Don Manenti, prete e psicologo

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don Manenti

Fabrizio Rinaldi, che ha inviato questo scritto sulla figura e sul pensiero di don Alessandro Manenti, è direttore dell’Istituto superiore di scienze religiose dell’Emilia e docente di Antropologia teologica, di Escatologia e di Cristologia.

Martedì 27 agosto è morto don Alessandro Manenti, presbitero della diocesi di Reggio Emilia, psicologo e psicoterapeuta, docente, accompagnatore, collega e carissimo amico. Chi ha avuto il dono e il piacere di conoscerlo sa che non è possibile in poche righe descrivere la complessità di una figura così poliedrica.

Riservato sulla sua vita personale, Manenti preferiva non si parlasse tanto di lui anche in ambito pubblico quanto piuttosto delle prospettive di vita e di pensiero che si aprivano attraverso i numerosi e intensi dialoghi che intratteneva.

Ho deciso dunque di tratteggiare qualche aspetto della sua persona a partire da alcuni dei suoi scritti più significativi, ammettendo fin da subito l’inevitabile incompletezza di questa operazione.

Il pensare psicologico. Aspetti e prospettive (1996)

Don Sandro ha sempre cercato di promuovere un dialogo interdisciplinare, chiamando in causa diversi orientamenti di psicologia, spiritualità e formazione. Questa ricerca si è declinata costantemente nella sua vita sia sul piano teorico (convegni, pubblicazioni, fondazione dell’Istituto per formatori e della rivistaTredimensioni) sia in quello pratico, e lo ha portato, tra le altre cose, a collaborare in modo stabile con la scuola di psicoterapia adleriana di Reggio Emilia.

Dopo anni di esperienza in questo campo, ne Il pensare psicologico, don Sandro delinea una proposta epistemologica per la psicologia: fedele al proprio metodo empirico, essa deve partire dal vissuto delle persone, sviluppare modelli concettuali per comprenderlo e aiutare i soggetti nelle loro difficoltà. Ma, proprio quando la persona è più libera da condizionamenti vari (ideologie, esperienze del passato, pressioni ambientali), le domande esistenziali si fanno più profonde e intense: non più preoccupato di risolvere i problemi contingenti, il soggetto si interroga su cosa fare della propria libertà e della propria vita.

La psicologia non può offrire una risposta a partire da costruzioni teoriche (altrimenti perde la sua specificità diventando una sorta di filosofia) ma deve rimanere accanto al soggetto e valutare, con il suo metodo empirico, la bontà delle sue risposte.

La psicologia si trova, quindi, a delineare linee di antropologia, constatando come alcune scelte portano la persona a chiudersi progressivamente alle relazioni e fanno come appassire la vita, altre invece promuovono uno sviluppo ulteriore, una maggiore disponibilità all’incontro e una creatività nel dare forma alle proprie intuizioni.

A questo livello la psicologia si ritrova, in ultima istanza, a dialogare con le discipline che si occupano di chi è l’uomo e di quale sia una vita bella e buona, e può portare un contributo significativo a patto di entrare in questo dialogo rimanendo fedele al proprio metodo.

Vivere gli ideali /1. Tra paura e desiderio (1988)

Una delle attività principali di don Sandro, che ha condotto con immutata passione anche negli ultimi anni di vita, è stata quella di accompagnare il cammino di crescita delle persone.

La sua prospettiva interdisciplinare ha sempre cercato di aiutare il soggetto a coniugare insieme il proprio vissuto con una prospettiva di senso aperto alla trascendenza che, per i cristiani, trova forma e compiutezza nella relazione con Cristo.

Nel testo Vivere gli ideali egli descrive alcune prospettive riduttive a cui va incontro la vita spirituale quando prevalgono nel soggetto la noia, la paura o il senso del dovere.

Ma il centro del libro ruota intorno al concetto che seguire il Dio cristiano non è fare un patto di interesse quanto piuttosto accettare una logica che supera la propria e che può apparire azzardata e quasi assurda. Il soggetto che prende seriamente sia il proprio vissuto sia l’annuncio del Vangelo si trova prima o poi a un “punto critico” nel quale sperimenta come Dio non garantisce di proteggere la sua vita da imprevisti e sofferenze. Anzi, lo invita a una relazione così stretta con Sé da richiedere una «rinuncia all’autogestione» della propria vita, una donazione radicale che può portarlo fin sulla croce.

È in questo passaggio critico che si infrange la religiosità funzionale (Godin) e che il soggetto può fare un atto di fede profondo, un «colpo di testa fatto con cuore» che supera la logica del tornaconto e che cambia radicalmente la sua prospettiva esistenziale.

Coppia e famiglia. Come e perché (1993)

Don Sandro si è molto speso non solo nell’accompagnamento di singoli ma anche di coppie, famiglie e gruppi. Per diversi anni è stato anche direttore del consultorio familiare della diocesi di Reggio Emilia.

In un continuo intreccio tra riflessione ed esperienza di accompagnamento, egli ha individuato una proficua convergenza tra l’approccio psicologico di tipo sistemico e la visione del matrimonio trasmessa e proposta dalla Chiesa cattolica. In entrambi i casi al centro dell’attenzione non c’è una persona, ma la relazione tra le persone ed è questa relazione che deve crescere e maturare affinché la famiglia possa vivere la sua vocazione.

Sempre a partire dai vissuti concreti, è possibile riconoscere uno stile tipico di quella specifica famiglia, un modo abituale di rapportarsi alle novità e ai problemi che si presentano e che coinvolge la famiglia tutta, intesa come un insieme.

Questa modalità comune e condivisa, più o meno consapevolmente, dai singoli membri (il come) può essere esplicitata, criticata, rivista e soprattutto confrontata con quello che le persone realmente desiderano per la propria famiglia (il perché).

Anche in questo caso più le domande diventano esplicite, intense e, al tempo stesso, capaci di toccare la vita concreta, affettiva e relazionale della famiglia e più “il vangelo del matrimonio” diventa capace di sprigionare la sua forza attrattiva e salvante.

Vivere gli ideali/2. Tra senso posto e senso dato (2004)

Scritto a 16 anni di distanza rispetto a Vivere gli ideali/1, questo testo ne riprende i contenuti di fondo ma attraverso una prospettiva ben diversa.

Don Sandro è stato molto attento a cercare e a creare spazi di dialogo e di confronto anche con il mondo e con il pensiero di persone non credenti purché aperte a condividere una ricerca di maggiore verità e comprensione.

Tra le tante persone accompagnate da don Sandro non si contano solo seminaristi, suore o famiglie, più o meno in crisi. Ci sono anche laici, imprenditori, uomini e donne che avvertivano l’esigenza di approfondire la conoscenza di sé e di affrontare più consapevolmente le domande che la vita suscitava loro.

Al tempo stesso, don Sandro ha sviluppato il dialogo con il mondo “laico” attraverso convegni, collaborazioni e dialoghi con esperti di altre discipline (es. diritto civile e canonico) e con discipline affini ma con orientamento diverso (come la scuola di psicoterapia adleriana).

Nel testo Vivere gli ideali/2, don Sandro descrive la vita interiore del soggetto in termini esplicitamente relazionali, comprendendo l’uomo come un essere in continuo dialogo con la vita e il suo mistero.

Anche il linguaggio utilizzato è volutamente molto laico, alternando capitoli più tecnici (come quello sul circolo ermeneutico) a capitoli più evocativi e descrittivi. Infatti – ricorda don Sandro – non è necessario conoscere le leggi della fisica per capire se il proprio termosifone in casa funziona o è rotto. È sufficiente appoggiare la mano e sentire se è caldo. Così anche “l’uomo comune” non deve essere necessariamente esperto di psicologia o di teologia ma, se diventa attento al proprio vissuto, si accorge se il suo dialogo con la vita e il suo significato sta funzionando o meno.

Comprendere e accompagnare la persona umana (2013)

Don Sandro non è mai stato un pensatore sistematico, il suo scopo non era realizzare un sistema concettuale ben definito in tutti i suoi aspetti quanto piuttosto aprire prospettive, domande, orizzonti nuovi di significato.

Questo testo riprende molte intuizioni maturate in anni di colloqui formativi e di confronti tra colleghi. Come al solito, però, egli non si limita a suggerire “tecniche” ma sviluppa riflessioni che vanno a toccare la concezione stessa di persona umana. Per questo egli insiste a più riprese sulla «dialettica di base», una visione antropologica che intende la persona come un essere costitutivamente sbilanciato verso il trascendente eppure mai capace di realizzare in pieno questa sua propensione. Fedele al cielo ma anche fedele alla terra, solo così l’uomo può vivere con passione la sua vita e i suoi desideri più profondi.

È questa visione che attraversa tutti gli scritti di Manenti e che si sviluppa in molteplici risvolti e prospettive sia psicologiche sia educative e, infine, spirituali.

Tredimensioni

Da poco terminato come studente l’Istituto di psicologia della Pontificia Università Gregoriana, don Alessandro intuì l’importanza di rendere più diffuse e accessibili tante competenze interdisciplinari che realmente possono far fare un salto di qualità ai percorsi formativi dentro e fuori la Chiesa.

Questa intuizione si concretizzò in varie forme, tra le quali l’apertura della collana “Psicologia e Formazione” (edita dalle Dehoniane di Bologna) insieme ad Amedeo Cencini, la fondazione di una Scuola per formatori divenuta negli anni un Istituto superiore per formatori affiliato alla stessa Università Gregoriana.

Nel 2004 inizia anche la rivista Tredimensioni che, espressione dell’Istituto per formatori, si propone di rilanciare continuamente il dialogo e l’integrazione tra psicologia, spiritualità e formazione.

Don Alessandro ha iniziato molti percorsi e ha sempre cercato di rendere persone e istituzioni autonome dalla sua figura. Non attaccato ai ruoli, negli ultimi anni ha progressivamente lasciato tutti i ruoli di direzione e di docenza che rivestiva presso vari enti accademici.

In occasione del suo 70° compleanno e con la fine del suo ruolo di direttore della rivista, Tredimensioni gli ha dedicato un intero numero, non per celebrare la sua persona ma per rilanciare alcune delle sue prospettive di pensiero più promettenti.

Per motivi organizzativi, il numero è uscito nel 2019 pochi mesi prima della sua morte. A quello rimandiamo chi vuole conoscere meglio la sua figura e il suo pensiero.

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