sole, dove veniva chiamato bagatelle (dal nome del castello di un fratello di Luigi XIV, appassionato di giochi), e fu noto anche a Beethoven, che nel 1802 compose sette «scherzi» intitolati appunto «Bagatelle», di cui uno rifaceva al pianoforte il rumore delle sfere di legno che rotolavano cadendo di quando in quando nelle buche praticate sul piano. A bagatelle si giocava pure nel dickensiano Circolo Pickwick, ma fu l’America a dare un impulso decisivo alla biglia d’acciaio: dapprima con l’invenzione del pistone di lancio a molla (anno 1871), poi grazie all’introduzione di meccanismi elettromeccanici (1931). Tuttavia il flipper vero e proprio reca la data di nascita del 1947: quando a Chicago la Gottlieb (una sorta di Fiat del settore) brevetta appunto le flippers , ovvero «pinne», le alette che – manovrate da pulsanti laterali – hanno il potere di rimettere in gioco la pallina fatalmente arrivata alla sua corsa inferiore. La gettoniera invece era stata già introdotta da tempo, ovviamente, trasformando il passatempo da bar in uno dei più lucrosi investimenti per gli esercizi pubblici; al punto tale che nel 1965, non molto dopo la sua introduzione in Italia, una legge ne vietò l’uso in quanto troppo vicino al gioco d’azzardo (si poteva infatti vincere una pallina in più!). Proibizione peraltro subito aggirata «all’italiana», ovvero togliendo da ogni macchina la scritta «flipper» e sostituendola col nome «Nuovo Bigliardino Elettrico»… A Cesano è allestita anche una mostra storica di questi arnesi, che – secondo gli specialisti e grazie a ingegnose combinazioni di luci, colori e movimenti – non sarebbero mai uguali l’uno all’altro. Anzi, sarà persino possibile giocare (gratis!) con alcuni dei flipper della nostra infanzia, mentre i «campioni» (ma l’iscrizione al torneo è aperta a chiunque) si sfidano su 9 modelli costruiti tra gli anni Settanta e oggi. Bally, Williams, Exhibit, Genco, Gottlieb, Stern (unica marca tuttora attiva) sono alcuni dei produttori più «mitici» del settore. Ma ci sono anche una trentina di fabbriche italiane, o per meglio dire bolognesi vista l’ubicazione delle maggiori ditte: Bell Games, Rmg, Europlay e soprattutto Zaccaria – che per un certo periodo raggiunse il quarto posto nella classifica mondiale dei costruttori del settore e che, grazie a modelli disegnati da fumettisti di professione, riusciva persino ad esportare in America. «L’Italia è stata unita più da flipper e juke-box, che non da Cavour, Mazzini e Garibaldi», ha scritto l’osservatore di costume Roberto Gervaso. Ma si era negli anni Settanta, epoca d’oro del genere: quando non c’era bar senza flipper. La controprova in un sito di cultori – «Tilt.it», il cui titolare Federico Croci ha da anni in progetto di istituire proprio a Bologna il Museo del Flipper e del Gioco automatico a moneta – dove si censiscono quasi 100 film italiani (soprattutto «poliziotteschi») girati tra 1970 e 1979 nei quali il gioco delle biglie rotolanti faceva la sua luminosa comparsa. Ma il game over per il simpatico passatempo era dietro l’angolo degli anni Ottanta, quando il flipper da elettromeccanico divenne elettronico (i «puristi» delle collezioni non considerano validi i pezzi di questo periodo) e subito dopo fu surclassato – nei bar – dalle slot machines e – nelle abitazioni – dai videogames. Un gioco estinto, dunque? Adesso, per ironia della sorte, i software per pinball si scaricano direttamente da Internet e servono per giocare a flipper direttamente col computer, da soli o in torneo con altri appassionati via Web; ed è come se l’assassino si adoperasse per far risorgere la sua vittima. Ma forse non è questa la via giusta per rilanciare la partita, anche perché la simulazione ha vita difficile a confronto coi rumori e i movimenti delle vere biglie d’acciaio. Secondo i patiti, anzi, non c’è proprio storia: il flipper è sempre diverso, può cambiare addirittura in base alla posizione e allo stato d’usura, poi lascia una parte considerevole della partita al caso e non solo alla tecnica o all’allenamento; insomma risulta molto più vicino alla vita e dunque più «umano» di qualunque videogioco. D’altronde lo diceva già il filosofo Verdone: il «rapporto col flipper è come ’n’amplesso»… Nato dalle «bagatelle» del Re Sole e noto anche a Beethoven, è stato elettrificato negli Usa ma soltanto dopo l’ultima guerra ha messo le due «pinne» che gli procurano il nome E rilanciano le biglie d’acciaio per evitare la buca del «game over»
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