Domenica prossima saranno ordinati 14 Diaconi Permanenti: Una riflessione di mons. Marmiroli in preparazione all’Ordinazione del 13 gennaio

Se non sbaglio sono 57 le parrocchie che così avranno o diaconi ordinati o candidati in cammino. Se poi pensiamo che molte di queste sono in unità pastorale con altre, la presenza, la grazia, il servizio dei diaconi non sono più riservati a qualche comunità “d’avanguardia” e, tanto meno, sono una realtà “clandestina”.
È poi interessante rilevare che tutti provengono da impegni parrocchiali che li hanno segnalati ai fedeli e dei quali i fedeli hanno riconosciuto il valore, le attitudini: in sostanza, tutti laici impegnati e sensibili alla collaborazione fino alla corresponsabilità; tanto da essere disponibili ad assumere un servizio permanente. Se fino agli anni Novanta il problema dei diaconi era farsi “accettare”, oggi il problema diventa la piena valorizzazione del loro ministero. La prima condizione, e previa, è cogliere l’immagine di Chiesa che il diaconato esprime.
Tutta la comunità è chiamata a verificarsi perché, solo se consapevole, può accoglierne tutto l’arricchimento che ne deriva.
Anzitutto l’esame di coscienza sereno, ma altrettanto serio, deve avvenire da parte dei diaconi: è per questo che mettiamo la formazione spirituale e permanente come primo loro impegno. Su questa deve convenire la sensibilità dei rispettivi parroci, convinti tutti che è sempre tempo donato al servizio il tempo dedicato a motivare meglio la propria vocazione, soprattutto quando si tratta di un ministero che si inserisce nella grazia del matrimonio e nelle relazioni professionali.
L’occasione è buona anche per le stesse nostre comunità per una appassionata e spassionata verifica sullaministerialità dei laici, sulla sua necessità e sulla sua accoglienza. Ne parliamo da tempo; avvertiamo i vuoti creati dall’invecchiamento dei presbiteri; lamentiamo la fatica di una pastorale che mette in cantiere tante iniziative ma non crea inversione di tendenza nelle nostre parrocchie; ma quanto il salto dal volontariato al “mandato” è stimato, favorito, preparato?
Dobbiamo passare da comunità “ben servite” a comunità che “si mettono a servizio” della propria vitalità e quindi della evangelizzazione, diventata oggi una vera “missione” anche nelle nostre terre cristiane.
In questa ottica il diaconato, come ricordava spesso Don Alberto Altana, ha senso se diventa “fattore ed espressione di un rinnovamento”: in concreto, punta di diamante di una comunità cosciente di essere Corpo vivo di Cristo e quindi tutta corresponsabile nel servizio del Vangelo.
Promuovere il diaconato significa allargare l’orizzonte, promuovendo un retroterra di fedeli laici che non riducono l’impegno per la propria comunità al solo volontariato. Un impegno che non si fermi alla efficienza del servizio interno, ma che esca come testimonianza nelle realtà del mondo. Così ci ricorda la Christifideles laici: “Urge rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali che vivono in questi paesi e in queste nazioni” (34).
In diocesi c’è un vero fermento di partecipazione “ministeriale” dei laici. Già i numeri dicono qualcosa. Oltre un migliaio di ministri straordinari della Comunione, oltre una cinquantina sia di Lettori che di Accoliti istituiti, oltre il centinaio i Diaconi con la prossima Ordinazione, una trentina di aspiranti nei corsi propedeutici al diaconato.
Questi servizi, specie il diaconato, ci aiutano ad alimentare anzitutto, e quindi a conservare, la presenza attiva e capillare della Chiesa in mezzo alla nostra gente, vicino ai problemi della vita feriale, accanto ad ogni sofferenza e povertà. La nostalgia del prete onnipresente per le strade e nelle case dei nostri paesi è un bel ricordo; rimane sterile se non ci aiuta a scoprire, ad apprezzare e sostenere quella rete di impegni che i laici possono tessere con la loro partecipazione corresponsabile, animata da nuove forme di ministero che la Chiesa ha in serbo per opera dello Spirito, sempre più lungimirante dei nostri poveri calcoli umani. Allo Spirito però occorre offrire un cuore aperto, libero e disponibile!