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Sulla vicenda della docente di Palermo, sospesa per diversi giorni per l’accostamento che alcuni suoi alunni avevano fatto tra le “leggi razziali” e il “decreto sicurezza”, avevo scritto un articolo per un quotidiano sul ‘fare o meno politica a scuola’. Qualche giorno fa, in occasione della presentazione di due miei libri in una parrocchia, una signora si avvicina alla fine per ringraziarmi e mi mostra la pagina con il mio articolo, chiedendomi quando ne avrei scritto uno sul ‘fare o meno politica nelle realtà ecclesiali’. Oggi, più ci rifletto più mi vengono in mente gli stessi concetti applicati alla scuola e quindi provo a convertirli ecclesialmente.
Innanzitutto è giusto o sbagliato? La politica che deve restare fuori è quella partitica – quella della militanza di destra, centro, sinistra, con i relativi estremi di qua o di là, tranne che non si dibatta sulla cronaca, a partire dai giornali, da un evento particolarmente significativo, e sempre mostrando tutte le sfaccettature. Non si può e non si dovrebbe fare a meno, invece, della politica come ‘ricerca del bene comune’ o come ‘la più alta forma di carità’. In tal senso, parrocchie, oratori, movimenti e associazioni sono state in passato un laboratorio politico e di politica, palestre in cui imparare nella libertà e con responsabilità ad essere “onesti cittadini e buoni cristiani”, costruttori della società! Di questo abbiamo tanto bisogno e forse tante realtà con tale prospettiva dovrebbero ritornare in campo un po’ dovunque.
Scrivendo sulla scuola, ho affermato – per quanti vogliono al contrario una totale asetticità e distanza dalla politica nelle classi – di non dimenticarsi che ci sono pagine e pagine di Storia dedicate, capitoli di Geografia, ore di Cittadinanza e Costituzione, dibattiti e teorie della Filosofia. E come parlare di Dante senza toccare il tema politico? Come trattare Machiavelli, Foscolo, Alfieri, Manzoni? E andando indietro, possiamo forse eliminare tutte le tragedie greche sul tema o alcune commedie di Aristofane? Oppure c’è modo di conoscere davvero Cicerone senza?
Scrivendo, ora, sulla Chiesa direi che alcuni degli Autori citati calzano perfettamente, ai quali è bene aggiungere la sfera della santità citando tra i nomi Tommaso Moro, Giorgio La Pira, Alberto Marvelli, Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi, Robert Schuman, ma ci sono anche tanti re e regine dei secoli precedenti, molti “santi sociali”; è che dire dei papi come capi di stato, dei vescovi che hanno risposto a tutte le necessità della gente e dei parroci che in varie piccole realtà sono considerati più del sindaco. Certo, è vero che in diverse situazioni alcuni politici, formati in contesti ecclesiali, hanno sfruttato l’appartenenza per fini propri e di potere, nonché travisato gli insegnamenti, e persino tradito il Vangelo; ciò non vuol dire che non ci sia speranza, che è meglio non parlarne nei gruppi ecclesiali, che la politica resti fuori dagli oratori, che la Dottrina della Chiesa in tal senso si fermi ai convegni per gli addetti ai lavori o agli uffici di curia.
Così come a scuola non si dovrebbe studiare (ed insegnare!) per il ‘quanto basta’, per la ‘meno peggio’, per il ‘politically correct’, per sopravvivere e prendersi un pezzo di carta, bensì per capire e scoprire, per discernere e giudicare, per comprendere e desiderare di saperne di più, allo stesso modo e ancor meglio le realtà ecclesiali sono chiamate ad esprimere l’ansia pastorale per il bene comune, a testimoniare l’impegno per la cura del creato e della società, a scommettere sin dalla catechesi sulla formazione di “credenti credibili”, a mostrare la passione per il servizio responsabile nei confronti di ogni povertà. Tutto ciò è una scelta comunitaria oltre che personale, un’opzione pastorale fondamentale non secondaria, un altro modo di pregare e di servire il Vangelo.