EDUCAZIONE E IMMIGRATI Integrazione bella e possibile

Giro del mondo in otto Costituzioni. Nella scuola Bianca Maria Visconti di Cremona i bambini di quarta elementare hanno imparato coscosa vogliono dire ‘cittadinanza’ e ‘integrazione’. Italiani a fianco di albanesi, romeni, ivoriani, marocchini, cileni, ecuadoregni, nigeriani. Diciotto ragazzini, di otto nazionalitdiverse, hanno ripassato la legge e la storia della propria terra, a partire dai colori della propria bandiera. Merito di un gruppo di insegnanti che non ha aspettato direttive ministeriali o provvedimenti dall’alto. Si sono mossi loro, punto e basta. Nella scuola italiana funziona cos. L’immigrazione non­piuna scoperta da molto tempo, si sa, e i passi sulla via dell’integrazione sono pio meno obbligati. Come­accaduto a Roma, nel quartiere Esquilino, dove un gruppo di famiglie ha ricostruito da capo a piedi la scuola dei propri figli. Bimbi asiatici che parlano romano meglio dei figli della Capitale. Ora l’Istituto comprensivo Daniele Manin­considerato un modello, non solo nel Lazio. E l’elenco potrebbe continuare, come ha evidenziato ieri a Milano un progetto di ricerca presentato dall’Universit Cattolica e da Diesse Lombardia. Sono 246 i progetti di educazione interculturale censiti, 3 i progetti extraregionali e altrettanti quelli internazionali, con centinaia di operatori coinvolti, dagli insegnanti ai mediatori culturali fino ai volontari. Una mappa delle buone pratiche che, su base nazionale, va da Nord a Sud, passando per cittcome Mantova, Varese, Parma, accomunando le periferia di grandi cittcome Milano e localit sconosciute del Centro Italia. Le modalit sono le pidiverse: si va dai laboratori interculturali alle cene etniche, dai corsi di alfabetizzazione per adulti alla formazione dei docenti. Oltre il (falso) tabdella lingua Andiamo con ordine: l’italiano­o no un problema per la seconda generazione degli immigrati? Non lo.­Per chi­nato in Italia, le possibilitdi apprendimento della nostra lingua sono sostanzialmente uguali a quelle degli italiani – spiega Donatella Bramanti, sociologa dell’infanzia e della famiglia alla Cattolica di Milano. – Il problema­rappresentato dagli inserimenti repentini: se da un giorno con l’altro sui banchi di scuola ti ritrovi un ragazzino di 10 anni che fino a ieri abitava dall’altra parte del mondo e non sa una parola di italiano, come si pupensare di aggregarlo col resto della classe sin da subito?. Qui entrano in gioco i momenti preziosi del dopo-scuola organizzato, la pazienza di molte insegnanti che si offrono gratis per le ripetizioni a grup- pi di diversi gruppi stranieri, oltre all’opportunit di agganciare gli adulti.­Se questi corsi funzionano, poi arrivano anche i genitoriosserva Bramanti. L’altra faccia del problema riguarda la lingua d’origine.­Per molti la lingua madre­ l’italiano, maimportante che non perdano la possibilitdi parlare e scrivere in arabo o in cinese. La realte le politiche La realtva verso l’integrazione, il resto sono rappresentazioni mediaticheafferma Milena Santerini, docente di Pedagogia generale all’ateneo di largo Gemelli, che ha appena dato alle stampe il volume La qualitdella scuola interculturale (Erickson). Per Santerini, in questo campo­occorre uscire dalla logica dell’emergenza, superando il concetto delle buone pratiche. La sfida adesso­quella di rendere sempre piprotagoniste le famiglie, unendo integrazione e intercultura: vanno bene le pagelle tradotte in tutte le lingue parlate dalla classe, coscome tutte le iniziative nate dal basso.­Perla scuola deve fare la scuola, riappropriandosi del proprio ruoloriassume Franco Camisasca, uno degli autori della ricerca presentata ieri. Dare spazio alle domande dei bambini, qualunque sia la loro provenienza, trovare le risposte giuste, rispettare i programmi didattici e i tempi dell’apprendimento. Resta il fatto che la scuola italiana, sempre pi cartina di tornasole dell’Italia che verr, non ha ancora del tutto compreso l’importanza del proprio ruolo. Mancano ancora gli strumenti necessari per passare dalle parole ai fatti: il materiale didattico­pressoch inesistente, il volontariato dei prof rimane altissimo, la possibilit di fare rete sul territorio con la pubblica amministrazione e i soggetti del privato sociale ­ seriamente compromessa dal perdurare della crisi economica, che riduce fondi e progetti.­vero, la scuola deve attrezzarsi per essere sempre piveicolo d’integrazione – sottolinea Santerini. – Peroccorrono meno tagli alle risorse e piinvestimenti: su questa frontiera, insegnanti e genitori non possono essere lasciati da soli. Milena Santerini:L’emergenza­finita. Donatella Bramanti:Non dimenticare la lingua d’origine. Franco Camisasca:­La scuola faccia la scuola

di Diego Motta – avvenire