Carceri. Celle sovraffollate e suicidi: è di nuovo emergenza

(Fotogramma)avvenire

Martedì sera, è successo ancora. Nel carcere Don Bosco di Pisa un detenuto è tornato in cella, dall’infermeria, e si è impiccato. Il compagno di cella era in bagno e non se n’è accorto subito. Ogni tentativo di rianimazione è stato vano. Era in custodia cautelare dal 7 novembre, in attesa di giudizio per il reato di spaccio. È il terzo suicidio, quest’anno, in un istituto toscano. Nelle stesse ore, un altro uomo si è tolto la vita nel penitenziario di Catania, portando a 64 le morti per suicidio nel sistema carcerario. Il dato più alto da anni (negli ultimi cinque, il picco era stato di 52 nel 2017). Non solo: in questo tragico 2018, le morti in carcere per altre cause sono state 74, per un totale di 135, compresi due bimbi: Faith (sei mesi) e Divine (1 anno e mezzo), uccisi dalla madre, reclusa nell’Istituto femminile di Rebibbia.

Un segnale estremo della situazione, divenuta più angosciante, per una serie di concause: alcune storiche (l’inadeguatezza strutturale di alcuni istituti, la fragilità di molti detenuti, la carenza di formazione e di esperienze lavorative), altre in ripresa, come l’aumento di presenze: 60.002 a fine novembre, a fronte di 50.583 posti regolamentari e con un sovraffollamento, dunque, del 118,6%.

L’allarme dei Garanti. Quel dato sale, se si tiene conto del fatto che – secondo il ministero della Giustizia –, ci sono almeno 4.600 posti inagibili, il che proietterebbe il sovraffollamento al 130,4%. Con punte altissime a Taranto, dove a fronte di 306 posti ci sono 609 persone (+199%), Busto Arsizio (+187,5%) o Como (+185,7%). Le analisi sul sovraffollamento, insieme a valutazioni dettagliate, sono contenute in un dossier del Partito radicale: 26 pagine di cifre e comparazioni che Avvenire ha visionato e che nei prossimi giorni il partito invierà al Consiglio d’Europa e alla Corte europea per i diritti dell’uomo.

«Sovraffollamento non significa che la gente dorma per terra. Tuttavia, alcuni istituti sono talmente affollati che ciò, sommato ad altri problemi, genera depressione e altre conseguenze – ragiona Mauro Palma, Garante nazionale per i diritti delle persone private di libertà –. Nelle nostre visite, abbiamo riscontrato peggioramenti in istituti come Sollicciano, Como o Bolzano, dove servono lavori urgenti». Inoltre, secondo il Garante dei detenuti della Toscana Franco Corleone, «la mancata riforma dell’ordinamento penitenziario ha provocato delusione ed esasperazione nella popolazione detenuta». Secondo Rita Bernardini, dirigente radicale e presidente di Nessuno Tocchi Caino, «le misure prese dallo Stato italiano dalla sentenza Torreggiani a oggi, non sono state in grado di affrontare in modo strutturale il problema del sovraffollamento». Negli ultimi tre anni, rileva Bernardini, «la popolazione è tornata ad aumentare, dagli oltre 52mila del 2015 ai 60mila odierni. Con una sistematica violazione dei diritti fondamentali delle persone detenute, costrette a vivere in ambienti insalubri e fatiscenti, private del diritto alla salute o agli affetti familiari».

Il governo: più istituti. La ricetta del governo giallo-verde (che ha congelato la riforma sull’accesso alle misure alternative al carcere, messa a punto dal precedente esecutivo) è stata ribadita dal vicepremier e leader di M5s Luigi Di Maio: «Dobbiamo costruire nuove carceri, rispetto agli ‘svuota-carceri’ del passato ». Nel decreto legge sulla semplificazione, approvato dal Consiglio dei ministri, si prevedono interventi per velocizzare il piano di edilizia penitenziaria: dal primo gennaio 2019 al 31 dicembre 2020 (ferme restando le competenze del ministero delle Infrastrutture) si assegnano al Dap funzioni come progetti e perizie per la ristrutturazione e la manutenzione, ma anche per realizzare nuove strutture o recuperare immobili dismessi. E il Guardasigilli Alfonso Bonafede annuncia lo stanziamento di 196 milioni di euro per «migliorare la vita lavorativa» della polizia penitenziaria» e un piano straordinario d’assunzione di 1.300 agenti.

Un piano accolto con scetticismo da associazioni come Antigone, che chiede al governo di agire «senza slogan». Dove si trovano soldi per nuove carceri, domanda il presidente Patrizio Gonnella, se farne uno «di soli 300 posti costa in media 2530 milioni? E con tempi lunghissimi: per ogni struttura ci vogliono tra i 7 e i 10 anni». L’ipotesi delle caserme dismesse potrebbe accelerare i tempi, ma serviranno comunque tempo e denaro per ristrutturarle. E nel frattempo, il sovraffollamento potrebbe crescere.