Come Abramo. Benedizioni e prove per la Chiesa in una riflessione del Wcc

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21 settembre 2020

«Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Parte da Genesi (12, 1-3) la riflessione che il reverendo David Marshall, responsabile, in seno al Consiglio ecumenico delle Chiese, del programma per il dialogo e la cooperazione interreligiosa, offre a conclusione di una serie di interventi intitolata Healing the World. Bible Studies for the Pandemic Era, con l’obiettivo di esplorare i doni spirituali e le sfide della pandemia. Abramo, scelto da Dio per divenire padre del popolo eletto, è chiamato a essere benedizione per tutte le genti. Solo allora raggiungerà il suo fine. Per Marshall, prete anglicano appartenente alla Church of England ma con approfonditi studi islamici, «questo racconto di Dio che benedice Abramo e ne fa una benedizione per il mondo ci parla oggi in un momento nel quale, come esseri umani, spesso rifiutiamo l’interdipendenza che Dio vuole per noi e ci rifugiamo nelle fortezze del nostro pensare umano egoista. Ma le nostre fortezze non tengono lontani i virus o l’aumento delle temperature e dei livelli dell’acqua dovuti ai cambiamenti climatici. Dobbiamo quindi imparare di nuovo, per strade difficili, se necessario, l’interdipendenza che Dio vuole per la famiglia umana».

Nella riflessione, dal titolo The Call of Abraham. Blessings and Testings for the Church, Marshall sottolinea che essere parte della Chiesa, soprattutto oggi nel mezzo della crisi sanitaria, significa «essere benedetti dall’amore di Dio in Gesù Cristo ed essere una benedizione per il mondo». La strada da percorrere dunque è quella dell’amore e del rispetto reciproco, modello che dovrebbe essere seguito, a un livello più esteso, nei rapporti fra le nazioni della Terra. Tale chiamata non è prerogativa cristiana ma va oltre «le nostre comunità in uno spirito di rispettosa cooperazione con gli altri per il bene del mondo. Per gli ebrei, la chiamata di Dio e la benedizione di Abramo rimangono fondamentali e la loro fede genera un potente imperativo a lavorare per la guarigione del mondo, con il quale dovremmo cercare di cooperare ovunque possiamo. Abramo è di grande importanza anche per i musulmani, e con loro i cristiani possono trovare una causa comune lottando insieme per il bene comune». A tale riguardo l’autore ricorda l’importanza di Servire un mondo ferito nella solidarietà interreligiosa. Una chiamata cristiana alla riflessione e all’azione durante il covid-19, il documento congiunto che il World Council of Churches (Wcc) e il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso hanno diffuso il 27 agosto scorso allo scopo di incoraggiare le Chiese, le comunità e le organizzazioni cristiane a riflettere sulla necessità della collaborazione tra le religioni in un mondo ferito dalla pandemia. Una base cristiana alla “solidarietà interreligiosa” utile quindi anche a coloro che professano altre fedi.

È una stagione di prove. La fede cristiana è “affare” sacramentale, fisico: per questo «ci sminuisce il fatto che non possiamo condividere il calice della salvezza, che non possiamo stringere la mano o darci il bacio della pace». Il distanziamento fisico ha portato a sviluppare nuove forme di preghiera, a valorizzare cose dimenticate. «Durante questa stagione di prove — scrive il reverendo Marshall — dobbiamo essere pronti, più del solito, a piangere con coloro che piangono», a condividere il dolore, la sofferenza, il lutto. Ciascuno all’interno della propria comunità, «dobbiamo essere attenti ai reciproci bisogni: bisogni pratici e medici, bisogni emotivi e spirituali. Ma, come Abramo, anche noi dobbiamo essere una benedizione per il resto del mondo». La pandemia ha reso i più fragili ancora più fragili: «Un membro della congregazione mi ha raccontato di un episodio che non aveva mai vissuto in tutta la sua vita in Svizzera, ovvero di una persona anziana, angosciata, malata che non conosceva, la quale su un treno gli ha chiesto di tenerle la mano. Potrebbe essere solo una coincidenza che ciò sia accaduto adesso, ma sembra simbolico dei bisogni che crescono intorno a noi e delle chiamate che ci saranno alla nostra compassione».

Di qui, conclude il responsabile del programma per il dialogo e la cooperazione interreligiosa del Wcc, «traendo pace e forza dalla benedizione che è su di noi e cercando opportunità per collaborare sempre più largamente, preghiamo per portare la benedizione di Dio agli altri». (giovanni zavatta)

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