Dentro la banca. Una famiglia su due torna a risparmiare

Una famiglia su due torna a risparmiare

I segni della ripresa economica nel nostro Paese interessano oramai quasi tutte le categorie di operatori economici; sale infatti al 65% la percentuale di chi dichiara di possedere un reddito sufficiente per il proprio tenore di vita; mentre l’area del non-risparmio, ossia delle famiglie che non hanno messo da parte nulla negli ultimi dodici mesi, si contrae sino al 54%.

Parallelamente, la percentuale di famiglie risparmiatrici si porta oltre il 46%. La propensione al risparmio risale invece al 14% del reddito. La ripresa insomma si consolida: il 65% dei risparmiatori dichiara di avere un reddito soddisfacente per il proprio tenore di vita. La principale ragione di risparmio è quella precauzionale, che interessa il 44% circa della clientela retail degli Istituti di Credito. Seguono il futuro dei figli, la vecchiaia e la casa. Solo il 22% di chi ha meno di 35 anni dichiara però di aver sottoscritto il secondo o il terzo pilastro pensionistico e beneficerà di una forma di integrazione della pensione obbligatoria. Tende infatti a prevalere una certa passività nei confronti dei rischi collegati all’invecchiamento: si provvede da soli ad accantonare il necessario per auto-assicurare i rischi legati alla vecchiaia. Ma quali sono le tendenze dei risparmiatori italiani? Al primo posto senz’altro figura l’obiettivo di non perdere nulla di quanto ha risparmiato. La sicurezza rimane il principale obiettivo; seguono il rendimento di breve periodo (15%), la liquidità (12%) e, per ultimo, il rendimento nel lungo periodo (7%).

Il risparmio gestito ha oramai superato l’investimento in obbligazioni; la luna di miele dei risparmiatori con le obbligazioni è terminata: sono detenute oramai solo dal 20% dei titolari di dossier titoli e, per costoro, esse rappresentano solo il 25% dell’attivo. Dalle obbligazioni gli investitori sono usciti in due direzioni: la liquidità (con rendimenti contenuti) e il risparmio gestito. Il 22% circa di chi risparmia detiene il possesso di almeno una forma di risparmio gestito: i sottoscrittori di fondi comuni di investimento sono circa il 12% , quelli di ETF il 7,%, quelli di polizze unit linked il 3%. Analizzando il comportamento dei nostri risparmiatori nel campo assicurativo rileviamo invece che mentre la sottoscrizione di una polizza che paga un capitale in caso di morte è riferibile solo al 9% della clientela, le polizze vita che hanno un contenuto pensionistico-previdenziale sono invece più diffuse. Ne possiede almeno una il 17% del totale; il 28% degli imprenditori; il 24% dei dirigenti; il 18% degli impiegati; il 21% degli operai. La propensione a sottoscrivere una polizza del terzo pilastro da parte di chi ancora ne è sprovvisto è del 16%; mentre la diffusione delle polizze sanitarie riguarda solo il 10% del bacino ‘retail’.La sottoscrizione di queste polizze è direttamente correlata al livello del reddito.

Appare invece destinata a crescere la business insurance: aumentano i rischi del“fare impresa”: da quelli informatici, a quelli di responsabilità civile, a quelli legati alla internazionalizzazione delle aziende. Il 30% di chi ha un’attività di impresa ha un’assicurazione sui beni strumentali del suo lavoro e il 19% ha una polizza di RC. Il meno assicurato in assoluto è il rischio informatico (3%). L’analisi generale conferma l’ipotesi che gli italiani siano sotto-assicurati. Ad esempio, solo il 25 per cento dei proprietari ha un’assicurazione sulla casa; solo il 9,5 per cento ha un’assicurazione per la responsabilità civile, solo il 14% ha sottoscritto un fondo pensione aperto o chiuso, In definitiva, pur con 1,5 polizze assicurative pro-capite, gli italiani hanno in portafoglio più rischi futuri che coperture. Le maggiori cause sono riconducibili alla sottovalutazione e sottostima dei rischi, anche dovuta a una poco competenza ed esperienza media in economia e finanza.

da Avvenire