Chiesa evangelica tedesca: linee guida per il futuro

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di: Antonio Dall’Osto (a cura)

linee guida

All’insegna del motto “Chiesa su un buon terreno”, la Chiesa evangelica tedesca (EKD) ha pubblicato 11 linee guida per il suo futuro sviluppo. La prima bozza è stata ampiamente discussa pubblicamente. Ci sono state critiche e approvazioni. Entrambe sono state accolte e incorporate in una versione rivista con aggiunto un 12° punto. Sarà presentata al pubblico insieme ai documenti degli altri processi futuri in vista della Conferenza sinodale dall’8 al 9 novembre 2020.

Le linee guida sono il risultato del lavoro dello Z-Team o Future Team, convocato dal Sinodo della Chiesa evangelica (EKD) nel 2017. Il gruppo di lavoro è composto da quattro persone provenienti da ciascuno dei tre organi direttivi (sinodo, consiglio, conferenza delle Chiese) e da tre giovani adulti dell’ambito del sinodo.

Il leitmotiv del testo è un versetto del salmo di ringraziamento di Davide: “Mi portò al largo” (2Sam 22,20): questo è l’impulso per il futuro che la Chiesa evangelica in Germania (EKD) ha ereditato dall’anniversario della Riforma e che ha ora concretizzato nelle linee guida.

Premessa alle linee guida

La Chiesa del futuro – scrive il rapporto – rimane la Chiesa di Dio; ma in Germania sarà una Chiesa con meno membri e meno risorse. Le ragioni del previsto doppio declino non sono solo demografiche: per molti la fede cristiana ha perso di plausibilità e di rilevanza. Ciò influisce sul battesimo e sulle motivazioni di abbandono di molte persone. Anche la forza vincolante della Chiesa in quanto comunità di credenti e la sua importanza sociale è diminuita.

La crisi dell’accettazione della Chiesa e del suo messaggio va di pari passo con una crisi di fede più profonda. Perciò il problema della prospettiva futura è di carattere spirituale. Si tratta di qualcosa di più di semplici misure di austerità, di smantellamenti e di strutture più efficienti.

Il fatto che le risorse diminuiscono, non significa che le opportunità e le possibilità per la Chiesa siano minori. Come la fede cambia secondo le situazioni e biograficamente si rinnova costantemente dal punto di vista del Vangelo, così anche la Chiesa cambierà per rispondere alla sua missione di testimoniare il Vangelo in una società che cambia.

La pandemia del Covid-19 cambierà in maniera duratura la nostra società: anche per la Chiesa, un ritorno allo stato anteriore alla crisi sarà altrettanto impossibile quanto un ritiro permanente nella sfera privata o lo spostamento insostituibile della vita pubblica verso lo spazio virtuale.

D’altra parte, la crisi del Covid-19 ha mostrato quanto potenziale creativo la Chiesa evangelica può trovare in breve tempo per preservare le libertà e vivere come comunità che comunica il Vangelo anche in condizioni mutate. Ci vuole il coraggio di prendere decisioni, di assumersi le responsabilità e provare nuovi percorsi. E ci vuole fiducia e fede nelle promesse di Dio.

La crisi attuale diventa una metafora: come possiamo contrastare la minaccia paralizzante di un virus invisibile e potenzialmente mortale? Come possiamo passare dalla difensiva del ritiro, del lockdown e del distanziamento, all’offensiva in vista di una responsabile e, allo stesso tempo, fiduciosa e costruttiva prospettiva della comunità ecclesiale?

Un’immagine contrapposta sono le esperienze dell’anno della Riforma 2017 – non come un malinconico sguardo a un passato glorioso, ma come un impulso per il futuro della nostra storia e tradizione. Il motto biblico “Prendete il largo” dal salmo di ringraziamento di Davide riprende questo impulso della Riforma per una Chiesa di libertà, nella riconoscente consapevolezza che la libertà è dono di Dio e promessa, ma anche responsabilità creativa e sfida. Al di là della vastità delle possibilità e delle opportunità aperte e inutilizzate di una Chiesa evangelica che rende possibile la partecipazione, vive la comunità e testimonia autenticamente la sua fede.

Una Chiesa di dimensioni ridotte sarà più efficace; ma lo sarà solo in collegamento ecumenico. Ciò corrisponde alla sua missione come parte del corpo di Cristo e testimone del vangelo di Gesù Cristo. Meno la Chiesa si integra nella società, tanto più si isola da essa.

Questa è la ragione per cui la comprensione della Chiesa è ignorata, ed essa diviene semplicemente un’offerta (ulteriore) accanto a molte altre in una società pluralistica che appiattisce tutte le differenze costitutive della società.

Allo stesso modo, secondo l’opinione evangelica, una comprensione della Chiesa non può essere decisiva se essa si definisce come spazio particolare del sacro, ma se riconosce l’autonomia della società. La Chiesa evangelica prende sul serio le condizioni di una società pluralistica e afferma la libertà della persona. Ciò che la caratterizza e costituisce il suo modello di futuro è un’autentica pietà (Frömmigkeit) basata su una fede cristiana biblicamente fondata.

Nel chiarire i processi futuri ci guida perciò l’interrogativo di sapere ciò che serve all’interno e all’esterno nella comunicazione del Vangelo nelle condizioni mutevoli del presente e cosa no.

Le 11 linee guida

Pubblico 

  • In futuro sarà promosso un discorso pubblico e un’azione diaconale più specifica della Chiesa che unisca l’atteggiamento spirituale e la responsabilità etica in maniera credibile e riconoscibile. La Chiesa sta diventando più moderata e concreta nel prendere posizione sui processi sociali. Eserciterà moderazione laddove il riferimento al Vangelo non è chiaro e il suo agire non è esemplarmente riconoscibile.

Pietà

  • In futuro, la trasmissione delle verità di fede evangeliche acquisterà importanza. In una società pluralistica in cui i cristiani saranno minoranza, saranno importanti la promozione di un’autentica pietà, le preoccupazioni di un’attività diaconale formativa che miri alla partecipazione, e il rafforzamento della capacità pubblica di dialogo. Questo può aiutare a riscoprire le tradizioni della Chiesa come risorsa spirituale e a sviluppare nuove forme di vita spirituale.

Missione

  • In futuro sarà promossa un’azione missionaria, che procede in maniera collaborativa, dialogica e situazionale. la padronanza del linguaggio, la disponibilità al dialogo e una fede vissuta in modo autentico sono indispensabili per l’attività di comunicazione della Chiesa al fine di aiutare a trovare la verità, a promuovere la fede e a consentire la partecipazione.

Ci saranno meno proposte della Chiesa basate sulla comunicazione unidirezionale in cui essa è il “fornitore” o l’“organizzatore” e le persone sono tenute in considerazione solo come “destinatarie”, “uditrici” o “partecipanti”. Il finanziamento di progetti di cooperazione diventerà più importante del mantenimento delle istituzioni o strutture.

Ecumenismo

  • In futuro, sarà rafforzata una collaborazione ecumenica che valorizzi la varietà confessionale come una ricchezza e metta al centro le possibilità di un’azione congiunta e rappresentativa. L’apprezzamento teologico e spirituale delle differenze sarà la base della comunitarietà. Sarà importante  agire quanto più possibile insieme, ma anche lasciare, per quanto è necessario, le diversità.

Digitalizzazione

  • In futuro verranno promosse forme mediali di comunicazione del Vangelo, che accolgono le opportunità della comunicazione digitale e combinano insieme le forme esistenti di pietà evangelica e la costruzione della comunità in modo che le forme sociali, digitali e analogiche della fede si completino e si rafforzino a vicenda. L’importanza della stampa tradizionale nell’ambito della Chiesa diminuirà. Saranno particolarmente promossi i formati dell’attività della Chiesa che rifletteranno di volta in volta la situazione attuale di una comunicazione appropriata del Vangelo.

Sviluppo della Chiesa

  • In futuro saranno promossi iniziative e impulsi che prendano sul serio il valore dell’individuo, rafforzino le diverse comunità nel loro sviluppo spirituale e consentano varie forme di legami e di appartenenza.
    Le strutture parrocchiali si allontaneranno dalle strutture a livello di area verso una cooperazione dinamica e diversificata e di reciproca integrazione. Saranno abbandonate istituzioni e aree di lavoro autoreferenziali a tutti i livelli della Chiesa.

Appartenenza

  • In futuro, la Chiesa accrescerà il suo interesse per le persone che si sentono legate ad essa pur senza appartenervi e che sviluppano nuove modalità di partecipazione e forme di appartenenza.

L’importanza della co-partecipazione finanziaria e lo sgravio limitato anche nell’area delle tasse per la Chiesa aumenterà. È necessaria una riflessione approfondita sulla stima concreta che deriva da un’appartenenza affidabile, come anche una riflessione su forme alternative di partecipazione finanziaria di persone che si sentono parte della Chiesa senza un’appartenenza formale.

Collaboratori

  • In futuro verranno promosse iniziative che incoraggino i collaboratori a operare autenticamente in vista alla fede evangelica comune e promuovano la loro capacità comunicativa.

Le differenze tra impiego a tempo pieno e volontariato saranno ridotte e le opportunità di occupazione saranno rese più flessibili. Le aree di lavoro che non operano nel senso della testimonianza comune saranno abbandonate.

Leadership

  • In futuro, si dovrà promuovere una leadership che sostenga il coordinamento e le forme di cooperazione, indichi gli ambiti, favorisca la sintonizzazione dei contenuti e rafforzi il profilo evangelico verso mondo esterno. La leadership della Chiesa funzionerà in modo meno gerarchico e agirà in modo meno autoreferenziale.

Strutture

  • In futuro, sarà promossa una struttura organizzativa che reagisca dinamicamente agli sviluppi e ai cambiamenti sociali, rafforzi la responsabilità personale e crei liberi spazi per forme sociali nuove e sperimentali di comunità.

Le strutture di base saranno smantellate, si attuerà un’equilibrata sburocratizzazione e il sistema collettivo sarà rimodellato.

L’amministrazione della Chiesa non solo diventerà più ridotta, ma più snella ed efficiente grazie ad un’azione più comunitaria meglio coordinata. Un risparmio pari al 15% dei costi amministrativi originari contribuirà al finanziamento di progetti innovativi.

Chiese evangeliche regionali

  • In futuro, l’EKD promuoverà progetti e istituzioni che corrispondano al compito loro affidato o a quello affidato loro dalle Chiese membri.

La promozione di aree di lavoro che siano meglio percepite nella comunità delle Chiese membri dovrà essere sviluppata in maniera prioritaria. Le strutture multiple all’interno delle Chiese membri devono essere identificate e smantellate. Le competenze devono essere raggruppate nel quadro di soluzioni strategiche nell’EKD o nelle singole Chiese membri.

Gli interrogativi

Tutto questo lavoro si inserisce nel cammino verso il 3° Kirchentag ecumenico, la grande assemblea della Chiesa evangelica, previsto dal 12 al 16 maggio 2021 a Francoforte. Avrà come titolo “Andate a vedere!”, ispirato al versetto biblico del vangelo di Marco (6,38), e si svolgerà in forma ridotta a causa del Covid-19.

Quale futuro per la Chiesa evangelica? Quali riforme? Il programma delineato nelle undici linee guida ha suscitato molte perplessità. Alcuni critici l’hanno definito addirittura uno smantellamento della Chiesa evangelica.

Il mensile Herder Korrespondenz (n. 11/2020) vi ha dedicato un’analisi, a firma di Rolf Schieder, in cui sottolinea che, purtroppo, la Chiesa evangelica tedesca si è dimenticata di risolvere il suo vero problema: non sa più a che cosa serve. Ai nostri giorni è diventato imbarazzante parlare di Dio, ma questo è l’unico compito che rende la Chiesa insostituibile. Ecco perché deve impararlo di nuovo.

Schieder osserva che quando le Chiese annunciano riforme o documenti futuri, suscitano grandi aspettative che restano necessariamente deluse – non perché gli autori abbiano commesso errori, ma semplicemente perché ci si aspetta dalla Chiesa più di quanto essa possa dare. La critica mostra quanto sia grande la discrepanza tra la Chiesa come concetto teologico e la Chiesa come istituzione. Le 11 linee guida dello Z-Team dell’EKD cercano di offrire suggerimenti pragmatici, di piccoli passi, per mettere fine alla perdita di credibilità e di appartenenza.

Le riflessioni convincenti – prosegue Schieder – riguardano una nuova concezione di appartenenza. La dicotomia “battezzati / non battezzati” viene superata e si tiene conto di una varietà di rapporti di appartenenza. E si sta pensando anche di rendere più flessibile la legislazione fiscale della Chiesa.

Ma rinunciare al principio parrocchiale, che è allo stesso tempo un principio territoriale, come sembra emergere negli undici punti, sarebbe senza dubbio fatale.

Complessivamente – sottolinea sempre Schieder – c’è troppa attenzione ai problemi interni della Chiesa. Da un lato, ciò è comprensibile, dall’altro, è inevitabile che il tuttora stabile sistema di cooperazione tra Stato e Chiesa – di cui le Chiese ancora beneficiano enormemente – non può più essere reso plausibile ad un pubblico critico.

Se la Chiesa perde troppi membri, c’è un salto di quantità e qualità nel rapporto Stato-Chiesa, perché lo stato non considererà più la Chiesa come partner, ma come un’associazione religiosa e ideologica tra le altre.

Il programma non commenta affatto questi pericoli. Dà l’impressione che si tratti essenzialmente di adattare le forme di azione della Chiesa al contesto economico e ai mutevoli gusti del pubblico. Senza dubbio ciò è importante, ma un programma di futuro dovrebbe ragionare in maniera più aggressiva e teologica. Quali argomenti teologici hanno un potenziale di ispirazione? Come è possibile rendere tangibile la presenza del Dio vivente nei servizi liturgici? Quali rapporti tra lo spirito dei tempi e lo Spirito Santo sono possibili al di là della critica culturale di principio? Inoltre, il concetto corrente di libertà, che il documento ribadisce continuamente, non ha forse bisogno urgente di critiche?

Focalizzandosi sulle forme a detrimento del contenuto, il programma è esposto alla critica che si tratti solo di gestire anziché stimolare e ispirare. «Non a caso – scrive Schieder – leggendolo, mi sono venute in mente le critiche di Georg Wilhelm Friedrich Hegel alla teologia del suo tempo. Hegel, di cui abbiamo celebrato il 250° anniversario della nascita nell’agosto di quest’anno, ha affermato che i teologi del suo tempo avevano “fatto di Dio un fantasma infinito lontano da noi”, e avevano fatto di tutto “per dissolvere ciò che è definito nella religione”. Contro questo esilio di Dio in un aldilà non conoscibile, tuttavia, è importante pensare all’unità dialettica di Dio e dell’uomo, del finito e dell’infinito, dello spirito e della materia, del cielo e della terra. Questi sono “diversi, ma allo stesso tempo inseparabili”.

La Chiesa – secondo Hegel – dovrebbe essere un luogo in cui si gode la presenza del Dio vivente. Perché “Dio è (…) l’inizio di tutto e la fine di tutto; come tutto procede da questo punto, così anche tutto ritorna ad esso; ed è anche il centro che anima e ispira ogni cosa e vivifica tutte quelle forme nella loro esistenza, sostenendole”».

Bisogna mettere al centro lo Spirito Santo – prosegue Schieder –. Perciò porre il tema Dio è un’esigenza sociale urgente. Tutti i popoli hanno visto la religione «come la domenica della loro vita». Questa prospettiva sovrana, che scaturisce dalla conoscenza sempre da riscoprire della presenza di Dio, manca purtroppo nelle 11 linee-principi guida.

Questo fare di Dio un argomento è un desiderio sociale urgente. Ciò rende la Chiesa insostituibile; altre istituzioni non possono sollevarla da questo compito. Nel mondo occidentale, nel frattempo Dio è diventato l’“elefante nel salotto”: è troppo grande per poter parlare ancora di lui. Dio non è stato dimenticato (come potrebbe?), Dio è diventato ineffabile. Anche i pastori e le guide delle Chiese a volte si ha l’impressione che parlino di Dio solo tra virgolette mentali. I professori di teologia spiegano che la loro facoltà non riguarda Dio, ma solo il concetto di Dio.

E anche nelle scuole e nelle istituzioni diaconali, la capacità di dire in modo chiaro e semplice Dio, senza un senso di imbarazzo o un gesto di scusa, non è molto sviluppata. Naturalmente, Dio può anche essere reso presente implicitamente. Ma chi, se non la Chiesa, può rendere esplicito ciò che è implicito? Il futuro della Chiesa dipende dalla capacità di fare di Dio un tema tale da rendere ragionevole parlare di lui.

Un programma futuro della Chiesa deve pertanto essere teologico. Siccome il nostro tempo ha disimparato a parlare di Dio, è compito centrale della Chiesa fare di lui un tema. Il personale della Chiesa dovrebbe quindi essere formato e addestrato in modo tale da poter attirare l’attenzione sull’effettiva presenza dello Spirito di Dio con chiarezza concettuale, ragionevolezza e audacia. Tutto il resto è cura posterior, conclude Schieder.