Da un monastero in Siria L’invocazione che sale tra il rumore delle armi

di Nicola Gori

La loro è una preghiera scandita dal crepitio delle armi che si avverte distinto dietro le porte delle piccole celle del monastero che faticosamente stanno tirando su, mattone dopo mattone. Tuttavia quel nugolo di coraggiose monache Trappiste italiane – che, partite otto anni fa dalla loro casa di Valserena, in Toscana, hanno scelto la Siria martoriata per la loro vita contemplativa – continua a rivolgersi fiduciosa al Signore della pace. Ne parla in questa intervista al nostro giornale la superiora suor Marta Luisa Fagnani

Come avete accolto l’appello di Papa Francesco a una giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo?

Con grande gioia. Forse è l’unica possibilità concreta di contrastare questa follia dilagante e di scongiurare un eventuale ulteriore intervento armato che certo non aiuterebbe quella popolazione già tanto martoriata. La preghiera e il digiuno sono come armi per vuotarsi di se stessi e per provare a essere più ragionevoli, per mettersi cioè in ascolto di una sapienza più profonda. Da parte nostra abbiamo iniziato a pregare accogliendo gli inviti che ci sono stati rivolti nella settimana di preghiera per la Siria. Stiamo cercando di organizzare qualcosa insieme con il parroco del villaggio per essere vicini a quanti pregheranno con il Papa sabato in piazza San Pietro.

La preghiera riuscirà a fermare le armi?

La preghiera è potente ne siamo convinte, altrimenti non avremmo scelto la nostra vita. La preghiera non è qualcosa di devozionale, non è un rifugio nella pace. È un’arma potente ma è al tempo stesso pacifica. Tocca il cuore, ha una forza propria. Lo crediamo fermamente.

Qual è la situazione della zona in cui vivete?

Siamo in un piccolo villaggio quasi al confine con il Libano. È a maggioranza alawita, anche se ci sono grandi villaggi sunniti. Oggi la gente è come sospesa, perché vive una preoccupazione di più legata alle conseguenze di un possibile attacco in massa anche dall’esterno del Paese. La preoccupazione è soprattutto, su cosa accadrà all’interno del Paese. Qui nella nostra zona la tensione è palpabile così come lo è la paura.

(©L’Osservatore Romano 8 settembre 2013)