Dilemmi “laici”: cattolici liquidi, solidi o gassosi?

Tante pagine ieri sul cardinale Scola che parla di Stato laico e libertà religiosa. Sintesi (“Corsera”, p. 29): «Sì allo Stato aconfessionale, no all’idea secolare e alla neutralità». Più precisa “L’Unità” (p. 6): «…la laicità non sia idolo antireligioso». Lo Stato, pur «senza far propria una specifica visione, non interpreti la sua aconfessionalità come distacco», cioè ostilità «ai valori della coscienza religiosa… nel rispetto della natura plurale della società». Capito bene da tutti? No. Qui tutti invocano “laicità”, ma se tu la vuoi “corretta” son subito strilli. La vogliono “scorretta”. Infatti per alcuni e anche illustri, lo Stato è “laico” solo se antireligioso e non fa spazio a ciò che, pur liberamente approvato dalla maggioranza dei cittadini, può apparire di gradimento ecclesiale. E infatti subito litania di repliche. Su “Repubblica” (p. 1 e interno) il rimprovero di Vito Mancuso: Scola ha parlato dell’Editto di Milano liberatore per i cristiani (313), ma non ha raccontato i 1.700 anni successivi con tante ombre. Lui voleva l’enciclopedia! E forse poteva anche leggere lo Scola “storico” su Avvenire del giorno precedente… Indignato (“La Stampa”, p. 1 e interno) anche Rusconi perché secondo lui per Scola «laicità» dello Stato è «secolarizzazione che sconfina nel nichilismo». C’è anche il sindaco Pisapia, «non convinto» perché «nessun credo va privilegiato». Leggi e, anche da fatti concreti recenti, sospetti che per lui ciò voglia dire “privilegiare” solo ogni “non credo”. Mah! Sul “Fatto” (p. 22) Marco Politi pensa invece alla politica e annuncia festoso nel titolo «Il vicolo cieco dei cattolici». Li vede diventati «estremamente liquidi», e non sa proprio dire, lui, dove vadano. Meglio gassosi? O solidi come 50 anni fa? Bel dilemma…

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