Pastorale giovanile: cercatori della vera luce, anche online

In questo Avvento particolare a causa della pandemia gli strumenti del mondo digitale stanno mostrando tutte le loro potenzialità, aprendo nuove strade per aiutare i giovani a fare comunità e a vivere insieme il senso più profondo dell’attesa

È di certo l’«attesa» la parola chiave che caratterizza questo tempo. Per il mondo intero, infatti, sono giorni di ansia, nella speranza che l’emergenza legata alla pandemia passi presto. Ma per la comunità cristiana questa spinta verso un futuro migliore trova assonanza nell’Avvento, che ci insegna a fare dell’attesa una spinta per mettersi in cammino. Così anche la Pastorale giovanile ha deciso di vivere queste set- timane nello stile del «cercatore di Dio», che non rimane seduto aspettando di essere raggiunto dalla luce, ma si alza e va verso lo splendore di un Dio che si fa uomo.

Un percorso nel quale gli strumenti della comunicazione digitale stanno offrendo occasioni e opportunità nuove, da non ridurre a semplici soluzioni di ripiego in attesa di ritornare agli strumenti pastorali di prima. Le storie narrate in questa pagina dimostrano che la Rete, gli schermi, i dispositivi mobili possono aprire strade mai immaginate prima per intessere relazioni autentiche, offrire spazi di meditazione, animare la preghiera comunitaria. In ogni iniziativa ciò che è più evidente è che davvero ogni «click» e ogni «tap» è un’occasione per trasformare questo «momento di passaggio» in un tempo per continuare a costruire il futuro che Dio sogna per l’umanità.

De André e la forza intatta della “Buona novella”

SERGIO TACCONE – Avvenire

Ci sono album che hanno tracciato la storia della musica d’autore. Tra questi, un posto di rilievo spetta a La buona novella di Fabrizio De André, uscito nel novembre di mezzo secolo fa, che ancora oggi si staglia come insuperato per i suoi tratti contenutistico- formali. A sviscerare questo disco arriva un saggio di Mario Bonanno, giornalista e grande esperto di canzone d’autore ( Non avrai altro Dio all’infuori di me, spesso mi ha fatto pensare, Stampa Alternativa, euro 15 – >>> acquista su Amazon a prezzo scontato).

Il primo fondamento è la portata dirompente del messaggio di Gesù che per primo (e da solo) ebbe il coraggio di sfidare il potere. Bonanno analizza ogni anfratto del concept di Faber, «album emblematico di quell’umanesimo aconfessionale e a-partitico che è la cifra indicativa delle ballate di De André», riepilogo inarrivabile di poesia civile su base umanista. Gesù rappresenta un tratto identificativo nella discografia di Faber insieme alla lunga schiera di sconfitti, derelitti, sfruttati e anime salve in direzione ostinata e contraria, servi disobbedienti alle leggi del branco.

Bonanno delinea sapientemente il quadro storico che portò alla gestazione dell’album: il biennio 1968-69, cruciale nel secondo Novecento. Anni che costituiscono «l’acme dell’idealità libertaria» di quel decennio e prologo virulento delle lotte sociali della decade successiva. Un progetto, basato sui vangeli apocrifi, arrangiato da Gian Piero Reverberi e con Franco Mussida, Franz Di Cioccio, Flavio Premoli e Mauro Pagani (la futura Premiata Forneria Marconi) a curare le parti musicali insieme ad Andrea Sacchi ed Angelo Branduardi esecutore ‘non accreditato’ di un fraseggio di violino. L’album, arrivato dopo l’autunno caldo delle manifestazioni studentesco- operaiste e dopo il botto di Piazza Fontana che avvia la lunga stagione a mano armata, venne registrato a Milano, in uno studio ricavato all’interno di un teatrino parrocchiale, alquanto malmesso, di via Cinquecento, nella zona di Piazzale Corvetto, con le assi scricchiolanti e i musicisti costretti a non muoversi troppo per non far sentire il cigolio. Nessuno avrebbe scommesso su un album così apparentemente avulso dall’attualità. «Alla generazione del tutto subito e dell’assalto al cielo – ricorda Bonanno – interessava poco una storia vecchia quasi di duemila anni», non avendo compreso che per contrastare gli abusi del potere e i soprusi dell’autorità, Gesù si era fatto inchiodare ad una croce «in nome di una fratellanza e di un egualitarismo universali». L’autore sottolinea un punto: i personaggi tratteggiati da De André sono espressione di un umanesimo dolente e compartecipe al contempo, approdando a una dimensione interiore quasi misericordiosa. Come nel caso di Tito, uno dei ladroni crocifissi con Gesù, che prova dolore «nel vedere quest’uomo che muore». Il livore di Tito si stempera in un sentimento di pietà verso il Nazzareno che sulla croce si spegne come un uomo qualunque. Una pietas che per Faber è la vera redenzione del buon ladrone. Bonanno arricchisce il testo con le testimonianze di persone «informate sui fatti»: Vecchioni, Harari, Maisano e Germini. Un saggio completo su un disco che, 50 anni dopo, conserva intatta la sua forza.

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FILOSOFIA Jullien e l’incontro con l’altro, costitutivo del nostro essere

Esiste ancora l’Occidente inteso come coscienza di una non totale coincidenza della propria identità con quella degli altri. Siamo infatti eredi di una tradizione di pensiero che, grazie a Platone, Aristotele ed Agostino, ha sempre sostenuto che per conoscere sé stessi bisogna conoscere anche l’altro: e che l’amore di sé, se non diventa amore di Dio, scade nel narcisismo e nei suoi molteplici camuffamenti, i quali possono sussistere (e fare danni) anche quando includono forme di relazione e comunicazione reciproca. Parigi permane quindi nel suo ruolo di centro irradiante di una proposta che nel XIII secolo l’aveva resa, nelle aule della Sorbona, la nuova Atene cristiana. Proposta che oggi continua a farsi sentire, ad esempio, tra le recenti pagine di François Jullien, docente all’Université Paris VII-Denis Diderot della capitale francese, pubblicate quest’anno in Italia da Fel- trinelli: L’apparizione dell’altro. Lo scarto e l’incontro (pagine 176, euro 18,00). Quando scrive che «si esiste solo in quanto si può incontrare: se smetto di incontrare, la mia vita si esaurisce». L’incontro con l’altro non è l’incidente di percorso di una vita che dovrebbe magicamente compiersi da sola, ma fa parte della nostra natura: per trovare l’altro basta quindi essere disponibili ad aprire un varco in ciò che troppo superficialmente consideriamo banale e familiare e iniziare a vederlo nella sua vera identità. Per conoscere l’identità dell’altro devo aprire la mia: e viceversa, l’altro deve aprire la propria, se vuole conoscere la mia identità. Parigi e Roma non sono antagoniste, perché l’Illuminismo europeo solo nelle sue correnti più radicali ha corroso la coscienza classico-cristiana dell’altro. Dove, infatti, l’illuminismo non ha rifiutato la radice cristiana (Montesquieu), ha teorizzato il governo rappresentativo della legge attraverso le istituzioni parlamentari modellate sul precedente costituzionalismo inglese, le quali, a loro volta, affondavano le radici almeno nella medioevale Magna Charta del 1215 e nella filosofia politica francescana inglese del XIV secolo (Guglielmo di Occam). La domanda che quindi non possiamo fare a meno di porci, sulla scia di Jürgen Habermas (che ormai dall’inizio del nuovo millennio guarda con favore alla tesi delle radici cristiane dell’Europa), è quanto l’identità cristiana costituisca quella condizione senza della quale non può esserci autentico pensiero della differenza, ma si torna all’anima anti-cristiana dell’illuminismo: il sogno di paradisi terrestri inesistenti o la teoria della democrazia diretta degli eguali di Rousseau, poi tradotta in pratica da Robespierre, Lenin, Mao Tze Tung e Stalin attraverso la dittatura totalitaria del partito prima giacobino e poi comunista.

Una situazione che Paul Ricoeur, nell’ultimo decennio del Novecento, chiamava «pluralismo cattivo », nel quale le differenze diventano indifferenti. Vengono cioè promosse, ma fino al punto di essere rese forzosamente uguali l’una all’altra oppure (e forse anche peggio) a sé stessi: facendo intravedere l’ombra inconfessabile del pensiero unico o, come avrebbe detto Platone, della tirannide.

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«UNA CHIESA VICINA» LA DIFFUSIONE NELLE PARROCCHIE ITALIANE DELL’INSERTO SPECIALE. Con Azione Cattolica e Avvenire per i sacerdoti italiani Una domenica con il quotidiano a sostegno dell’annuncio

La campagna «Insieme ai sacerdoti» sostenuta da «Avvenire» con la partecipazione dell’Azione Cattolica ha visto molte parrocchie italiane impegnate a raccogliere gesti concreti di vicinanza ai loro pastori. In tutta Italia decine di volontari domenica 22 novembre hanno venduto il quotidiano in parrocchia, permettendo così ad «Avvenire» di versare, per ogni copia venduta, un euro all’Istituto centrale per il Sostentamento del Clero. Assieme al giornale i lettori hanno trovato l’inserto speciale «Una Chiesa vicina. Storie di preti nell’Italia della pandemia». Le offerte raccolte oltre al costo del quotidiano sono andate per le parrocchie e i sacerdoti. In molti si sono dati da fare: «Nella settimana precedente abbiamo contattato soci e amici tramite email, sms o lettera a mano, con l’invito ad aderire all’iniziativa», racconta Anna Stano, presidente dell’Ac parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo di Bernezzo (Cuneo). «È stato un bel modo per informarsi avendo un gesto di attenzione verso i sacerdoti. Un modo per donare e nello stesso tempo ricevere», dice Maurizio Tridente, della parrocchia San Marco a Bari.

A Cavenago d’Adda (Lodi), come riporta Giancarla Crispini, presidente dell’Ac di Cavenago e Caviaga, l’iniziativa è stata anche l’occasione per alimentare il sogno che possano terminare presto i lavori di restauro nelle chiese parrocchiali. «Abbiamo toccato con mano la generosità di tanti fedeli», testimoniano dalla parrocchia della Natività della Beata Vergine Maria di Trebaseleghe (Padova). A queste voci si sono aggiunte decine di altre testimonianze dell’impegno messo in campo a sostegno dei preti. (M.Liut)

Avvento: quattro parole «nuove» per un tempo di storie

Avvenire

Il tempo dell’Avvento è parabola e narrazione di un incontro: tra la nostra umanità, dove risiede la nostalgia di Dio, e la presenza di Dio che si fa uomo, che nasce e ‘appare’ dall’eterno nella storia. Nostalgia è di fatto la prima parola di questo itinerario segnato dalla macchina da presa, alla quale fa da sfondo il film Tutto il mondo fuori (2020) di Ignazio Oliva, con don Marco Pozza (piattaforma VatiVision). Un documentario dove si respira il sapore della nostalgia: di Dio, di famiglia, di reintegrazione nella società. Tra le mura del carcere di Padova ‘Due Palazzi’, don Marco è un cappellano che cammina accanto a vite disperse ma desiderose di riscatto, di riabbracciare la vita. Spesso è il ricordo della libertà, altre volte la nostalgia di un passato vissuto ‘fuori’, comunque i passi segnati due a due, e insieme capaci di aprire un oltre di speranza e redenzione. Proprio la nostalgia, se accompagnata e ben valorizzata, può essere il terreno fertile dove far germogliare la ‘memoria’, ovvero il ricordo vivo e presente di Colui che è il veniente: Gesù Cristo Figlio di Dio.

Il periodo dell’Avvento porta con sé anche questa suggestione: quella della memoria che segna la seconda tappa del percorso: La vita davanti a sé (2020) di Edoardo Ponti, con Sophia Loren (su Netflix), ci restituisce la dimensione della memoria con il forte tratto delle radici culturali, religiose, identitarie. Molto significativa è la dinamica che soggiace a questo film: sulla polvere del passato (la Shoah resa viva dal volto della Loren) si va lentamente disegnando una luce di speranza, grazie all’incontro tra due solitudini: quella di un passato troppo presente e di un presente orfano di futuro. Il film è un inno all’incontro che salva.

Ricerca è invece lo sfondo della terza domenica, accompagnata dalla proposta cinematografica L’altro volto della speranza (2017) di Aki Kaurismäki (su RaiPlay). Tema portante del film è quello della solidarietà, del reciproco soccorso, del ritrovarsi: la salvezza passa dalla condivisione, per approdare alla comunione.

L’itinerario si conclude con la parola Incontro, preludio e annuncio del Natale. Lo sfondo cinematografico è offerto dal film Bar Giuseppe (2019) di Giulio Base (su RaiPlay). Il film si propone come ‘attualizzazione’ della Natività. L’incontro tra due umanità periferiche, quella di Giuseppe – titolare di un Bar nella Bari di oggi – e quella di Bikira, una giovane immigrata in cerca di occupazione ma soprattutto di speranza. Il tessuto sociale, sfondo della storia, è quello dell’Italia di oggi, un presente cioè impastato di fragilità ma anche di resilienza.

La luce del cinema, mai accecante né pre-potente, illumina così i passi dell’Avvento: passi di coraggio e di redenzione, dentro ai tanti deserti del presente e verso i germogli di un futuro migliore.

Membro Commissione film della Cei

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Nostalgia, memoria, ricerca e incontro: ecco le tappe di un viaggio attraverso le opere d’autore reperibili sulle piattaforme tv

SRI LANKA Allarme elefanti: mangiano plastica nelle discariche

Il governo dello Sri Lanka sta costruendo trincee ed erigendo recinzioni elettriche per impedire agli elefanti di mangiare rifiuti di plastica nelle discariche a cielo aperto, un’abitudine letale per i pachidermi. La popolazione di elefanti dello Sri Lanka è scesa a circa 7mila secondo l’ultimo censimento, rispetto ai 12.000 all’inizio del 1900.

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