All’inizio del volo verso Roma il Papa incontra i giornalisti e risponde alle loro domande

A tutto campo

dal nostro inviato Gianluca Biccini

Le impressioni sul Brasile e sulla gmg, i progetti di viaggi futuri, il rapporto con Benedetto XVI e con gli altri predecessori, soprattutto un bilancio dei primi quattro mesi di pontificato e l’agenda delle riforme che, richieste durante la sede vacante nelle congregazioni generali del collegio cardinalizio, ha in mente: di tutto questo e molto altro ha parlato Papa Francesco domenica sera, un’ora dopo il decollo dell’aereo che da Rio de Janeiro lo ha ricondotto a Roma.
Il primo viaggio internazionale del pontificato si è dunque chiuso con una conferenza stampa fiume, durata un’ora e venti minuti, nel corso della quale il Pontefice ha risposto a una ventina di domande su svariati temi di attualità. Un’esperienza nuova l’ha definita il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, introducendo il lungo incontro, rivelatasi una buona scelta anche dal punto di vista mediatico, per l’interesse dei temi trattati e per la fecondità degli spunti offerti dal Papa.
Inizialmente il Santo Padre ha tracciato un bilancio della settimana trascorsa in Brasile, che gli ha fatto spiritualmente bene nonostante la stanchezza, perché incontrare la gente arricchisce sempre. Ha lodato la bontà e il cuore del popolo carioca, capace di un’allegria contagiosa anche nella sofferenza, e il lavoro degli organizzatori vaticani e locali: mi hanno fatto sentire davanti a un “computer incarnato” – ha detto con una battuta alludendo al responsabile organizzativo dei viaggi, Alberto Gasbarri – perché tutto era cronometrato. E si è complimentato anche con la sicurezza, spiegando che non c’è stato nessun incidente in tutta Rio e che invece c’è stata tanta spontaneità; e questo anche senza auto blindate, perché non si deve blindare il rapporto tra un vescovo e il popolo, bisogna fidarsi del popolo e la vicinanza fa bene a tutti.
Il grazie del Pontefice è andato poi agli organizzatori della gmg per la parte artistica, religiosa e catechetica, perché i brasiliani sanno esprimersi bene nell’arte. Il ricordo dell’esperienza spirituale forte vissuta ad Aparecida ha quindi preceduto la riconoscenza espressa ai media, nella consapevolezza che è stato fatto un buon lavoro, pur non avendo avuto tempo di leggere i giornali o di vedere la televisione. Infine ha confidato il suo stupore quando gli hanno comunicato che alla messa finale della gmg hanno partecipato tre milioni di persone, giunte da 178 Paesi, anche se dal palco vedeva bene la spiaggia di Copacabana piena di giovani per i quattro chilometri della sua lunghezza.
È poi seguita una lunga serie di domande, rivoltegli da rappresentanti delle varie realtà mediatiche internazionali che hanno assicurato la copertura degli avvenimenti. Nelle sue risposte Papa Francesco ha trattato il tema della riforma della Curia legato a quello degli scandali e ha poi accennato a importanti questioni di carattere antropologico, etico, teologico ed ecumenico. Tra questi, la necessità urgente di valorizzare davvero la presenza femminile nella Chiesa e di seguire con attenzione pastorale la situazione dei divorziati risposati. Il Pontefice ha osservato che non bisogna mai prescindere dalla misericordia perché la Chiesa è soprattutto madre. Quanto al primato romano e alla dimensione sinodale Papa Francesco ha detto che bisogna studiare ulteriori sviluppi, ma che il vescovo di Roma non è certo primus inter pares.
Dalle risposte del Papa è emersa anche un’agenda a medio termine dei prossimi impegni. Mercoledì 31 luglio farà visita ai confratelli gesuiti nella chiesa del Gesù di Roma per la festa di sant’Ignazio di Loyola. Sono poi previste le visite a Cagliari, il 22 settembre, e ad Assisi, il 4 ottobre. Più avanti è possibile una visita di un giorno in Piemonte per incontrare i familiari. Papa Francesco ha quindi accennato alla possibilità di due viaggi internazionali: il primo a Gerusalemme anche per incontrare il patriarca Bartolomeo cinquant’anni dopo lo storico incontro tra Atenagora e Paolo VI; il secondo in Asia, forse nello Sri Lanka e nelle Filippine. Non sono invece ancora prevedibili viaggi in Argentina o in altri Paesi latinoamericani. Infine la canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII nel corso di un’unica cerimonia, la cui data è ancora da stabilire ma potrebbe coincidere con la domenica della Divina Misericordia del prossimo anno, cioè il 27 aprile 2014.
Il Papa si è poi soffermato lungamente su diverse questioni: a proposito dell’Istituto per le Opere di Religione ha detto di non avere ancora preso decisioni ma di sapere bene quali sono le caratteristiche che dovrà avere l’istituto: trasparenza e onestà. Ha rivelato che, pur avendo conosciuto e incontrato cardinali, vescovi, sacerdoti, suore e laici santi in Vaticano, il livello della Curia gli sembra effettivamente un po’ calato rispetto a quello di un tempo, caratterizzato dalla figura del “vecchio curiale”. Si è detto convinto di non incontrare resistenze nello svolgimento della sua missione al servizio della Chiesa e anzi di aver trovato collaboratori disponibili e leali.
Ma è soprattutto quando ha parlato di sé stesso che il Papa ha suscitato simpatia. Senza riserve ha rivelato cosa c’è nella sua borsa di pelle nera, che ritiene normale portare a mano personalmente. Certo “non contiene – ha detto con ironia – la chiave per la bomba atomica, ma più semplicemente un rasoio, il breviario, l’agenda e qualche libro”. In particolare per questo viaggio un libro su santa Teresa di Lisieux, di cui è devoto. Ha poi detto che Dostoevskij è un autore da leggere e rileggere, perché “porta a noi occidentali l’aria fresca e la luce dell’oriente”.
Papa Francesco ha anche confermato di aver scelto di risiedere a Santa Marta perché non vuole sentirsi isolato e che gli piace la gente capace di dirgli “non sono d’accordo”. Ritiene che un vescovo debba servire il popolo e non pensarsi superiore o sentirsi un principe, e che lui personalmente si è sempre considerato un sacerdote, un vescovo e un Papa felice. Ha detto che ama camminare per le strade – prete callejero, dicono in Argentina – e che a volte si sente un po’ in gabbia; si è professato più gesuita che francescano soprattutto per la spiritualità. E infine ha confidato di aver pianto durante la visita a Lampedusa e anche di aver sofferto per una dolorosissima sciatica nel primo mese di pontificato.
Un fiume in piena: un uomo che ama conversare, scherzare, ridere, con un grande senso dell’ironia e una immensa semplicità; che si china per cercare di raccogliere le cuffie cadute a uno degli intervistatori, che si preoccupa di non dilungarsi troppo e chiede ai giornalisti se preferiscono interrompere la conferenza per cenare; che bacia affettuosamente alcuni di loro. E che al mattino seguente, pochi minuti prima dell’atterraggio, torna a sorpresa, per dare il buongiorno e ringraziare di nuovo per il lavoro fatto, tra lo stupore ammirato dei giornalisti del seguito, che lo applaudono ripetutamente.
Un cenno a parte merita infine il rapporto di Papa Francesco con i predecessori. Dopo aver ricordato come le ultime volte che ci sono stati due o tre Papi insieme non si parlassero certo ma piuttosto lottassero tra loro per vedere chi fosse il vero Papa, di Benedetto XVI ha evidenziato l’umiltà, la bontà e la memoria ferrea; non lo ritiene una figura ingombrante, anzi lo considera un padre a cui vuole molto bene o meglio l’anziano saggio della casa, ascoltato e venerato. Di Karol Wojtyla ha sottolineato l’attività evangelizzatrice, definendolo il grande missionario della Chiesa, un san Paolo; di Roncalli la mitezza, la bonarietà da prete di campagna, la preoccupazione costante per i poveri e la docilità alla voce dello Spirito che lo ha portato a indire il concilio. E quando ha annunciato che i due Pontefici saranno canonizzati insieme, il Santo Padre ha anche ricordato che sono in corso le cause per la beatificazione di Giovanni Paolo I e di Paolo VI.
Poche ore prima, nel pomeriggio, il Pontefice aveva avuto ancora il tempo per diversi incontri: nel primo al centro studi della residenza di Sumaré aveva partecipato alla riunione del Comitato di coordinamento del Celam. Con i 45 vescovi latinoamericani membri di quest’importante organismo ecclesiale del quale, in passato, il cardinale Bergoglio faceva parte in rappresentanza dell’episcopato argentino, ha parlato della Chiesa in America latina e delle sue principali sfide pastorali.
Quindi si è trasferito alla Cidade da Fé per ringraziare i volontari della XXVIII gmg. In almeno sessantamila hanno lavorato sul campo per la riuscita e quindicimila (un quarto del totale) erano presenti all’incontro di domenica. Poco meno di cinquemila appartengono a 15 nazioni diverse dal Brasile: argentini e italiani i più numerosi. Proprio come lo sono stati i pellegrini di questa edizione carioca della gmg.
All’aeroporto internazionale di Rio de Janeiro infine il congedo di Papa Francesco con l’ultimo discorso alle autorità civili ed ecclesiastiche e al popolo brasiliano. Più volte ha ripetuto la parola saudade, per esprimere la caratteristica nostalgia che colpisce chiunque lasci questo straordinario Paese.

(©L’Osservatore Romano 29-30 luglio 2013)