Aumento dell’età pensionabile. Il lavoro davvero usurante della mamma lavoratrice

Caro direttore,

grazie sempre per il prezioso contributo che “Avvenire” offre portando avanti l’approfondimento e la proposta sui grandi temi della famiglia. Ti scrivo per ringraziarti anche per lo spaccato che avete raccontato martedì scorso, 22 novembre 2017, sul tema delle donne-mamme-lavoratrici. Le lettere che avete pubblicato, che sono solo tre delle centinaia che abbiamo ricevuto in questo periodo, mostrano tutta la miopia di un Paese che si riempie la bocca della parola “donna”, ma che poi, nei fatti non fa nulla per mettere realmente le donne nella possibilità di realizzarsi come lavoratrici e come mamme.

Questo è il Paese nel quale una donna è costretta a nascondere il pancione sul posto di lavoro perché rischia, altrimenti, di essere licenziata. Questo è il Paese dove una delle prime cause di povertà è mettere al mondo un figlio. Questo è il Paese in cui se lavori e hai figli vieni abbandonata a te stessa, come se l’educazione fosse un fatto privato e non un investimento sul futuro delle nostre città. Ho letto che il Governo ha scelto le categorie che, giustamente, potrebbero essere esentate dall’aumento dell’età pensionabile a 67 anni, perché trattasi di lavori logoranti. Ci sono muratori, conciatori di pelle, stampatori a caldo, ma anche maestre, infermiere, donne delle pulizie e badanti. Giustissimo, per carità, ma fa sorridere che tra queste categorie non ci siano le donne lavoratrici con figli che – come ha avuto modo di sostenere Flavia Perina – «il lavoro di maestra lo fanno di default nella fascia 0-18, per di più come secondo lavoro obbligatorio, per di più rifinendo quotidianamente merci (figli) che in prospettiva pagheranno la pensione anche ai guidatori di gru e agli addetti alla concia di pelli e pellicce…».

Io credo, caro direttore, che questo Paese debba ripartire da quelle donne che, oltre a portare uno stipendio a casa, sono anche, loro malgrado maestre, badanti, cuoche, donne delle pulizie, infermiere per il solo fatto di essere anche mogli e mamme. Per questo mi meraviglio che le Istituzioni tutte, non comprendano che non servono tante celebrazioni di facciata o tante attenzioni su terminologie politically correct, quanto mettere le donne nella condizione di vivere pienamente e serenamente, quando lo vogliono, il loro duplice ruolo di mamma e di lavoratrice senza ostacoli. Avremmo sicuramente città più belle, figli più sereni e donne più felici. La vera discriminazione è il dover scegliere tra la carriera e una famiglia. Se qualcuno cerca una battaglia decente per la prossima campagna elettorale, eccola. Chi ha davvero a cuore la situazione femminile italiana, lo mostri con i fatti e non solo a parole.

di Gigi De Palo – Presidente del Forum delle associazioni familiari

Lettera ad Avvenire