Dal carcere di Reggio Emilia mascherine per i bambini ugandesi

Villaggio ugandese

La solidarietà che non ti aspetti e che viene da un ambiente notoriamente ostile. Succede a Karamoja, nel nord-est dell’Uganda, dove in una regione semiarida abitata principalmente dai karamojong dediti alla pastorizia, vive e presta il suo servizio pastorale il missionario comboniano Padre Marco Canovi. Al religioso, che vive in Uganda da cinquanta anni, è stato annunciato nei giorni scorsi che i detenuti del carcere di Reggio Emilia stanno confezionando mascherine per i suoi bimbi della missione di Apeitolim.

L’iniziativa dell’associazione Gens Nova

L’idea è venuta ad Anna Protopapa dell’associazione Gens Nova che, entrata in contatto con la realtà del carcere nel pieno dell’emergenza sanitaria da Covid-19, non ha smesso di lavorare alla creazione di reti solidali che coinvolgano anche i detenuti. Immediata l’adesione del direttore della casa circondariale reggiana, Gianluca Candiano, della comandante commissario capo Rosa Cucca e soprattutto degli ospiti. Le macchine da cucire sono state fornite da alcune canoniche del circondario, mentre i materiali sono stati donati da alcune aziende.

Entusiasmo e pieno coinvolgimento dei detenuti

“Circa due mesi fa” racconta Protopapa “mi sono attivata sul territorio reggiano per donare dispositivi di protezione individuale (Dpi) alle forze dell’ordine e ad alcune realtà, tra cui la casa circondariale. Durante l’incontro con il comandante Cucca è emersa la necessità di tutto l’istituto di disporre di ingenti quantità di Dpi. Da qui l’idea di far confezionare mascherine ai detenuti. Il mio impegno principale, continua, è stato quello di reperire materie prime facendo appello alla generosità di imprenditori, commercianti, privati. Abbiamo ricevuto un riscontro positivo non solo da realtà del luogo, ma anche dal Molise, Marche, Veneto. Ad oggi il materiale reperito attraverso tante piccole donazioni di tessuti è corrispondente a circa ventimila mascherine”. Tra i destinatari, oltre i bambini ugandesi, anche i piccoli pazienti dell’ospedale Regina Margherita di Torino. “Per loro abbiamo pensato ad una stoffa in tinta unita. Sono accompagnate da un pennarello per tessuti, per consentire ai bimbi di personalizzarle”.

Padre Canovi: “Commosso e stupito”

“Siamo abituati a testimonianze di solidarietà, ma non avremmo mai immaginato che avessero questa entità e questa provenienza” dice commosso ai microfoni della trasmissione di Radio Vaticana Italia, “I Cellanti”, Padre Canovi. “Grazie a nome dei miei bimbi e dei loro genitori. Il governo ugandese ha chiesto ad alcune aziende di confezionare mascherine, ma a distanza di tre mesi ancora non abbiamo ricevuto nulla. Il fatto che i detenuti di Reggio Emilia abbiamo pensato a questa comunità è davvero incredibile”.

Il Coronavirus e le nuove povertà

Il missionario comboniano rivela che da quelle parti il Coronavirus non ha colpito in modo violento. “Non abbiamo ancora morti, grazie a Dio. Ma le restrizioni hanno aumentato il tasso di povertà e c’è stato un incremento di casi di colera. Per sopravvivere mettono in bocca di tutto” continua. “Questa è una popolazione nomade che ha perso tutto il bestiame e per tirare avanti ha dovuto optare per l’agricoltura. Ma non è facile. Per cultura e storia personale non hanno familiarità con la zappa e aratro”. Ma almeno la pandemia, grazie alla solidarietà dei detenuti di Reggio Emilia, non li coglierà impreparati. Le mascherine per i bambini della missione di Apeitolim arriveranno presto e sono realizzate in tessuti a fantasie colorate. “E’ una testimonianza che incoraggia e dà speranza. L’egoismo che caratterizza troppo spesso le nostre esistenze è stato superato da un gesto di tenerezza che commuove chi ne viene a conoscenza” conclude Padre Canovi.

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