Dove certe stravaganze laiciste fanno rima con… (e anche senza)

“Laici” rigorosi, ma talora stravaganti e persino esilaranti. Sabato (1/11) doppia gara sul “Fatto” (p. 22: «Papa Francesco e il vizio dell’ingerenza») Massimo Fini furente: «Papa Bergoglio ha stufato, la deve smettere di intromettersi negli affari interni dello Stato italiano: ha dichiarato che la carcerazione preventiva quando in forma abusiva procura un anticipo della pena… costituisce un’altra forma di pena illecita occulta, al di là di una patina di legalità». Fini imperativo: «Il magistero della Chiesa non può comprendere l’organizzazione giudiziaria di uno Stato». Dunque un uomo di Chiesa, dal Papa in giù, non può parlare di giustizia, per esempio dicendosi contrario alla pena di morte, o occuparsi di umanizzare le carceri, o chiedere aiuti per il recupero dei detenuti tornati in società: sarebbe «intromissione»? Che cosa sarà mai successo a un Fini di solito acuto, per non capire questo assurdo e invocare persino la compagnia del «Conte Camillo Benso di Cavour», «Libera Chiesa in libero Stato». Talora l’urgenza di riempire spazi in pagina si fa micidiale. Lo conferma, stesso “Fatto”, un’altra “indignazione” molto laicista, e assai ridicola. A piena pagina 14 leggi che il presidente Napolitano ha ricordato che Scalfaro, in un «campo di relazioni sue e strettamente personali aveva un rapporto privilegiato con organizzazioni cattoliche di assistenza ai detenuti». Ex ministro dell’Interno Scalfaro aveva conosciuto anche per ragioni di ufficio monsignor Cesare Curioni, prima cappellano a San Vittore per 30 anni e poi Ispettore capo dei Cappellani delle carceri. Cosa ufficialissima e nota da sempre? Sì, ma nel titolone rosso e nero l’accusa – «Era Scalfaro che incontrava i cappellani delle carceri» – dice che al “Fatto” la fissazione della laicità in pericolo, con o senza Fini, fa rima baciata, e senza confini!

a cura di Gianno Gennari – avvenire

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