Coronavirus / In Emilia Romagna salgono a 1.180 i casi: altri 8 morti

In Emilia Romagna sono complessivamente 1.180 i casi di positività al Ccronavirus, 170 in più rispetto all’aggiornamento di ieri pomeriggio. E passano da 3.604 a 4.344 i campioni refertati. Si tratta di dati disponibili e accertati alle ore 12, sulla base delle richieste istituzionali. Salgono anche le persone in terapia intensiva: sono 75 (11 in piu’ rispetto a ieri) e i morti, passati da 48 a 56. Degli 8 nuovi decessi, due riguardano cittadini lombardi di 81 e 85 anni, poi un paziente bolognese di 85 anni e cinque pazienti piacentini con età comprese tra i 71 e 91 anni.
tgcom24

Conte ha firmato il Dpcm che prevede lo stop fino al 15 marzo per università e scuole. Forti restrizioni anche per teatri, cinema e tante manifestazioni

‘È un virus nuovo, per questo il governo ha deciso di agire adottando il principio della massima precauzione’, puntando a qualsiasi iniziativa che ‘contribuisca a rallentare la diffusione del virus’, replicano fonti di palazzo Chigi. Conte ha firmato il Dpcm che prevede lo stop fino al 15 marzo per università e scuole. Forti restrizioni anche per teatri, cinema e tutte le manifestazioni in cui ‘non sia possibile garantire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro’. (ANSA).

Coronavirus, i casi in provincia aumentano ma ci sono due guariti: a Reggio Emilia in deposito 50mila mascherine

Gazzetta di Reggio

REGGIO EMILIA. I casi aumentano, con sei nuove positività rilevate nella nostra provincia. E rispetto ai quattro pazienti di lunedì, aumentano anche i ricoveri nei reparti di Malattie Infettive. C’è inoltre un nuovo ricoverato in Rianimazione, dove sale a cinque il numero delle persone contagiate. E resta grave il 45enne di San Martino in Rio, che aveva già patologie pregresse ed è stato trasferito al Sant’Orsola di Bologna, dov’è sottoposto a Ecmo, ovvero una tecnica di circolazione extracorporea utilizzata per trattare pazienti con insufficienza cardiaca o respiratoria acuta. Ma ci sono anche i primi due pazienti clinicamente guariti, a Rolo e Castelnovo Sotto, che sono stati dimessi ma dovranno rispettare un periodo di quarantena domiciliare, in attesa di due nuovi test tampone. È questo l’ultimo bilancio dell’emergenza Coronavirus nella nostra provincia.

Coronavirus. Ma a salvarci tutti sarà la gentilezza

C’è un virus di cui tutti parlano e che segnalano come Covid-19. E ci sono le sue conseguenze, l’allarme, le cautele, persino le isterie. E però c’è un’altra cosa, e non ne parla nessuno. Una conseguenza quasi invisibile: come lui, il maledetto. Ma io l’ho vista. È la gentilezza. Anche lei, se così si può dire, una conseguenza del virus.

Appare e scompare rapida, in gesti quasi impercettibili. Una attenzione verso qualcuno che sta entrando, un sorriso cortese in più, una sfumatura di cura. Soprattutto verso quelli che sentiamo più esposti. Insomma, piccoli gesti o atteggiamenti che portano scritto addosso, come un tatuaggio invisibile, ‘eh, ci tocca vivere questa situazione, almeno trattiamoci bene tra noi’ o qualcosa del genere. E allora si tiene una porta aperta per chi sta uscendo dopo di noi, si bada un attimo se la signora anziana non ha difficoltà a scendere il gradino. Come se lo tsunami di senso di fragilità che ha investito il mondo avesse ridestato – insieme a molte cose più superficiali – anche qualcosa di profondo, di propriamente nostro e nascosto.

Quella gentilezza che segnala come primo fiore tremante sul ramo di acerba primavera la nostra natura cosa sia. Orrore, sì, ma anche propensione all’aiuto reciproco. Un segno fragile ma incancellabile. Di sorriso all’essere dell’altro. Qualcosa di discreto, che se ne sta spesso e volentieri nascosto, che insomma ci sta depositato dentro come un segreto. Una specie di anima che viene ridestata – e a volte ci vogliono dei veri tsunami perché succeda. Ma quando accade, se si hanno gli occhi per vederla, per notarne le mosse rapide e semplici, è lo spettacolo più bello e meno scontato tra tutte le scene che si vedono in casi come questi. E di scene ne abbiamo viste in questi giorni!

Ma da dove viene questa altra cosa, la gentilezza? Che tesoro è ? Da dove viene in giorni in cui per mille sacrosanti motivi si potrebbero aver ragioni invece d’esser solo arrabbiati e scontenti? Anche Dante se lo chiedeva, e imputava a Federico II, che pure era uomo intelligente e di gran potere e sfarzo da venir chiamato ‘meraviglia del mondo’, di non averla difesa nell’Impero. Come dire: anche la politica ha una responsabilità nel favorire o meno la gentilezza. Dante come altri poeti prima e dopo di lui, sapeva che la fonte della vera gentilezza non sta nel censo o nel sangue. Ovvero la gentilezza non viene dalla ricchezza o dal lignaggio. Non sono i soldi e la posizione una garanzia di gentilezza.

Lo vediamo bene, non è proprio detto per nulla che i signori sian più gentili del popolino, né che gli appartenenti agli strati cosiddetti alti della società e della cultura siano più gentili degli incolti e dei poveracci. La gentilezza, aveva capito Dante, viene da una disposizione interiore, da qualcosa che è naturale in noi ma se non lo coltivi diminuisce, si sclerotizza, muore. Quei poeti sapevano che la gentilezza coincide con un vivo senso del destino, cioè si è gentili quando ami e tratti bene qualcosa o qualcuno che non è tuo.

Come quando guardi tuo figlio e tremi, vedi scritto in modo invisibile sul suo viso: non è tuo, è del Destino. E anche sul viso della donna o dell’uomo che ami. E mai è tuo possesso. Così quando succedono certi fatti è come se quella scritta ce la vedessimo addosso un po’ tutti. Quando il Destino fa un segno, allora in chi ce l’ha dentro coltivata la gentilezza emerge. Sono sicuro che ce n’è in tutti. O quasi. C’è da tremare a pensare che secoli di cultura, di formazione religiosa, spirituale potrebbero non aver lasciato almeno un grano di tale dote.

O che magari se ne abbia ancora qualche traccia senza sapere però bene cosa sia né da dove venga questa cosa bella che illumina i giorni dell’ansia. Intanto però lei, la gentilezza un po’ nascosta, si mostra in queste ore e in popolazioni che di solito vengono dipinte come rudi e un po’ rapaci. Una gentilezza che ha accenti diversi ma occhi simili. C’è una gentilezza veneta, una lombarda e una emilianoromagnola. Si potrebbe dire che insegue e fronteggia il virus, e quelle conseguenze peggiori. Opponendosi lei, che sembra invisibile tra tutte le news e le analisi, alla possibile disgregazione del Paese. La gentilezza italiana salverà l’Italia, i poeti lo han sempre saputo. Ma ora va detto forte.

di Davide Rondoni – Avvenire