Avvento: nascita e rinascita

Settimana News

di: Vinicio Albanesi

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Con questa domenica inizia il nuovo anno liturgico chiamato Avvento. Le quattro settimane che separano dalla festività del Natale sono state interpretate, nella tradizione cristiana, come tempo di digiuno, di penitenza e di elemosina.

Gli storici dicono che solo relativamente tardi, nel V secolo, a seguito della prassi introdotta dai monasteri di San Colombiano, si incominciò a delineare il significato della preparazione al Natale.

L’interpretazione religiosa poggiava sul concetto della doppia venuta del Signore: nella nascita e nel momento finale.

Nel tempo è prevalso il clima di festa, aumentato, almeno in Italia, dalle vacanze dei ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado.

A scuola della Parola

La liturgia segue un altro percorso: la bellezza e l’attesa è prima di tutto l’accoglienza del cuore libero da ogni cupidigia e dai legami dell’esteriorità.

I brani indicati da questa prima domenica sono in parallelo tra la preghiera di lode e l’avvertimento della caducità della vita.

Nello scritto di Isaia i richiami a Dio sono di grande tenerezza: «Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore».

Il profeta si permette addirittura di provocare Dio stesso, anche se in forma di domanda: «Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema?».

Ma alla provocazione il profeta subito si risponde: «Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani».

Con rara profondità di introspezione, le parole bibliche indicano le componenti del cuore umano. Il desiderio di bene e di infinito e la pochezza delle contraddizioni terrene, per ricomporre il tutto nella preghiera di lode «siamo opera delle tue mani».

Il Vangelo di Marco ricorre alla parabola del padrone di casa che parte, ritorna e chiede conto a coloro ai quali è stata affidata, con l’avviso: «Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati».

In questo periodo tremendo a causa della pandemia, l’attenzione ad essere svegli è ben presente e sofferta.

Tempo di penitenza

La penitenza dell’Avvento è stata data. Non è un’opzione di Dio per punire, come qualcuno afferma o addirittura creata da complotti suggeriti dal demonio. La natura ha sbattuto in faccia le conseguenze dolorose e catastrofiche della gestione dissennata della terra.

La penitenza è sofferta dai ragazzi che non possono andare a scuola, ma sono costretti a seguire a distanza, nella freddezza degli schermi dei personal computer senza la frequenza e il contatto salutare dei loro coetanei.

L’hanno sofferta coloro che sono morti. I mezzi di comunicazione, quasi a giustificazione, hanno insistito nel raccontarci che erano di età molto grande con morbilità pregresse, come se fosse una consolazione. 50 mila morti sono molti, troppi in pochi mesi, nonostante il sacrificio di quanti hanno combattuto in prima linea: medici, infermieri, operatori che, con coraggio, hanno sfidato un nemico infido e invisibile, rimanendone alcuni vittima.

Hanno sofferto penitenza chi ha perso il lavoro, ha subìto la cassa integrazione o addirittura è stato ridotto in povertà.

La contraddizione tra una società opulenta e consumistica e il clima di paura e di contenimento dei contatti e delle mobilità, coinvolgendo addirittura la pratica religiosa, è forte.

Rivivere

Le risposte sono due: la presa di coscienza che qualcosa non ha funzionato, da cui la correzione dei comportamenti, oppure il desiderio di andare oltre, senza aver appreso la lezione.

Il desiderio di una festa, almeno in famiglia e tra gli amici, è una giusta pausa di respiro alle note che ogni giorno rattristano per le malattie e le morti.

Possiamo invocare Dio con le parole del salmo: «Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome».

È bene sottolineare il “facci rivivere”: un futuro più equilibrato, armonioso nel quale ognuno, con la propria storia, possa trascorrere sereni i giorni della vita.

Forse è la preghiera migliore in questo momento, accompagnata dalla coscienza che le cose debbono cambiare per stare meglio: essere più coesi, più tranquilli, più felici per la vita donata.

Vale la pena fermarsi e riflettere: non cadere nelle trappole del black Friday, perché si dimostrerebbe che non si è capito nulla. È utile pensare a un white Friday, un periodo di riflessione e spiritualità che riporti alla rinascita.