Contro la crisi libri esentasse

Tradurre il motto mens sana in corpore sano in principio fiscale. È l’obiettivo dichiarato dell’appello che chiede la deducibilità del cinquanta per cento delle spese librarie, promosso da Enrico Malato nella sua veste di presidente del Centro Pjo Raina e sottoscritto dalle maggiori istituzioni culturali italiane, dall’Accademia dei Lincei a quella della Crusca, dalla Fondazione Gramsci alla Società Dante Alighieri. L’elenco è lungo, e da ieri si è aggiunta la firma dell’Associazione italiana editori: «Ma prima di tutto – spiega Malato – ho voluto coinvolgere le grandi istituzioni culturali, perché non ci siano equivoci.

Qui non si tratta di guadagni, ma di salvare un prodotto che non è un prodotto qualsiasi: il libro». Punto di partenza è comunque la profonda crisi del mercato editoriale, crollato del quindici per cento negli ultimi due anni. E allora ecco la proposta: «Come possiamo dedurre dalla dichiarazione dei redditi le spese per i medicinali – corpore sano –, così dovremmo poter dedurre quelle per i libri – mens sana. I volumi sono il patrimonio delle persone colte, e lo strumento di lavoro di accademici, docenti, ricercatori. Ma anche queste categorie comprano meno libri; il mercato si contrae, gli editori soffrono, le librerie chiudono o ricorrono alla cassa integrazione. Naturalmente – precisa Malato – nel contesto attuale non è pensabile che lo Stato regali soldi a nessuno.

Ma il meccanismo della detrazione potrebbe auto-finanziarsi, compensando il minor gettito fiscale con la certificazione degli acquisti in funzione anti-evasione, da un lato, e con incrementi di vendite con i relativi effetti sul Pil, dall’altro». L’appello è diretto ai presidenti della Repubblica e del Consiglio e ai ministri dei Beni culturali e dell’Istruzione e ipotizza una deducibilità delle spese documentate per libri comprese tra i mille e i duemila euro (ma per gli insegnanti la soglia minima potrebbe scendere ancora, per le esigenze di aggiornamento professionale).

Certo, il nodo è quello delle coperture. Lo rimarca l’esperto di editoria Giuliano Vigini, che pure appoggia la proposta: «È giusta, anche per l’effetto contro l’evasione che si creerebbe grazie a una sorta di conflitto d’interessi virtuoso. Già in passato se n’era parlato, anche nel quadro della sempre attesa legge sul libro, ma non se n’è mai fatto nulla. Non è soltanto una questione economica: i libri sono un elemento importante del processo di sviluppo di un Paese. Non si tratta cioè di fornire una stampella al mercato editoriale quando zoppica, ma di creare le condizioni affinché non abbia più bisogno di stampelle». E questo aiuterebbe l’Italia nel suo complesso: «Le Regioni con i tassi di lettura più bassi – argomenta Vigini – sono anche quelle dove gli indicatori economici segnano i risultati peggiori. Perché meno lettura significa meno istruzione, meno cultura, meno creatività, meno inventiva».

Anche Gianni Cappelletto, presidente dell’Unione editori e librai cattolici (Uelci), sottolinea che «non si tratta solo di crisi economica, e quindi di contrazione del mercato. Certo, la crisi c’è ed è grave, come tutti possiamo constatare, ma forse ancora più grave è il problema culturale che affligge il Paese. Un italiano su due – ci dice l’Istat con i dati 2012 – non legge nemmeno un libro all’anno. Per questo non solo faccio mio l’appello, ma aggiungo la necessità di ridurre l’Iva sui libri elettronici, equiparandola a quella dei cartacei. È vero che gli e-book sono ancora agli inizi, e comunque credo che che non sostituiranno bensì affiancheranno i libri tradizionali; però stanno acquisendo sempre più peso all’interno del mercato editoriale, e bisogna tenerne conto».

L’attuale crisi colpisce il mondo del libro nel bel mezzo di una profonda ristrutturazione, anzi di una «rivoluzione digitale – prosegue Cappelletto – che vediamo già all’opera nel mondo della scuola e che pian piano coinvolgerà l’intera popolazione dei lettori. È su questo settore già in sofferenza che infierisce la crisi. L’editoria cattolica sembra tuttavia soffrire un po’ meno; non abbiamo ancora dati definitivi, però i primi elementi mostrano una contrazione leggermente inferiore rispetto al dato generale. Ma il quadro resta fosco, e colpisce tanto gli editori quanto i librai, i distributori, gli stampatori… tutto il comparto che ruota attorno al libro. L’Uelci sta studiando come intervenire a sostegno dei librai; intanto sul piano della distribuzione c’è già stata una grande innovazione, con l’unione dei tre maggiori distributori cattolici – Dehoniane, Elledici e Messaggero – in un’unica società, Proliber».

Ma per Cappelletto c’è un punto fermo: la scuola. «È da qui che dobbiamo partire, avvicinando i ragazzi ai libri non solo in un discorso puramente scolastico, ma facendo scoprire loro il piacere della lettura». E proprio in questa direzione Vigini propone di articolare la proposta di deducibilità: «Sappiamo che trovare le coperture sarà difficile. Ma se ci fosse uno spiraglio, io comincerei dai libri di testo, perché sono quelli che più incidono sulle famiglie. È una spesa significativa e per di più concentrata in un breve periodo: alleviarla significherebbe aiutare concretamente quelle famiglie che più di tutti sopportano il peso della crisi generale».

Edoardo Castagna – avvenire.it