Esteri / Addio religione a scuola e tagli pesantissimi alla Chiesa cattolica

L’insegnamento verrà sostituito con un corso di “educazione ai valori”. Pesante l’intervento sul sostegno economico dello Stato alle comunità religiose: solo 6,75 milioni di euro alla Chiesa cattolica che ora ne riceve 23,72. L’arcivescovo Jean-Claude Hollerich: “Di questa povertà non ho paura: sentiamo quello che dice Papa Francesco…”. La “Convenzione” sottoscritta ha valore per i prossimi 20 anni
Sarah Numico


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È stata firmata lunedì 26 gennaio a Lussemburgo la “Convenzione” tra il governo di Xavier Bettel, che guida una coalizione di verdi-sinistra-liberali, e il “consiglio dei culti convenzionati”, di cui fanno parte le comunità ebraica e musulmana, le chiese cattolica, protestante, anglicana e ortodossa. Un mini-concordato valido per i prossimi 20 anni. I tre punti della Convenzione prevedono anzitutto che il sostegno economico dello Stato alle comunità religiose passi progressivamente da 24,6 a 8,3 milioni di euro (di cui 6,75 alla chiesa cattolica che ora ne riceve 23,72); la comunità musulmana, che fino ad ora non ne aveva mai beneficiato, viene ammessa ai finanziamenti statali. D’altronde la chiesa cattolica dovrà retribuire con quei soldi anche i sacerdoti e i collaboratori che da qui in poi assumeranno incarichi pastorali. In secondo luogo gli attuali corsi di religione o formazione morale saranno sostituiti da un corso di “educazione ai valori”. Terzo elemento: gli edifici ecclesiali (ad eccezione della cattedrale, la basilica di Echternach e il “Centre Jean XXIII”) saranno sotto piena responsabilità economica della Chiesa e non più dei comuni. Sul nuovo accordo, ecco la valutazione a caldo dell’arcivescovo del Lussemburgo, monsignor Jean-Claude Hollerich.

La “Convenzione” è stata definita un compromesso raggiunto con la comunità politica, ma per la chiesa cattolica sembra rappresentare una sconfitta su molti punti. 

“È chiaro, ci sono dei punti molto dolorosi. Il più doloroso per me è che non ci siano più i corsi di religione nelle scuole. Anche il finanziamento dallo Stato sarà progressivamente ridotto a circa il 30% di quanto riceviamo ora, e quanto alle chiese significherà probabilmente che non potremo prenderci cura di tutti gli edifici sacri che abbiamo ora: naturalmente fa male all’arcivescovo dover abbandonare delle chiese. Ma abbiamo una libertà più grande per il futuro. La Chiesa continua comunque a ricevere un sussidio dallo Stato e le religioni restano nella Costituzione del Lussemburgo. Quindi la Chiesa potrà vivere e continuare la sua missione nei prossimi 20 anni”.

Le comunità religiose insieme erano disposte ad assumersi la responsabilità per i corsi di religione nelle scuole: perché non si è riusciti a ottenere qualcosa su questo punto? 
“Alcuni partiti di governo già nella campagna elettorale avevano annunciato di voler abolire i corsi di religioni. Avendo la maggioranza in parlamento, il governo non avrebbe nemmeno dovuto negoziare la faccenda con noi. Invece abbiamo ottenuto che il Consiglio dei culti intervenga nella definizione dei programmi del corso ai valori. Non è l’ideale, ma è meglio di niente”.

Sarà una Chiesa più povera…
“Di questa povertà non ho paura: sentiamo quello che dice Papa Francesco e come parla al cuore della gente, proclamando il Vangelo. Le nostre possibilità nella proclamazione del Vangelo sono un po’ più grandi quando siamo più poveri”.

Che cosa dice l’esperienza del Lussemburgo sul ruolo delle religioni oggi in Europa? 
“In tutte le società d’Europa la gente di religione diventa minoritaria e ci sono sempre più persone senza religione. Occorre riposizionarsi nella società e in relazione allo Stato. L’abbiamo fatto. Molto positivo è che le religioni siano state unite nella negoziazione, evitando in ogni modo le dimostrazioni contro l’islam, come sta avvenendo adesso in Germania. Quest’unione delle religioni non è sincretista, ma sta nel rispetto dell’altro così da poter difendere insieme il fatto religioso e tradurlo in una società che sempre meno comprende le religioni e l’essere religioso”.

La spaccatura sociale aperta in Europa dalla crisi economica appare essere molto più profonda. Come uscirne? 
“Siamo in una crisi di senso in Europa e le società consumiste sono società menzognere che non ci propongono senso, non propongono un avvenire per i giovani. Per la Chiesa cattolica questo significa essere molto chiara nell’obiettivo di proporre il Vangelo e mostrare che esso non sta dalla parte di una società in cui gli uni sono contro gli altri, ma include sempre”.

La laicità degli Stati europei ha conseguenze pesanti sul resto del mondo. Pensiamo ai fatti di Parigi e alle stragi di cristiani in Nigeria. Come tenerne conto? 
“L’Europa fa un grave errore: non comprende più le religioni e taglia via le sue radici. Non vorrei guardare tutto il tempo al passato e alle radici cristiane dell’Europa, ma è un po’ il senso del discorso del Papa a Strasburgo: se l’Europa taglia le sue radici, non avrà più un ruolo nel resto dell’umanità”.

Lei è anche presidente di Justitia et Pax Europa: quale la strada perché ci siano giustizia e pace? 
“Bisogna dare giustizia alle diverse religioni perché possano coesistere pacificamente e bisogna andare oltre la tolleranza e verso il rispetto reciproco, altrimenti avremo società lacerate in Europa. E in questo senso, quello che si fa in Lussemburgo con il Consiglio dei culti può essere un piccolo esempio della risposta che l’Europa deve dare a queste questioni delle religioni coesistenti in una medesima società”.

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