Dio è al servizio della nostra felicità, commento al Vangelo di Domenica 11 Agosto 2013

XIX Domenica
Tempo ordinario-Anno C

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma (…) Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo» (…).

Nell’ora che non immaginate viene il figlio dell’uomo. Viene, ma non come una minaccia o un rendiconto che incombe. Viene ogni giorno ed ogni notte e cerca un cuore attento. «Come un innamorato, desidera essere desiderato. Come l’amata io lo attenderò, ben sveglio: non voglio mancare l’appuntamento più bello della mia vita!» (M. Marcolini).
La parabola del signore e dei servi è scandita in tre momenti. Tutto prende avvio per l’assenza del signore, che se ne va e affida la casa ai suoi servi. Così Dio ha consegnato a noi il creato, come in principio l’Eden ad Adamo. Ci ha affidato la casa grande che è il mondo, perché ne siamo custodi con tutte le sue creature. E se ne va. Dio, il grande assente, che crea e poi si ritira dalla sua creazione. La sua assenza ci pesa, eppure è la garanzia della nostra libertà. Se Dio fosse qui visibile, inevitabile, incombente, chi si muoverebbe più? Un Dio che si impone sarà anche obbedito, ma non sarà amato da liberi figli.
Secondo momento: nella notte i servi vegliano e attendono il padrone; hanno cinti i fianchi, cioè sono pronti ad accoglierlo, a essere interamente per lui. Hanno le lucerne accese, perché è notte. Anche quando è notte, quando le ombre si mettono in via; quando la fatica è tanta, quando la disperazione fa pressione alla porta del cuore, non mollare, continua a lavorare con amore e attenzione per la tua famiglia, la tua comunità, il tuo Paese, la madre terra. Con quel poco che hai, come puoi, meglio che puoi. Vale molto di più accendere una piccola lampada nella notte che imprecare contro tutto il buio che ci circonda.
Perché poi arriva il terzo momento. E se tornando il padrone li troverà svegli, beati quei servi (si attende così solo se si ama e si desidera, e non si vede l’ora che giunga il momento degli abbracci). In verità vi dico, – quando dice così assicura qualcosa di importante – li farà mettere a tavola e passerà a servirli. È il capovolgimento dell’idea di padrone: il punto commovente, sublime di questo racconto, il momento straordinario, quando accade l’impensabile: il signore si mette a fare il servo! Dio viene e si pone a servizio della mia felicità!
Gesù ribadisce due volte, perché si imprima bene, l’atteggiamento sorprendente del signore: e passerà a servirli. È l’immagine clamorosa che solo Gesù ha osato, di Dio nostro servitore, che solo lui ha mostrato cingendo un asciugamano. Allora non chiamiamolo più padrone, mai più, il Dio di Gesù Cristo, chino davanti a noi, le mani colme di doni.
Questo Dio è il solo che io servirò, tutti i giorni e tutte le notti della mia vita. Il solo che servirò perché è il solo che si è fatto mio servitore.
(Letture: Sapienza 18, 6-9; Salmo 31; Ebrei 11, 1-2. 8-19; Luca 12, 32-48)

di Ermes Robchi – avvenire.it