Famiglie separate. Contro l’«alienazione parentale» una legge e un film per dire no

Nuovo affondo contro l’alienazione parentale. Sindrome discussa sotto il profilo scientifico, ma disagio concreto per almeno due milioni di genitori che, a causa dell’opposizione dell’ex coniuge, non riescono più a vedere i propri figli. I tentativi di risolvere questo male oscuro, che alimenta disagi e malesseri psico-fisici, suscitando momenti di depressione tra gli adulti e disturbi psico-fisici tra i piccoli, sono risultati finora infruttuosi. La legge 54 del 2006 sull’affido condiviso, pur proclamando il diritto-dovere della pari responsabilità educativa, offre poi al giudice strumenti poco efficaci. Da tempo le associazioni dei padri separati – nove volte su dieci i genitori alienati sono loro – sollecitavano la modifica della legge. Ora la decisione della Commissione giustizia della Camera di prendere in esame la proposta di legge 4377, presentata il mese scorso a firma di Tancredi Turco (Gruppo Misto), sembra riaccendere le speranze. Obiettivo della proposta quello di mettere a punto strategie di prevenzione dell’alienazione genitoriale offrendo al giudice la possibilità di «disporre una modifica della residenza abituale del minore».

Proposta lodevole nell’intento – trovare una strategia efficace contro l’alienazione parentale – ma che si scontra con due difficoltà oggettive. La prima è rappresentata dai tempi brevi della legislatura che renderà quasi impossibile calendarizzare il dibattito. La seconda riguarda l’opportunità di rispolverare il concetto del “genitore prevalente” – anche se in un contesto d’urgenza – quando tutta la giurisprudenza minorile punta ad assicurare comunque ai figli i riferimenti educativi di entrambi i genitori. Il modello della “frequentazione temporalmente paritetica” è stato per esempio suggerito dal giurista Marino Maglietta ed è stato recepito tra l’altro dalle linee guida dei Tribunali di Brindisi e di Lecce. In questa prospettiva si prevede che, caso per caso, «il giudice possa dettare le regole base più adatte alla specifica situazione, derogabili in funzione delle esigenze dei figli».

Al di là dei dibattiti dei giuristi, il tema dell’alienazione parentale è al centro anche di altre iniziative. Amedeo Gagliardi, attore, sceneggiatore e produttore, ha raccontato la sua storia di padre alienato in un corto di cui si è parlato in questi giorni anche al festival di Cannes. Si intitola “Mamma non vuole” – regista Antonio Pisu, tra gli attori Giancarlo Giannini, Naike Rivelli, Fabio Ferrari, Brigitta Koksis – ed è una sintesi artisticamente efficace di quello che capita a un genitore a cui viene sottratto un figlio. «Ho fatto esperienza del dolore sconvolgente e del senso di impotenza vissuto da un padre che, giorno dopo giorno, avverte che il proprio bambino si allontana da lui.

La pressione psicologica esercitata dalla madre – racconta Gagliardi – ha fatto in modo che mio figlio, senza alcun motivo, non mi abbia più voluto vedere. E oggi, che ha quasi 18 anni, questo velo di incomunicabilità rimane». Nel film Gagliardi, che interpreta se stesso, perde il lavoro, assiste senza poter far nulla alla nuova relazione della moglie con un ex collega, ascolta le decisioni del giudice che dispone l’affido condiviso ma poi, proprio come capita nella realtà, non dispone di alcuno strumento per assicurare il diritto-dovere della pari responsabilità educativa. E, quando lo psicologo (uno straordinario Giannini) visita il figlio e conclude che quello è un caso tipico di alienazione genitoriale, Gagliardi decide di combattere l’ingiustizia con tutte le sue forze.

Ed è quello che l’attore ha realmente fatto. Sia trasferendo nella finzione cinematografica il suo dramma, sia sollecitando l’associazionismo a scendere in campo con più decisione. «Il movimento nazionale per la famiglia da me presieduto, non solo ha promosso il disegno di legge poi presentato alla Camera, ma ora punta a mettere in piedi un comitato scientifico in cui far convergere tutte le competenze nell’ambito dell’alienazione parentale». Porte aperte quindi ai giuristi, ma anche a psicologi, pedagogisti, pediatri e ad altri esperti di scienze umane. «Battaglia difficile – conclude Gagliardi – ma ce la faremo».

avvenire.it