«Bisognerebbe sempre avere il coraggio di guardare la realtà nei suoi lati peggiori – commenta il regista –. E riderci su. In questo modo i film fanno un salto di qualità. Ormai di una pellicola non si chiede più “com’è?”, ma “quanto ha fatto?”. D’accordo: il cinema dev’essere anche intrattenimento. Ma non solo». Il tema dei padri «genitori di serie B», e quello conseguente delle ex mogli vendicative attraverso alimenti esosi, aleggia così su tutta la storia. «Attenzione, però: il mio non è un film contro le donne – (che nel film hanno i volti di Micaela Ramazzotti, Nicoletta Romanoff, Diane Fleri) –. Gli uomini delle generazioni dai 35 ai 50, infatti, sono spesso poco affidabili; manca loro l’autorevolezza. E questo le donne lo sentono, e ne soffrono».
Mentre sulle ingiustizie patite dai padri separati, «io credo che la legge sia troppa severa, nei loro confronti. È davvero terribile ed umiliante poter incontrare i propri figli solo con l’orologio in mano. Per questo nel finale del mio film c’è un’apertura alla speranza verso le nuove generazioni». Cronicamente destinati a fallire ogni tentativo di miglioramento, infatti, i tre protagonisti avranno almeno la consolazione finale di riconciliarsi coi propri figli. «Sono ottimista e credo molto nelle nuove generazioni – ammette Verdone –. Poco tempo fa, vedendo mio figlio e i suoi amici laurearsi con tanto entusiasmo, pensavo: speriamo abbiano una vita meno confusa e nebulosa della nostra. Vorrei che dal mio film si percepisse l’inutilità dello scontro fra genitori separati, proprio per non traumatizzare i figli.
Già il mondo occidentale ha deragliato. Se deraglia anche la famiglia, è finita. Ma l’esempio ai ragazzi, in Italia, chi lo dà?». E a questo proposito il regista-interprete riferisce il parere del suo fioraio. «L’altro giorno m’ha detto: “Il capo de ’sto governo tecnico ce sta a ridurre sul lastrico. Però me piace. E sai perché? Perchè è serio. Nun ride mai. E nun ride mai perche nun ce sta niente da ride!”».