E’ come se Gesù nel cammino verso la sua Pasqua ci invitasse a non “fare” per lui ma a “stare” con lui

La Pasqua si sta avvicinando ed è bello notare quanti incontri e persone Gesù ha trovato sul proprio cammino; facendosi Storia ha conosciuto altrettante storie: da una parte c’è l’ambivalente folla, composta da gente qualsiasi che vive la quotidianità e cerca Gesù, parla, si confronta (“essi cercavano Gesù e dicevano tra di loro: <che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?”).

E’ una folla quasi manzoniana: semplice e complessa, fedele e cambia bandiera, insomma una folla ‘umana’, quindi bella ma manipolabile. Dall’altra parte c’è il gruppo di chi si sente potente, colto, arrivato, quindi che ha la pretesa di poter puntare il dito: i sommi sacerdoti e farisei, coloro che spesso Gesù etichetta come ‘ipocriti’ e ‘stolti’. Gesù riesce ad essere costruttivo anche attraverso l’insulto: ipocrita, infatti, viene dal greco ὑποκριτής e indica l’attore, quindi colui che recita una parte, invece lo stolto etimologicamente significa ‘star fermo’, ha una radice che può indicare proprio ‘un pilastro’.

La folla degli uomini comuni, pur sbagliando e rendendosi quasi ridicola, è in movimento e cerca Gesù, al contrario i farisei sono statici e fermi nei loro pregiudizi, avidi nel mantenere la loro immagine e il loro potere terreno.

In questa storia di incontri ci sono anche i più beati, quelli che hanno conosciuto Gesù intimamente e quindi hanno la fortuna di poter cenare e festeggiare insieme a lui, alcuni dei quali sono stati guariti o, addirittura, resuscitati: Simone il lebbroso e Lazzaro ad esempio (Simone è citato in Mc 14, 3-9, ma l’episodio di questa ‘festa’ probabilmente è l’omonimo).

Il quadro è di una familiarità e di una tenerezza da commedia, con personaggi già incontrati: Marta che è sempre iperattiva e in servizio, Lazzaro seduto tra i commensali, i discepoli che borbottano e Giuda che si arrabbia per i propri interessi. I discepoli si adirano contro Maria, ma è una scena che si era già verificata, infatti Marta stessa precedentemente si era arrabbiata con lei perché, mentre lei serviva, lei era in stato contemplativo, incantata dalle parole di Gesù.

Maria non è donna del fare, non produce, ma ascolta e sta con Gesù; in questo episodio la combina ancora più grossa, perché sparge su Gesù in abbondanza un profumo di gran prezzo: sono 10 mesi di stipendio di un operaio.

Mi piace immaginare che i discepoli e Giuda avranno accompagnato un’espressione più colorita al “perché questo spreco?” e “non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?”.

Nella logica del mondo hanno ragione lorocosì come è giusto pensare sia uno spreco, è corretto pensare che sia un gesto folle, così come aveva ragione Marta a rimproverarla perché non ‘stava facendo servizio’.

E’ la logica che c’è ancora oggi anche in molti ambienti, anche cristiani: la logica del ‘devo fare volontariato’, ‘devo risparmiare’, per un bene superiore ovviamente, devo fare. Una sorta di collezione di medaglie delle svariate forme di ‘servizio’. Fare, fare, fare.

Blocchiamoci.

Gesù ancora una volta sorprende tutti prendendo le difese di questa donna: “Lasciatela stare” e “i poveri li avrete sempre con voi, ma non sempre avete me”. E’ come se Gesù ci invitasse a non “fare” per lui ma a “stare” con lui.

Come osservava Carlo Mario Martini “in questo quadro della cena di Betania possiamo vedere qui raffigurati tutti noi ciascuno a suo modo, ciascuno con la sua disponibilità o indisponibilità, sta a noi vedere se vogliamo essere come Marta, Maria, Lazzaro o i commensali di Gesù.

Altri, purtroppo, si muoveranno su un piano diverso: criticheranno come farà Giuda Iscariota (perché questo spreco?) o guarderanno da lontano con curiosità senza trarne giovamento.

Addirittura potremmo essere chiamati come è chiamata Maria a versare pienamente il vaso di alabastro, l’unguento che possediamo per onorare Gesù, potremmo compiere davvero l’opera meravigliosa di Maria che riempie di gioia il Signore”.

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