Cavalcare contro il mondo che non va

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«Mustang» di Marta Palazzesi

24 novembre 2020

Dopo aver vinto il Premio Strega ragazze e ragazzi 2020 con Nebbia (2019), Marta Palazzesi torna a parlare ai più piccoli grazie a un nuovo avventuroso romanzo. Si tratta di Mustang (Milano, Il Castoro, 2020, pagine 224, euro 13,50) che, al pari dell’opera precedente, mette al centro della narrazione un tredicenne, il mondo animale (insieme alla denuncia degli abusi e sfruttamenti che subisce nel tempo), personaggi spesso perseguitati da pregiudizi e prepotenze e la Storia, fatta di eventi, contraddizioni e ingiustizie.

Se Nebbia è, infatti, ambientato nella Londra di fine età vittoriana — quella del tempo migliore e del tempo peggiore, del lavoro minorile e degli sfarzi dell’élite — Mustang cala i suoi personaggi nel Texas del 1850, circa dieci anni prima dalla guerra di secessione americana e dall’abolizione della schiavitù. Come a dire che dalle baracche limitrofe al Tamigi e dalle ricche residenze inglesi ci si sposta nelle sconfinate piantagioni dei padroni e degli schiavi, dove esiste chi comanda e chi compra e, al contempo, chi obbedisce e viene inesorabilmente venduto.

È in quest’ultimo contesto che Robb — il ragazzino abbandonato dai genitori e consegnato, insieme alla sorella Susan (personaggio che risulta poco approfondito) ai ricchi zii — si trova a vivere, pur sognando di scappare in California, con l’obiettivo di inseguire il suo personale sogno di libertà; libertà di cui, come lui e tanti altri, è anche alla ricerca l’amico Aimery, coetaneo ma differente per condizione sociale e colore della pelle: un fatto che, senza svelare troppo, avvicina il rapporto d’amicizia tra i due giovani (Robb è il padroncino bianco; Aimery lo schiavo nero) a quello narrato da Fred Uhlman ne L’amico ritrovato, sebbene, certo, gli eventi storici narrati siano completamente diversi.

Così, mentre i giorni scorrono lenti — nel frattempo, cioè, che i bianchi impongono le loro leggi e i neri lavorano ininterrottamente nei campi di cotone, nelle stalle e nelle cucine delle agiate famiglie — Robb e Aimery, protagonisti, per l’appunto, di una meravigliosa amicizia nonostante la diversità, fanno la conoscenza di Ako, una misteriosa ragazza, una nativa americana, un’indiana coraggiosa che accetta di aiutarli a realizzare il piano programmato. Vogliono procurarsi i mustang — i bellissimi esemplari della razza indipendente e indomabile di cavalli (a causa di caccia intensiva e avvelenamenti dopo il Settecento, oggi ne rimangono poche decine di migliaia) — che li condurranno, in modi e tempi diversi, lontano dal mondo in cui sono nati e cresciuti, che contrasta con quella Dichiarazione d’Indipendenza che i bianchi come lo zio Richard tengono affissa all’interno delle proprie stanze e contraddicono continuamente. Un mondo che, ora più che mai, i due ragazzi non riescono a comprendere, dati i soprusi che, uno dopo l’altro, vengono perpetrati («Cavalcare nel cuore della notte, con la luna e le stelle sopra la testa e l’erba alta e profumata sotto i piedi era libertà allo stato puro. Gli sembrava di volare lungo quelle praterie, privo di catene e costrizioni»).

Pagina dopo pagina, con un ritmo incalzante che inchioda il lettore, si susseguono episodi di disuguaglianza che fanno riflettere, colpi di scena, fatti storici che fanno capire com’eravamo, come siamo diventati e aiutano, in particolare, a immaginare come modellare il nostro domani. Ci sono dialoghi, messaggi e metafore che insegnano e formano. Solo quando Robb e Aimery capiscono che «non sono gli altri a definire il tuo valore [perché] ciò che importa è quanto vali per te stesso» e, ancora, che la libertà non rappresenta una condizione imposta o imponibile, ma una percezione e uno stato d’animo, la capacità di non scappare e di saper affrontare ciò che spaventa, potranno trovare il loro posto nel mondo e correre veloci come il vento verso il futuro. Proprio come i mustang, affascinanti nei «movimenti che trasmettevano forza e armonia insieme» e nei «colori variegati dei manti», in mezzo alla natura selvaggia, immensa, infinita.

Ancora una volta, dunque, la penna di Palazzesi compie una magia: gli animali non popolano più le favole, sono reali e diventano la chiave per capire il mondo o, almeno, rappresentano lo “strumento” tramite cui i protagonisti dei suoi romanzi fanno emergere quella profonda e particolare sensibilità che gli sarà utile ad affrontarlo per davvero, il mondo. Robb, Aimery, Ako sono assai affini, per i desideri che li animano, i sogni che li ossessionano e le battaglie che decidono di sposare e perseguire, a Clay di Nebbia. Un orfano che vive di stenti e alla giornata coi suoi amici, mudlark che raccoglie oggetti abbandonati nel fango ai margini del fiume, grazie al lupo argenteo in cui si imbatte (e nel libro si sfata finalmente il mito del lupo cattivo delle favole), può recuperare il coraggio di diventare padrone del proprio destino, di non sentirsi inadeguato. E soprattutto, a seguito di rocambolesche vicissitudini proprie solo alle più belle opere di formazione, può riuscire a trovare, pure lui, la strada di casa.

di Enrica Riera

Osservatore