Dischi sacra: Giovanni Gabrieli, meraviglie sonore alla luce dei mosaici di San Marco

Le opere sacre di Giovanni Gabrieli (1557-1612) rappresentano la sintesi perfetta tra musica, dimensione sonora e spazio architettonico. La celebrazione di un magistero assoluto che, tra le arcate armoniche sviluppate lungo l’asse di una solida tradizione polifonica, ha impresso il proprio autorevole sigillo su una delle più straordinarie stagioni della vita artistica di Venezia e del suo tempio, quella Basilica di San Marco la cui struttura ha esercitato un’influenza così decisiva sull’impronta creativa del compositore.
Con grande efficacia Gabrieli è infatti arrivato a sfruttare la particolare disposizione dei due organi, collocati in parti opposte rispetto al presbiterio, concependo complesse partiture a più voci e riuscendo a ottenere uno una sorta di sdoppiamento sonoro, quasi un effetto stereofonico ante litteram, attraverso opere scritte appositamente per cori contrapposti che sono divenute nel tempo un vero e proprio marchio di fabbrica della produzione musicale della Serenissima.
È ai tesori di questo straordinario repertorio che attinge il programma del disco intitolato Sacred Symphonies, in cui, sotto la scrupolosa e tentacolare direzione di Jeffrey Skidmore, si cimentano le compagini Ex Cathedra, Concerto Palatino e His Majestys Sagbutts and Cornetts (cd pubblicato da Hyperion e distribuito da Sound and Music). La raccolta si apre con il sontuoso Vox Domini super aquas Jordanis a 10 voci e si chiude con il caleidoscopico Exultet iam angelica turba a 17 voci, esempi paradigmatici degli spettacolari giochi di contrasti timbrici e dinamici, di scambi, rimbalzi, echi e risposte tra diversi gruppi vocali e strumentali dello “stile gabrieliano”. All’interno sono però racchiuse anche gemme più intime e riflessive come le splendide Litaniae Beatae Mariae Virginis o il mottetto O Jesu mi dulcissime: pagine attraversate da luci e colori, movimenti e prospettive che, in punta di pennello, Skidmore sembra richiamare in vita dalle grandi tele del Veronese, per sancire insieme il potere terreno e la gloria celeste evocati da armonie sublimi. E alla fine pare quasi di vederli quei musicisti, disposti tra i palchetti, le nicchie, le balconate e le cantorie di San Marco: una festa per gli occhi, ma anche per le orecchie.

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