Controstampa: senza fissa dimora gli eredi di Togliatti

“Gli eredi di Togliatti senza fissa dimora”. Così il titolo di Il manifesto (venerdì 24), che. per i 48 anni dalla morte di Palmiro Togliatti, fa la storia della storia del “Migliore”. Già l’Unità (mercoledì 22, giorno anniversario), con un articolo di Michele Prospero (filosofo della politica alla Sapienza, Roma), ne aveva descritto il fallimento politico: «Insisteva […] su “due strumenti che [sono parole di Togliatti] oso chiamare infallibili, perché la storia stessa più recente lo ha dimostrato: i nostri principi e la nostra organizzazione”». A questo giudizio Il manifesto altri ne aggiunge, ripescati qui e là: un articolo del 1981 di Giorgio Napolitano, ancora lontano dalla Presidenza; un “Addio a Togliatti e al socialismo reale” su l’Unità (1989); un discorso di Achille Occhetto (1988) che, inaugurando a Civitavecchia un monumento a Togliatti, «non aveva trovato di meglio che bollare quest’ultimo come “inevitabilmente corresponsabile” dello stalinismo» (a proposito dell’infallibilità…). Sull’Unità, Prospero aveva parlato del Pci di Togliatti come di «una macchina esemplare che ha funzionato a lungo come una riserva di democrazia”». Ma Il manifesto lo rimbrotta: «Cosa c’entra il partito di massa di togliattiana memoria […] ritagliata sui “Quaderni” di Gramsci, con l’odierno partito delle primarie e degli eletti a tutti i livelli?». Già: la democrazia interna inesistente nel Pci. Il manifesto voleva certamente difendere la pericolante memoria di Togliatti, invece le ha dato il colpo di grazia: «Ci si chiede perché [i suoi pochi epigoni] siano rimasti senza una vera casa». Di tutta la sua opera politica non è rimasto neppure un modesto abituro.

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