Cambiamenti climatici e cementificazione tra le cause delle alluvioni

Roma, 9. Le tragiche conseguenze del maltempo che sta flagellando gran parte dell’Asia, dal Pakistan, all’India, alla Cina, ma anche vaste regioni dell’Africa e dell’Europa nordorientale, chiamano in causa anche responsabilità politiche locali e internazionali. I ritardi nella lotta contro i cambiamenti climatici e i mancati controlli su un’edilizia spesso dissennata sono infatti le cause frequenti di situazioni che si ripetono sempre più spesso. La cronaca di questi giorni ne mostra di sconvolgenti in tutto il mondo. L’Europa nordorientale è stata colpita durante il fine settimana da straripamenti di fiumi in Germania, Polonia e Repubblica Ceca e da violente ondate di maltempo anche in altri Paesi, come la Slovacchia e la Lituania. Né il maltempo ha risparmiato l’Africa, soprattutto nelle regioni occidentali. Come accade sempre più spesso, dopo un lungo periodo di siccità sono arrivate piogge intense e concentrate, in particolare in Burkina Faso e in Sierra Leone, dove questa mattina ci sono stati sedici morti per una frana provocata dalle inondazioni. Le emergenze maggiori si registrano però in Asia, dove durante il fine settimana c’è stata un’inondazione in Cina. La situazione più grave resta comunque quella in Pakistan, un Paese nel quale gli alluvionati sono cinque milioni e le persone coinvolte, a diverso titolo, tre volte tante. Diverse regioni sono ancora isolate e si teme un aumento dello già spaventoso bilancio di millecinquecento morti. Il premier Yusuf Raza Gilani ha rivolto un nuovo accorato appello alla comunità internazionale per aiuti che permettano di far fronte alla peggiore catastrofe umanitaria della storia del Pakistan. Grave è ancora anche la situazione nel confinante Stato indiano dello Jammu e Kashmir, dove i morti accertati sono 145, compresi due cittadini francesi, e i dispersi oltre cinquecento. Nel frattempo, nel nord ovest della Cina, frane, smottamenti e inondazioni hanno provocato nel fine settimana 127 morti accertati, ai quali si aggiungono 1.300 dispersi. Nel solo villaggio di Yeyuan, dove nessuna struttura è rimasta in piedi, i soccorritori non hanno trovato finora segni di vita. Una donna è stata invece estratta viva nella tarda mattinata di oggi dalle macerie di un palazzo distrutto a Zhouqu, nel Guanso, un distretto della provincia tibetana autonoma. Il disastro è stato provocato dall’esondazione del fiume Bailong, bloccato da una diga lunga tre chilometri, larga cento metri e profonda nove. Dell’invaso, che contiene un milione e mezzo di metri cubi d’acqua, non è stato controllato il deflusso e questa mattina si è dovuto ricorrere a due esplosioni per aprire la strada all’acqua. In leggero miglioramento, invece, sembra la situazione nel triangolo di confine tra Polonia, Repubblica Ceca e Germania, dove durante il fine settimana ci sono state 15 persone annegate, tre delle quali in Sassonia, la regione che ha registrato i maggiori danni materiali. Anche il questo caso a determinare il disastro è stata la rottura di una diga, quella nei pressi di Radomierzyce, in Polonia, alla quale è seguita la mancata tenuta degli argini del fiume Neisse, superati dalla piena. Nella città sassone di Neukirchen tre persone sono annegate in una cantina allagata, mentre in quella di Görlitz alcuni quartieri sono ancora sommersi dall’acqua. Nella notte tra sabato e domenica il livello della Neisse, abitualmente di 1,70 metri in questa stagione, era salito nel giro di appena tre ore a 7,07 metri, il più alto da quando nel 1912 sono iniziate le misurazioni (la punta massima di 6,70 metri si era registrata finora nel 1981). In allarme è ora il Brandeburgo, dove si attende la piena della Neisse e della Sprea. La minaccia più impellente è quella alla cittadina di Bad Muskau, dove è in arrivo la piena della Neisse, prevista a un livello di sei metri e mezzo, a quello di un metro abituale in questo periodo. In Sassonia l’inondazione ha prodotto danni incalcolabili e stamani il ministro federale dell’Interno, Thomas de Maiziere, si recherà a Bautzen, nel Brandeburgo, per avere un quadro esatto della grave situazione. In Polonia, già colpita dalle inondazioni che in maggio provocarono 22 morti, lo straripamento di alcuni fiumi ha causato la morte di tre persone nella Bassa Slesia, tra le quali una donna di Bogatynia, la città più colpita. Il sindaco, Andrzej Grzmielewicz, ha detto che la velocità e l’intensità della piena del fiume Miedzianka non hanno dato il tempo di mettere in allarme la popolazione. Cinque morti accertati ci sono stati nella Repubblica Ceca, dove la polizia ha riferito che altre tre persone sono considerate disperse. Le inondazioni hanno privato mille abitazioni di energia elettrica e altre quattromila del gas nella regione di Liberec, a cento chilometri a nord di Praga. Duecento persone sono state fatte sgomberare con gli elicotteri. Senza elettricità sono ancora anche alcune regioni nell’est della Slovacchia. In Lituania, la caduta di alberi e il crollo di strutture, provocati anche dal forte vento, hanno ucciso quattro persone, ne hanno ferite numerose altre e ne hanno lasciate migliaia senza corrente elettrica. (©L’Osservatore Romano – 9-10 agosto 2010) [Index] [Top] [Home] Situazione critica a Mosca avvolta dal fumo Mosca, 9. La mortalità a Mosca è raddoppiata negli ultimi giorni per l’ondata di caldo e fumo provocata dagli incendi. Il timore, che circolava da giorni, è stato confermato dal capo del dipartimento Sanità dell’amministrazione, Andrei Seltsovski. "Negli ultimi giorni la mortalità a Mosca è aumentata del doppio", ha detto Seltsovski. Il funzionario ha aggiunto che gli obitori della capitale russa – dove in un periodo normale si registrano giornalmente 360-380 decessi e attualmente quasi 700 – sono praticamente pieni. L’ammissione del funzionario rompe giorni di silenzio da parte delle autorità russe sull’aumento del tasso di mortalità provocato dall’ondata di calura e fumo; un aumento di cui da giorni invece si parlava sui giornali. La nuvola di fumo, intanto, lambisce San Pietroburgo, l’antica capitale finora risparmiata dagli incendi e dalle loro conseguenze. Oggi l’emergenza dovrebbe diminuire, dicono gli esperti, ma ormai il Paese è in balìa dei venti, tanto che anche la vicina Finlandia ha manifestato qualche preoccupazione dopo aver registrato l’aumento di particolato atmosferico, da sei a dieci volte superiore alla norma. Il fronte degli incendi non sembra migliorare. Le fiamme hanno danneggiato per decine di milioni di euro uno stabilimento top secret vicino a Kolomna, cento chilometri a sud est da Mosca: il centro di progettazione del ministero della Difesa per la creazione e il collaudo dei missili Iskander e Igla. Il fuoco ha minacciato anche un nuovo centro nucleare, quello del distretto di Snezhinsk, nella regione di Celiabinsk, sugli Urali. Inizialmente i camion dei vigili del fuoco non sono riusciti a superare i terreni troppo paludosi e i pompieri sono dovuti intervenire a piedi con gli zaini antincendio, in una zona di sette ettari di bosco. Poi si sono levati in volo anche due elicotteri Mi8 ed è stata creata una barriera di sassi di diversi chilometri. Ora il rogo è circoscritto, ma il ministro della protezione civile ha chiesto agli operatori di lavorare anche di notte. Già al sicuro invece il centro di ricerca nucleare di Sarov. (©L’Osservatore Romano – 9-10 agosto 2010)