Come è cambiato lo scenario cattolico. La via della fede

di Lucetta Scaraffia

La fine di un pontificato costituisce sempre un momento chiave nella storia della Chiesa, un tempo durante il quale è opportuno riflettere e tentare su un piano storico di fare, per così dire, il punto della situazione, sia pure in modo provvisorio. Oggi non possiamo che rimanere stupiti – fin da un primo sguardo – constatando quanto sia cambiato lo scenario cattolico, sia ad opera di Benedetto XVI che per effetto della trasformazione complessiva del mondo.
Il pontificato di Joseph Ratzinger è stato rivoluzionario, e non soltanto per la sua rinuncia che ha interpretato con coerenza e radicalità nuova il papato e la sua funzione, accentuandone il carattere di servizio e di umiltà. È stato infatti rivoluzionario anche perché si è opposto alla prassi diffusa di coprire gli scandali per evitare che l’immagine della Chiesa venisse offuscata. La tenace determinazione di Benedetto XVI nel contrastare questa tendenza ormai insostenibile ha lanciato un segnale chiaro, indicando una via da cui non c’è ritorno. E il Papa stesso ha ricordato più volte che danneggiano molto di più la Chiesa il soffocamento della verità e il mancato riconoscimento dei colpevoli che non lo “scandalo” pubblico. Ma il suo modo particolare di essere rivoluzionario ha soprattutto contribuito a superare lo schema attraverso il quale, fin dall’Ottocento, veniva letta anche storicamente la vita interna della Chiesa, e cioè la contrapposizione fra conservatori e riformisti. Se infatti un Papa che, come cardinale, si era voluto identificare come il più autorevole esponente dell’ala conservatrice mette in opera processi così rivoluzionari, tutto prende una dimensione diversa. Si capisce cioè che le riforme non sono solo quelle invocate dai cosiddetti progressisti, ma possono essere diverse e molto più incisive. Si tratta di un cambiamento radicale nel modo di interpretare l’azione della Chiesa di cui tutti i commentatori e gli storici dovranno da oggi in poi tenere conto.
Ma non è stato solo Benedetto XVI a cambiare le cose; anche il mondo è mutato. Oggi, ad esempio, nessuno può più seriamente pensare che il comunismo possa rappresentare una via di miglioramento sociale e di riscatto. E in questo senso le opzioni ideologiche all’interno della Chiesa – ma certo non la scelta per i poveri sostenuta dal soffio della carità – sono state private di fondamento proprio da una realtà mondiale che è molto cambiata.
Certamente il terreno sul quale più si è giocata la contrapposizione fra riformisti e conservatori, quello della morale, è oggi quello che segna le crepe più vistose. La crisi della rivoluzione sessuale – ormai evidente sia nelle esistenze individuali e nell’indebolimento della famiglia che nella dimensione sociale, con il crollo delle nascite e l’aumento crescente della popolazione anziana rispetto a quella giovanile – rende decisamente poco attraenti le posizioni di chi pensa di ridare smalto e credibilità all’istituzione proponendo di cambiare linea nell’ambito della morale sessuale. Non è questo il genere di modernizzazione di cui la Chiesa ha bisogno, dal momento che si tratta di una modernizzazione ormai in crisi e che ha dato prove evidenti di costituire una proposta sbagliata.
Vi sono poi questioni non nuove ma sempre rilevanti. È chiaro per esempio che ritrovare un metodo di selezione meritocratica per le cariche di responsabilità, purificare strutture che hanno conosciuto momenti di confusione morale e allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva costituiscono sfide imprescindibili anche per la Chiesa. Ma sono problemi su cui appunto concordano tutti, non solo i cosiddetti progressisti: problemi che si ripresentano periodicamente nella storia della Chiesa e ai quali essa ha sempre saputo dare risposte valide.
Ma soprattutto valida per tutti, come radice di ogni intervento, rimane oggi la via che Benedetto XVI ha indicato senza mai stancarsi: la via di un nuovo annuncio del Vangelo e della fede. Una fede calda ed entusiasta, una fede rinnovata e contagiosa, una fede luminosa che porti a dimenticare se stessi davanti a Gesù, nella comunione della Chiesa.

(©L’Osservatore Romano 3 marzo 2013)