Assisi. Bassetti: «Il futuro governo sia a servizio della gente»

Bassetti: «Il futuro governo sia a servizio della gente»

«A un futuro governo dico soprattutto di essere totalmente al servizio della gente e di adottare quello che noi, anche nella dottrina sociale della Chiesa, chiamiamo il bene comune». Lo ha detto il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, a margine della presentazione, ad Assisi, del libro Francesco il ribelle di padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento.

«Ho espresso la mia gioia per l’affluenza perché avevo raccomandato due volte, come presidente della Cei, che la gente andasse a votare», ha aggiunto il cardinale, parlando con i giornalisti. «Avevo proprio paura di un flop, che avrebbe voluto dire che la gente era lontana dalla politica, era disinteressata. Invece, la gente ha votato. A questo punto toccherà alla sapienza e prudenza del presidente della Repubblica, che darà le indicazioni più opportune». «Di più non posso dire, anche perché mi sono ripromesso di dare qualche giudizio più specifico durante il Consiglio permanente (dal 19 marzo, ndr) confrontandomi con gli altri vescovi».

In piena campagna elettorale, Bassetti aveva consegnato alla politica e al Paese tre espressioni – ricostruire la speranza, ricucire il Paese, pacificare la società – equivalenti “tre verbi, tre azioni pastorali, tre sfide concrete per il futuro”.

“C’è un’urgenza morale – aveva detto il 22 gennaio aprendo il consiglio permanente della Cei – di ricostruire ciò che è distrutto. L’Italia è il Paese di una bellezza antica e prodigiosa, ricca di umanità e fede, di paesaggi incantevoli e con un patrimonio culturale unico al mondo. Una bellezza, però, estremamente fragile nel suo territorio, nei suoi borghi medievali, nelle sue città. Tra l’altro, ancora oggi non possiamo dimenticare quelle migliaia di persone che hanno perso tutto con il terremoto. Sentiamo una vicinanza intima e profonda con questi uomini e queste donne.

E ancora: «Ricucire la società italiana, aiutandola a vivere come corpo vivo che cammina assieme. Occorre riprendere la trama dei fili che si dipana per tutto il Paese con l’attenzione a valorizzarne le tradizioni, le sensibilità e i talenti. Ricucire significa, quindi, unire».

Infine: «C’è infine un’urgenza sociale di pacificare ciò che è nella discordia. Il nostro Paese sembra segnato da un clima di «rancore sociale», alimentato da una complessa congiuntura economica, da una diffusa precarietà lavorativa e dall’emergere di paure collettive. Pacificare la società significa incamminarsi con spirito profetico lungo una strada nuova: quella strada che Giorgio La Pira chiamava “il sentiero di Isaia”».

“Le scelte degli elettori vanno sempre rispettate e interpretate in profondità: si è registrato un desiderio di cambiamento, viviamo da anni ormai una disillusione cocente. Nei riguardi di una certa politica, che il popolo ha sentito distante e ripiegata su sé stessa”. Lo afferma l’arcivescovo di Taranto Filippo Santoro, presidente della commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro della
Cei, in una riflessione sulle elezioni politiche.

Secondo Santoro “è un Sud povero e sofferente che si rivolge alla classe politica. A Taranto negli ultimi tempi abbiamo visto un interessamento più fattivo rispetto al passato rispetto a tutta la questione Ilva, al porto e all’istituzione della Zes, ma, insieme a tutti i problemi che conosciamo, resta il grave punto interrogativo circa le aziende dell’indotto”. “La forbice del divario fra Nord e Sud continua ad allargarsi, basti solo pensare – aggiunge mons. Santoro – al tasso di disoccupazione dei giovani e alle famiglie che vivono al di sotto della cosiddetta soglia di povertà. Sono tanti i fattori che hanno impresso un movimento al consenso elettorale, il più preoccupante per me è la pressione sulla paura circa la problematica dell’immigrazione”.

Avvenire