Con Francesco sta accadendo un qualcosa di particolare nel “sentire” della gente comune

di Gianni Di Santo | 22 luglio 2013 – vinonuovo.it
Il fatto che tanta gente oggi avverta il Papa così vicino sta facendo di fatto venire al pettine la questione del clericalismo nella Chiesa

Con Francesco sta accadendo un qualcosa di particolare nel “sentire” della gente comune. Come se la novità “Francesco” fosse entrata improvvisamente nel vissuto dell’opinione pubblica. Al di là delle riflessioni che intorno a questo papa “venuto da lontano” i giornalisti di informazione religiosa fanno ogni giorno, quello che rimane davvero stupefacente sono le aspettative che ciò suscita in ogni luogo e in ogni “status” sociale. Sto annotando con cura le domande che medici, professionisti, avvocati, parrucchieri, giornalai, persino suocere e cognati/e, coloro che incontriamo ogni giorno per la strada, mi rivolgono su papa Francesco, soprattutto appena vengono a sapere che mi occupo di informazione religiosa. Sono incuriositi da Bergoglio, ne vogliono sapere di più: “speriamo che ce la faccia” è la sintesi più frequente.

Francesco è davvero sentito dal popolo dei fedeli, ma anche dagli agnostici, più che un papa, un fratello o un padre della porta accanto. Un uomo che suscita gioia, sorriso, speranza, anche tenerezza, e forse il desiderio (finora nascosto) che qualcosa cambierà, anche nella nostra amata Chiesa. D’altronde la curiosità popolare verso l’informazione religiosa sta assumendo, dal 13 marzo in poi, una valenza numerica oltre che qualitativa, sia nel campo editoriale che culturale.

La stessa sensazione non mi pare invece trovarla, a volte, nel vasto popolo dei presbiteri, cioè in coloro che dovrebbero essere per primi gli “aiutanti di campo” del papa. Io abito a Roma, e certamente la città capitolina risente di un “clima curiale” formatosi nei secoli attraverso consuetudini dove il confine tra il “temporale” e lo “spirituale” non è mai stato certo. Eppure, mi sarei aspettato una predisposizione d’animo più aperta al futuro, più desiderosa di nuova speranza. Possiamo dirlo anche ad alta voce: ipremesso che non si deve mai comunque generalizzare, in tanti preti  soprattutto giovani vedo una sorta di paura per quello che potrebbe avvenire, con Francesco, all’interno più che delle loro vite, delle loro professioni ecclesiastiche di successori degli apostoli.

Come già mi è capitato di commentare per il quotidiano L’Unità, il rinnovamento riguarderà anche la classe dirigente ecclesiastica, vescovi, cardinali, non per ultimo il modo in cui vengono gestiti i seminari. Sulla linea della resistenza silenziosa c’è però più di qualche presbitero. Sembrano come intimoriti, paurosi del soffio dello Spirito, spaventati dalle novità. Qualcuno forse teme di perdere la primazia ecclesiastica rispetto al resto dei fedeli laici. Anche nel web si fanno sentire i critici, ma è soprattutto nel passa-parola quotidiano, durante certe riunioni pastorali, nelle omelie un po’ “impacchettate” che qualcuno fa passare l’idea che questo papa dica cose scontate in modo “spagnoleggiante”. Le stesse cose che del Concilio Vaticano II sono state troppo a lungo dimenticate. C’è una terribile paura che il richiamo di Francesco a “uscire dalle chiese” produca uno strappo allo status sacerdotale – a quella verticalità Dio-prete-fedele che ha retto ai tornanti della storia ma che ha bisogno di una costante protezione intra-ecclesiale.

Ho l’impressione che il papa della porta accanto sia davvero visto come un amico dalla totalità del popolo dei fedeli. Un amico anche severo. Al resto, alla Chiesa-istituzione, resta da fare l’ultimo passo verso una grande comunione con i laici e un grande abbraccio proprio con questo papa, che ci restituisca tutta la novità e la bellezza del Vangelo.