“Alfa e Omega”: quelli del secondo annuncio. L’idea è che oggi è necessario ricominciare daccapo, ancora una volta, ad annunciare la gioia del Risorto

L’esperienza di Alpha e Omega (A-O) credo possa essere una risposta alla domanda sul tema del mese di giugno. E’ una esperienza dalle radici lunghe. Figlia diretta del concilio. Siamo alla fine degli anni’70, a Roma. Alla luce della riflessione sull’esortazione apostolica “Evangelii Nuntiandi” di Paolo VI (1975), un piccolo gruppo di laici matura l’idea di annunciare in modo esplicito la gioia di aver sperimentato la relazione vitale con Cristo come una persona e non come una dottrina. Prende corpo così gradualmente un metodo di “primo annuncio” centrato sull’annuncio di Gesù morto e risorto. L’esperienza crea entusiasmo e da allora cresce e si espande come tutte le cose belle: Modena, Bologna, Pescara, Verona…

Da allora molte cose accadono: l’associazione viene riconosciuta a livello ecclesiale nel 1987 e nel 1997, con un aggiornamento nel 2016. Il percorso interno dell’associazione cresce. Si delinea una insistenza maggiore sul rapporto diretto con Cristo rispetto al semplice rapporto con l’esperienza ecclesiale tradizionale. Nasce in ogni diocesi toccata una comunità che cerca di incarnare il carisma di Alfa-Omega in comunione con la Chiesa locale. Dal 1992 ad oggi vengono vissuti cicli di esperienze di formazione, tutte mirate a trovare le forme più vere e rispondenti al mondo che cambia per rendere efficace l’evangelizzazione. Fino all’ultima, ancora in atto, in cui fratel Enzo Biemmi sta accompagnando questo gruppo nell’approfondimento del cosiddetto “secondo annuncio” e delle sue prospettive.

L’idea cioè che oggi è necessario ricominciare daccapo, ancora una volta, ad annunciare la gioia del risorto, perché il cambio epocale che attraversiamo implica la necessità di parlare a persone ormai post-cristiane, che hanno già ricevuto un primo annuncio, ma che non ne sono state “toccate” profondamente, pur avendone assorbito mentalmente i contenuti.

Ma cosa fanno concretamente gli evangelizzatori di A-O? All’interno del tessuto parrocchiale che di volta in volta si è chiamati a “visitare” dalla comunità parrocchiale e in collaborazione con essa, si dà vita ad un periodo di “missione territoriale”, in cui la visita alle famiglie è il nucleo centrale operativo; in ogni casa in cui si entra viene presentato un brano del Vangelo come traccia del dialogo che si terrà, centrato sempre sulla salvezza di Dio per l’uomo, compiuta nella persona di Gesù Cristo. Contemporaneamente alla visita alle famiglie, in parrocchia vengono curati momenti di preghiera, di adorazione eucaristica e di formazione, per sostenere i missionari nel loro servizio di evangelizzazione e perché la comunità condivida lo spirito dell’evento.

Prima di questo, però, c’è un periodo di preparazione alla missione, centrato sulla motivazione e formazione di un nucleo di promotori, fra le persone più attive della comunità parrocchiale. Questo perché A-O vuole radicarsi come strumento di servizio alla vita delle parrocchie e per permeare tutte le attività parrocchiali; si tende a formare una mentalità positiva verso la missione anche in chi già vive una fede ordinaria e non ha mai pensato che l’aspetto missionario debba e possa essere potenziato con attività specifiche e precise. Così facendo, il periodo della missione vera e propria è realizzato sia da responsabili di A-O, sia dal nucleo dei promotori parrocchiali, che possono così imparare la missionarietà concreta e mantenerla poi come esperienza ulteriormente possibile.

Il periodo successivo alla missione è il più complesso e delicato. Chi si è mostrato interessato al “primo annuncio” viene invitato a continuare il cammino nei piccoli gruppi che vengono formati nelle case. Iniziano così gli incontri di “Lettura del Vangelo” settimanale o quindicinale come itinerari di rivisitazione della fede e per una più fruttuosa partecipazione all’Eucaristia domenicale. Dopo qualche anno, in cui ogni gruppo è animato da un membro di A-O, si individuano persone che, con una prima formazione spirituale e metodologica, inizino a guidare i gruppi stessi: è fondamentale che tali guide siano libere da altre responsabilità pastorali. La parrocchia diventa così comunione di piccole cellule di evangelizzazione presenti nel territorio, che sono lievito per discernere i carismi emergenti per il servizio nella comunità e come seme di nuova evangelizzazione.

Ultimamente poi, oltre al progetto parrocchiale, l’associazione percorre anche altre strade per l’evangelizzazione, perché si è resa conto della necessità urgente di uscire dallo stretto ambito della organizzazione ecclesiale per essere “in uscita”, secondo l’espressione di Francesco. Così è nata l’esperienza della lettura del Vangelo presso il carcere di Modena, o quella, ancora in fase di decollo, con persone non credenti.

Si vede bene come A-O non abbia arretrato davanti al cambiamento epocale che ha lasciato in molti la sensazione di dover invece ricominciare daccapo, abbandonando il concilio. Hanno, invece, continuato a cercare forme sempre nuove e aggiornate affinché l’incontro con Cristo potesse continuare a risuonare attraente anche in un mondo profondamente diverso da quello di 40 anni fa.

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