Anche su Twitter le parole di Gesù: Vangelo in 140 caratteri

di CRISTIAN MARTINI GRIMALDI

Con la misura con la quale misurate sarete misurati; chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto; dai loro frutti li riconoscerete: che cosa hanno in comune tra loro queste frasi tratte dai vangeli di Luca (6, 38) e di Matteo (7, 8 e 16)? Che sono perfettamente “twittabili”, ecco cosa. Infatti stanno tutte nel pacchetto dei 140 caratteri che il trespolo virtuale da cui ormai tutti o quasi cinguettano (in inglese, tweet) ha fissato come standard.
Non è solo questione di lunghezza però: in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato. Quale massima meglio di questa può riassumere in meno di 140 caratteri tutto lo spirito dei tempi? Fossero frasi dette da un politico avrebbero un successo dilagante sulla piattaforma di citazioni più popolare al mondo: Twitter, appunto. Meglio di qualunque Bob Dylan, Nietzsche o Trilussa, ovvero gli autori che vanno per la maggiore nel continuo rimpallo della rete.
L’attualità del formato divulgativo di un testo due volte millenario è, a guardar bene, strabiliante. Lo ha capito meglio di tutti il cardinale Ravasi che – popolarissimo su Twitter – riesce a mettere insieme in un flusso perfettamente armonico e pieno di senso Pasternak, John Lennon, Pavese, Feuerbach, Karl Kraus e, appunto, il Vangelo. Questa operazione riesce certo grazie alle doti di abile divulgatore della Parola quale è il porporato, ma di certo è facilitata dalla straordinaria contemporaneità della fonte evangelica dalla quale preleva piccole perle giornaliere che, come una colonna sonora per lo spirito, confortano e ci illuminano nel vivere odierno così ansiogeno e costantemente bisognoso di aggiornamenti o di continui entusiasmi. Insomma, il Vangelo è una ricchezza che risulta perfettamente matura all’orecchio contemporaneo, che l’ascolta magari per la prima volta e, spesso, non più durante la messa domenicale. Il contesto liturgico infonde meraviglia e sapienza storica, dando pieno significato alla Parola, ma in un ventenne di oggi disincantato e a corto di senso storico potrebbe non suscitare quello stupore che la parola di Cristo ha invece sempre risvegliato nei cuori umani.
In rete, specialmente su Twitter, lo scenario è completamente diverso. In un mondo che cambia rapidamente la parola dei Vangeli può riacquistare anche con questo mezzo per moltissime persone la forza e il fulgore delle origini. E in rete non c’è soluzione di continuità formalmente rimarchevole tra un quote di Pascal o di Kierkegaard e uno tratto dal Vangelo.
Come al tempo dello sbarco degli spagnoli nelle terre del nuovo mondo, quando lo scopo dei missionari era quello di annunciare a interi popoli la Parola, oggi si apre una nuova era alla divulgazione evangelica. Con una missione certamente non facile, ma carica di nuovo entusiasmo e di fervore.
Alcuni lo hanno già capito: oltre al cardinale Ravasi, anche il gesuita Antonio Spadaro, che dirige “La Civiltà Cattolica”, è attivissimo in rete (www.cyber-theology.net). Insomma, da Twitter viene un cinguettio che invita a ripensare nuovi modi di comunicare la fede. Per far sì che gli user facciano proprie le parole che non passano.

(©L’Osservatore Romano 5 febbraio 2012)