Liturgia IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Bianco

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Gesù è il dono del Padre.
Chi è veramente Gesù?
Niente come l’antitesi tra il Buon Pastore e il mercenario ce lo fa capire.
In cosa si differenziano radicalmente le due figure?
Non certo per il ruolo che, all’apparenza, sembra il medesimo. Li oppone e li divide la natura intima del rapporto con le pecore: la non appartenenza per il mercenario e l’appartenenza per il pastore. Se le pecore non ti appartengono te ne vai quando arriva il lupo e le lasci alla sua mercé.
Se sei un mercenario non t’importa delle pecore e non ti importa perché non le conosci. Non le conosci “per esperienza”, non le conosci per amore: esse non sono tue.
E da che cosa si vede se sono tue? Che dai la vita per loro. Gesù dà la vita per noi. È lui che ce la dà, tiene a precisare, nessuno gliela toglie. Lui, solo lui, ha il potere di offrire la sua vita e di riprenderla di nuovo. In questo sta la sua autorevolezza, nel potere dell’impotenza, a cui Dio nella morte si è volontariamente esposto.
Gli uomini possono seguire Gesù solo in forza di questa sua autorevolezza. Per essa ne conoscono la voce, subiscono il fascino della sua Presenza, si dispongono alla sequela. Solo nel vivere questa appartenenza il cristiano diventa a sua volta autorevole, cioè capace di incontrare l’altro, di amarlo e di dar la sua vita per lui. L’appartenenza fa essere eco fragile e tenace della sua Presenza e suscita la nostalgia di poterlo incontrare.

L’esodo silenzioso delle giovani donne dalla Chiesa e dalla fede cattolica

Cerco, dunque credo? I giovani e una nuova spiritualità” (Vita e Pensiero, 2024) con sconto 5% su amazon 

 

avvenire.it

Il “caso serio” costituito dal rapporto fra comunità ecclesiale, fede dei giovani. La sete e la ricerca di spiritualità che continuano ad abitare la vita di chi ha abbandonato la Chiesa e la fede nelle sue forme tradizionali – anche quando è una spiritualità senza Dio, o con un Dio senza nome, e che sempre meno spesso ha il nome di Gesù. Le contiguità e le consonanze di interrogativi, giudizi, idee – su Dio, la Chiesa, la fede, la vita, la morte, l’etica, la sessualità – fra i giovani che hanno lasciato e quelli che sono rimasti. Sono molteplici – e tutti urgenti, provocatori, potenzialmente fecondi – i motivi d’interesse della ricerca raccolta nel volume “Cerco, dunque credo? I giovani e una nuova spiritualità” (Vita e Pensiero, 2024) curato da Rita Bichi e Paola Bignardi, promosso dall’Istituto Toniolo – l’ente fondatore dell’Università Cattolica, nella cui sede milanese è stata presentata l’indagine (https://www.avvenire.it/giovani/pagine/istituto-toniolo-giovani-profeti-di-una-chiesa-che-sa-ascoltare-e-accogliere-tutti). I numeri dell’esodo dalla Chiesa cattolica L’allontanamento dei giovani dalla Chiesa e dalla fede cattolica è una tendenza che il Rapporto Giovani realizzato dal 2013 ogni anno dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo registra con fedeltà. Nel 2013 i giovani che si dichiaravano cattolici erano il 56,2% e nel 2023 il 32,7%. Negli stessi anni i giovani che si dicono atei sono passati dal 15% al 31%. Ancora più significativo il mutamento fra le giovani donne: quelle che si dichiarano cattoliche sono passate dal 62% al 33%, quelle che si dichiarano atee dal 12% al 29,8%. E se il trend continuasse così? Secondo i dati comunicati da Paola Bignardi presentando la ricerca in Cattolica, sul totale dei giovani italiani i cattolici sarebbero il 18% nel 2033 e il 7% nel 2050, le giovani cattoliche il 17% nel 2033 e il 6% nel 2050. «Un dato particolarmente interessante, forse in linea con l’evolvere della sensibilità spirituale – ha sottolineato Bignardi –: aumenta la percentuale dei giovani che dichiarano di credere in una generica entità superiore ma senza far riferimento a nessuna religione: nel 2023 sono il 13,4%; nel 2020 erano l’8,7%; nel 2016 il 6,2%». Mettersi in ascolto di chi ha scelto altre vie Dalle cifre alle storie. I numeri dicono molto. Ma non tutto. Ecco, allora, l’importanza di mettersi in ascolto dei giovani che hanno lasciato la Chiesa e la fede per conoscere e condividere i vissuti, i motivi e le dinamiche dell’abbandono, come ha fatto l’Istituto Toniolo con quest’ultima indagine. Nelle parole dei giovani, il ritratto di una Chiesa istituzione lontana dalla vita, più brava a giudicare che ad ascoltare e accogliere, più “azienda” che comunità dove sperimentare una fede e una spiritualità che sanno rispondere alla vita e alle sue domande di senso. Questi giovani «hanno difficoltà a riconoscersi negli insegnamenti della Chiesa, nella sua visione della vita e soprattutto nei suoi insegnamenti morali – scrive Bignardi –. Particolarmente presente è il tema dell’omosessualità; chi vive questa esperienza parla del suo essersi sentito giudicato e rifiutato; chi guarda la questione dall’esterno ritiene discriminatorie le posizioni della Chiesa e in contrasto con i suoi insegnamenti». Linguaggi e liturgia fanno sentire estranei. E l’abbandono della Chiesa è in genere graduale, consapevole, solo in alcuni casi “arrabbiato”. Nuove rotte fra religione e spiritualità Nelle parole di quegli stessi giovani c’è però anche nostalgia per la fede e la comunità cristiana. E c’è il sogno di una Chiesa aperta, plurale, libera e liberante, povera e vicina ai poveri, al dolore, alle fragilità: una Chiesa giovane e gioiosa, fa sintesi Giovanna Canale, docente, in uno dei contributi raccolti nel libro. I giovani lasciano la Chiesa, ma non sempre la fede, né la ricerca spirituale. Interiorità, natura, connessione i tre “luoghi spirituali” che emergono dalle interviste. Che sembrano confermare quanto scrive il teologo Tomáš Halík, citato da Bignardi: «La sfida principale per il cristianesimo ecclesiale di oggi è il cambiamento di rotta dalla religione alla spiritualità». L’addio delle giovani donne Fra i nodi incandescenti che emergono dall’indagine, quello che Fabio Introini e Cristina Pasqualini chiamano «l’esodo silenzioso delle giovani donne»: iniziato con la Generazione X (le nate fra 1965 e 1979), proseguito con le Millennials (1980-1995), continua con la Generazione Z (1996-2010). Per troppo tempo la Chiesa ha considerato le donne una presenza scontata, dovuta, ancillare all’establishment maschile. E oggi? Ragazze e giovani donne faticano a trovare ascolto e risposte alle loro esigenze, alle loro attese, al loro vissuto. Dall’iniziazione cristiana all’oratorio, troppe cose sono a misura di maschio. Le “dinamiche dell’abbandono” parlano di percorsi “emancipativi” e «profondamente legati alla mobilità innescati dai percorsi di carriera di studio e lavoro». Che portano a contatto con la complessità della vita e dell’umano. E sono «la matrice di nuove domande di senso ma anche le fonti di nuovi saperi che fanno breccia nella precedente visione del mondo». L’addio, in genere non polemico, si fa “arrabbiato” «in riferimento al rapporto che l’istituzione ecclesiale mantiene con la comunità Lgbtq+ o in merito alla questione dell’aborto», e quando si toccano «la sfera della corporeità, della sessualità, delle relazioni di coppia e della maternità», scrivono Introini e Pasqualini. La fede pare “protestantizzarsi”: non nel senso di una “individualizzazione” ma «per via del suo “trasformarsi” nel perseguimento del proprio “Beruf” di weberiana memoria, vale a dire il pieno compimento della propria vocazione “intramondana” nell’esercizio motivato e totalizzante del lavoro». Infine: le giovani intervistate, abituate a non avere spazio decisionale nella Chiesa, non lo rivendicano: hanno imparato a farne a meno. E a fare a meno della Chiesa. Ma la Chiesa può fare a meno delle donne? Come vivere e annunciare il Vangelo – e come essere Chiesa – senza di loro? Chi se n’è andato, chi è rimasto: duecento voci da ascoltare Cento giovani di tutta Italia, fra i 18 e i 29 anni, che si sono allontanati dalla Chiesa e dalla religione cattolica, ai quali – tramite colloqui individuali – è stato chiesto di raccontare il cammino dall’appartenenza ecclesiale all’“esodo”, la concezione di spiritualità, il pensiero sulla Chiesa e la fede. E 91 giovani che invece sono rimasti “vicini” alla Chiesa, le cui esperienze e idee sono state raccolte con la tecnica del focus group. Sono i due sotto-campioni dell’indagine pubblicata nel volume a cura di Rita Bichi e Paola Bignardi “Cerco, dunque credo? I giovani e una nuova spiritualità” (Vita e Pensiero, 2024): ricerca che giunge a quasi dieci anni dall’indagine raccolta nel libro “Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia” (Vita e Pensiero, 2015) anch’esso curato da Bichi e Bignardi. “Cerco, dunque credo?” è promosso dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con il Centro Studi di Spiritualità della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, la Facoltà Teologica del Triveneto, l’Istituto superiore di Scienze religiose “Alberto Marvelli” delle diocesi di Rimini e di San Marino-Montefeltro e la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sezione “San Tommaso d’Aquino” di Napoli. Il risultato? Un ritratto provocatorio e illuminante della realtà dei giovani. E un appello alla “conversione” della Chiesa. A partire dal dialogo con i giovani e la loro vita.

L’opera del vescovo Cipriano di Cartagine manifesta un’attualità esemplare nel saper mantenere un dialogo continuo tra gli eventi e la capacità umana di cercare significati più profondi alla luce della fede in Cristo

Antonio Bonato, Cipriano di Cartagine. Un vescovo sapiente e coraggioso in tempo di persecuzione, Collana: Sophia. Episteme. Studi e ricerche, 26, Edizioni Messaggero Padova-Facoltà Teologica del Triveneto, pp. 198, € 19,00 qui con 5% sconto, ISBN 9788825057843.

L’opera del vescovo Cipriano di Cartagine – una delle figure più significative della Chiesa africana del III secolo, protagonista dell’azione pastorale nel decennio tra 248 e il 258 – manifesta un’attualità esemplare nel saper mantenere un dialogo continuo tra gli eventi e la capacità umana di cercare significati più profondi alla luce della fede in Cristo. È quanto mette in luce Antonio Bonato, presbitero vicentino, dottore e docente in scienze patristiche, nel libro Cipriano di Cartagine. Un vescovo sapiente e coraggioso in tempo di persecuzione, nuova uscita nella collana Sophia della Facoltà teologica del Triveneto in coedizione con Edizioni Messaggero Padova.

«L’interesse per la figura di Cipriano e il confronto con il trattato De mortalitate si sono imposti durante il periodo di pandemia, in cui il contagio ha colpito persone di ogni età su larga scala e ha comportato notevoli limitazioni alla libertà dei singoli, delle comunità e delle istituzioni – spiega Antonio Bonato –. L’esperienza della peste, vissuta e testimoniata dal vescovo cartaginese in questo opuscolo, mi ha offerto l’occasione per riflettere sulle cause, sui rimedi e sulle prospettive indicate dal pastore africano. Ho potuto così misurarmi con il pessimismo che ha condizionato le aspirazioni e le speranze del III secolo, e ho potuto meglio individuare l’orizzonte culturale e spirituale dei cristiani, testimoni di un’epoca di angoscia».

L’indagine di Bonato si allarga ad altri scritti di Cipriano che, nel De opere et eleemosynis, tratta della carità fraterna e della solidarietà in tempo di prova e di carestia, denunciando il pericolo di rilassamento dei costumi.

Il De habitu virginum ribadisce l’importanza della disciplina come fondamento della vita ascetica.

Nell’impegno a far ripartire la vita ecclesiale dopo lo shock delle persecuzioni di Decio, con il De lapsis, Cipriano si mostra prudente nell’affrontare lo spinoso problema degli apostati (lapsi), invitando i responsabili a riconciliarsi con Dio.

settimananews

Liturgia III DOMENICA DI PASQUA (ANNO B) 14 Aprile 2024

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Bianco

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Gesù, venendo nel mondo, aveva come scopo ultimo della sua vita la salvezza dell’umanità. Per questo, oltre che preoccuparsi di operare la salvezza degli uomini per mezzo della sua passione, morte e risurrezione, provvide a far giungere la salvezza a tutti i popoli della terra per mezzo dell’opera della Chiesa. A tale scopo, fin dall’inizio della sua vita pubblica, si scelse dei discepoli perché stessero con lui, perché, vivendo con lui, seguendo i suoi esempi e le sue istruzioni, fossero formati per diventare suoi testimoni qualificati tra le genti. Gesù li formò innanzitutto alla sottomisione alla volontà del Padre, cioè all’amore della croce e allo svuotamento di se stessi (Mt 16,24-25) e li consacrò alla salvezza delle anime (Gv 17,18-20). Apparendo ai suoi apostoli, dopo la sua risurrezione, Gesù completò la formazione e l’insegnamento dato ai suoi discepoli; rivelando loro la verità del Vangelo, dette una pratica dimostrazione della realtà della vita eterna. Aprì in tal modo le loro menti alla comprensione delle Scritture e dei suoi insegnamenti, per renderli suoi testimoni autentici (cf. At 2,21-22), perché per mezzo loro la sua salvezza arrivasse a tutti gli uomini. Ogni cristiano oggi è chiamato a diventare un testimone autentico di Gesù, rivivendo in se stesso il mistero pasquale. La sua formazione cristiana è completa quando la sua vita si apre generosamente all’opera di evangelizzazione e di salvezza dei fratelli.