Don Milani, le “Esperienze” rivalutate dalla Chiesa

Erano gli anni del dopoguerra, a cavallo del Cinquanta. L’Italia si stava trasformando. Don Lorenzo Milani, cappellano a San Donato di Calenzano, grosso borgo rurale tra Firenze e Prato, registrava in modo metodico come vivevano la fede i suoi parrocchiani in un tempo di profondi cambiamenti sociali e nella consapevolezza che la Chiesa cattolica rischiasse di rimanere culturalmente e sociologicamente tagliata fuori dai ritmi della nascente civiltà industriale. I dati, le osservazioni e le denunce che scaturivano da quell’indagine trovarono spazio, alcuni anni dopo, sulle pagine di Esperienze pastorali.

Don Milani all’inizio non ci pensava nemmeno a una pubblicazione: «Raccoglieva, per suo uso, tutte le notizie e i pensieri che via via gli parevano utili per una maggior conoscenza del suo popolo». Il libro, iniziato otto anni prima, fu pubblicato nel maggio 1958, quando don Milani (che era nato nel 1923) era già da quattro anni parroco a Barbiana. Dal testo, oltre alla critica alla pastorale fino ad allora seguita dalla Chiesa, emergeva un dissenso politico, un linguaggio a volte provocatorio e dissacrante, e la rivendicazione sociale da parte della popolazione delle compagne che don Milani tradusse anche in articoli di una ipotetica legge («La terra appartiene a chi ha il coraggio di coltivarla, le case coloniche appartengono a chi ha il coraggio di starci, il bestiame appartiene a chi ha il coraggio di ripulirgli ogni giorno la stalla…»), mentre chiedeva di «recuperare anche tutte le ricchezze che per secoli son partite dalla terra verso i salotti cittadini» e di «rendere queste ricchezze ai loro veri proprietari, trasformarle in bagni, sciacquoni, scuole, strade, trattori, canali». Ma soprattutto in scuole.

Don Milani era convinto che l’ignoranza impedisse la formazione religiosa del cristiano. Per questo un giorno a San Donato, don Lorenzo prese il pallone e il ping pong e li buttò nel pozzo che era in mezzo al cortile della canonica. Al posto dei giochi organizzò una scuola serale per giovani operai e contadini: «La scuola – diceva – era il bene della classe operaia, la ricreazione la rovina; bisognava che i giovani con le buone o con le cattive capissero la differenza e si buttassero dalla parte giusta». Ma nel dicembre del 1958 Esperienze pastorali fu ritirato dal commercio e la lettura del libro ritenuta inopportuna. Adesso la Congregazione per la dottrina della fede fa sapere che si trattò di un intervento prudenziale, che oggi non ha più motivo di essere. Lo rivela il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, in un’intervista rilasciata al settimanale “Toscana Oggi” in occasione della Pasqua. «Nel novembre scorso, dopo un accurato lavoro di ricerca, ho inviato al Santo Padre – spiega Betori – un’ampia documentazione su Esperienze pastorali. Nel dossier, composto da numerose pagine più gli allegati, attiravo l’attenzione sul fatto che uno dei libri fondamentali, l’unico libro direttamente scritto da don Lorenzo Milani, Esperienze pastorali, appunto, era ancora sotto la proibizione di stampa e di diffusione. Questo dossier il Papa lo ha passato alla Congregazione per la dottrina della fede che proprio in questi giorni mi ha risposto sottolineando innanzitutto una cosa che spesso sfugge, ovvero che non c’è stato mai nessun decreto di condanna contro Esperienze pastorali né tantomeno contro don Lorenzo Milani.

Ci fu soltanto una comunicazione del Sant’Uffizio a monsignor Florit, allora Arcivescovo coadiutore di Firenze, con cui si chiedeva di ritirare dal commercio il libro e di non ristamparlo o tradurlo. Quindi non c’è stato mai un decreto che in qualche modo dava un giudizio di condanna dell’opera e dell’autore. L’intervento aveva un chiaro carattere prudenziale ed era motivato da situazioni contingenti. Oggi la Congregazione mi dice che ormai le circostanze sono mutate e pertanto quell’intervento non ha più ragione di sussistere. Da ora in poi la ristampa di Esperienze pastorali non ha nessuna proibizione da parte della Chiesa e torna a diventare un patrimonio del cattolicesimo italiano e in particolare della Chiesa fiorentina, un contributo alla riflessione ecclesiale da riprendere in mano e su cui confrontarsi».

 

Andrea Fagioli – avvenire.it